Satyagraha

★★★★☆

Seconda parte della trilogia politica di Glass

Mohndās Karamchand Gāndhī trascorse gli anni dal 1893 al 1913 in Sudafrica quale avvocato. Allora nasceva il movimento dell’etica della non violenza e della disobbedienza civile, secondo il concetto della satyāgraha che in sanscrito significa ‘insistenza per la verità’. Questi fondamenti furono ripresi in seguito dal movimento americano per i diritti civili negli anni ’60 da Martin Luther King.

Quel ventennio del futuro Mahatma fu sintetizzato da Glass in un’unica giornata nella sua opera Satyagraha, secondo pannello di una trilogia di opere “ritratto” sui temi della scienza (Einstein on the Beach), della politica e della religione (Akhnaten), tre personaggi storici che hanno cambiato il mondo con la forza delle idee, non delle armi.

Il periodo sudafricano di Gandhi è mostrato più che narrato: «come sfogliare un album di famiglia, passando in rassegna istantanee scattate in un arco di vari anni» ebbe a scrivere Glass. Il libretto di Constance DeJong, tratto dal poema religioso indiano Bhagavadgītā, è inteso dal compositore come testo di commento all’azione rappresentata per immagini e il testo è mantenuto nell’originale sanscrito per evidenziarne la sacralità, salvaguardarne il ritmo e il peculiare suono. Il significato dell’opera è affidato alla musica, alle scenografie e all’azione scenica.

In ognuno dei tre atti in cui è suddiviso Satyagraha compare una sorta di ‘guardiano’ o testimone spirituale, che osserva dall’alto le vicende terrestri. Nel primo atto Lev Tolstoj (una figura di riferimento per tutta la vita di Gandhi); nel secondo il poeta Rabindranath Tagore; nel terzo Martin Luther King «che mi ha sempre colpito come una sorta di Gandhi americano, raggiungendo qui gli stessi risultati e nella stessa maniera di Gandhi in India. Tolstoj, Tagore e King rappresentano [rispettivamente] il passato, il presente e il futuro di Satyagraha» scrisse ancora Glass.

Atto I. Tolstoj. Scena prima. L’alba (cielo con nubi). Campo di battaglia mitologico – Pianura del Sud Africa. Sullo sfondo di un cielo all’alba si staglia una piramide tronca alta dodici piedi, sulla quale sta seduto Tolstoj al suo tavolo di lavoro, con tutte le sue carte, le sue cianfrusaglie, etc. Il palcoscenico è coperto da erba verde alta fino al ginocchio, ma in parte calpestata. Due eserciti sono schierati, uno sulla parte destra e uno sulla parte sinistra, separati da uno spazio vuoto. Alla testa dei due eserciti stanno Arjuna e Duryodhana sui loro carri. Krishna si trova in piedi al centro dello spazio che separa i due eserciti. Gli eserciti sono delle silhouette e mentre la scena procede gli eserciti sono illuminati dall’alto in modo da rivelarli come costituiti da indiani e europei rispettivamente, e da mostrare che le loro armi sono oggetti d’uso quotidiano. L’esercito indiano, schierato a destra indossa abiti bianchi e grigio pallido. L’esercito europeo, schierato a sinistra indossa abiti neri, grigi, beiges, ma senza bianco. Krishna, Arjuna e Duryodhana hanno abiti policromi. Gandhi ha il vestito Satyagraha. Gandhi appare al centro nella parte alta del palcoscenico e scende fra i due eserciti. Dopo aver coperto un terzo della distanza, egli comincia il suo assolo. Poi viene raggiunto in duetto da Arjuna e successivamente in trio da Krishna. Successivamente i due eserciti cantano in una breve sezione corale. Nel finale ritorna l’assolo di Gandhi. Scena seconda. La fattoria di Tolstoj (1910). Mattino inoltrato (nel cielo fiocchi di nuvole). Un campo vuoto in Sud Africa, Stessa erba della scena prima. Lavoratori e capi che costruiscono l’insediamento; dapprima una facciata di assi che da scura diventa sempre più chiara a mano a mano che altre assi vengono aggiunte. Gandhi lavora assieme agli altri e sovrintende, consultandosi con i collaboratori. Lavoratori indiani portano dentro e fuori della scena vari materiali. Si comincia con un assolo di Gandhi, al quale si aggiunge un trio di donne. Poi si unisce anche Mr. Kallenbach, e successivamente Parsi Rustomji e a finire un sestetto. Scena terza. Il voto (1906). Mezzogiorno (colori brillanti). Incontro all’aria aperta. Miss Schlesen e Parsi Rustomji radunano una folla di passanti. Una volta riuniti e seduti per terra, Parsi Rustomji si rivolge a loro con un discorso. Alla fine del discorso, gli indiani alzano le mani, uno per uno, prendendo il voto del Satyagraha. Tutti poi si alzano in piedi. Assolo seguito dal coro.
Atto II. Tagore. Scena prima. Le due del pomeriggio (cielo scuro, temporalesco). La periferia di un insediamento di Europei in Sud Africa. Al centro del palcoscenico, in alto, una strada che scende verso il basso a sinistra ed esce dalla scena. Un gran numero di edifici costeggiano la strada, altri sono disseminati nel paesaggio, l’erba ha ora un colore blu. Due alberi crescono vicino a uno degli edifici più grandi, una chiesa protestante con una croce d’oro sulla facciata. Gli altri edifici sono di un severo stile puritano. Uomini europei si affollano quando Gandhi appare all’inizio della strada. Mentre Gandhi cammina lungo la strada, la folla diventa sempre più eccitata e comincia a molestarlo tirandogli delle pietre, strattonandolo, etc. Mrs. Alexander compare portando l’ombrello sotto il quale ripara Gandhi, proteggendolo dalla folla e conducendolo fuori scena lungo la strada. Gli uomini lo seguono per un tratto, sempre lanciandogli contro degli oggetti e insultandolo. Piccolo coro di uomini e quindi un assolo di donna. Scena seconda. L’Opinione Indiana. Cinque del pomeriggio (sole di color arancione). Parte della residenza comunale che ospitava L’opinione indiana. Una grande rotativa occupa il centro del palcoscenico. Campo erboso blu. I residenti dello stabilimento compilano, pubblicano e distribuiscono numeri dell’Opinione Indiana. Gandhi, che compare tardivamente sulla scena, controlla l’attività del processo di stampa. Tutti escono, lasciando la rotativa correre da sola per circa 3 minuti di tutti orchestrale. Kallembach e Miss Schlesen, si uniscono al gruppo principale. Nella proprietà della Phoenix Farm, Gandhi dirige la pubblicazione di “L’Opinione indiana”, il quotidiano da lui fondato per diffondere le sue idee. Gli impiegati, compresa la sua segretaria Miss Schlesen e l’europeo Mr. Kallenbach, si impegnano a seguire il suo esemplare comportamento. Scena terza. Protesta (1908). Crepuscolo (stelle della sera). Distesa vuota all’aperto. Erba blu. Chiesa e alberi come nella scenaprima del secondo atto, ora più piccola e lontana. Come la folla si stringe attorno a Gandhi, egli comincia la riunione di preghiera. La folla si unisce a lui.  Viene portato al centro del palcoscenico un calderone su un tripode. Il coro sfila davanti al calderone e vi lascia cadere dentro i propri certificati. Un indiano della folla accende il fuoco. Assolo seguito dal pieno coro.
Atto III. King. La marcia di Newcastle (1913). Crepuscolo verso la notte (cielo stellato). Campo di battaglia mitologico (pianura del Sud Africa. Erba dorata dal primo atto). Si sente il coro cantare fuori scena mentre Kasturbai e Mrs. Naidoo entrano. Durante il loro breve duetto, Gandhi, Kallenbach, Parsi Rustomji e Miss Schlesen entrano e si uniscono a loro in un breve sestetto. Lentamente l’esercito entra cantando, mentre Gandhi li passa in rassegna. Contemporaneamente entra la polizia e lentamente scorta l’esercito fuori scena, diversi componenti alla volta, mentre Gandhi li istruisce ad una resistenza non violenta. Alla fine egli rimane solo con gli altri protagonisti sul palcoscenico. Essi si sistemano per la notte mentre scende l’oscurità. Gandhi accende la lanterna e guarda i suoi camerati che dormono. Dopo un assolo di 5 minuti, Gandhi, che è nella parte inferiore del palcoscenico, guarda verso la piattaforma dove riappare King, e un momento dopo l’esercito Satyagraha appare dietro di lui, in alto, fino al cielo nella notte stellata. La loro immagine viene vista in un silenzio di 10-15 secondi, e quindi svanisce.

Il compositore prima ancora di iniziare a scrivere la musica, dopo l’esperienza cruciale con Bob Wilson e Lucinda Childa per l’Einstein, aveva formato innanzitutto un team composto in questa occasione dalla scrittrice americana Constance DeJong, dal costumista e scenografo Robert Israel e dal light designer Richard Riddell, mentre il regista David Pountney subentrò soltanto allorché la musica era già stata terminata.

Commissionata dalla città di Rotterdam ebbe laprima nella locale Schouwburg il 5 settembre 1980. Dopo la presentazione in USA nel luglio 1981, fu ripresa a Stoccarda nel 1983 da Dennis Russell Davies con la regia, scene e costumi di Achim Freyer. Il teatro tedesco avrebbe successivamente messo in scena l’intera trilogia: Akhnaten nel 1984 e Einstein on the Beach nel 1988.

«Il suono orchestrale di Satyagraha si basa su quello che era diventato il suono inconfondibile della musica di Glass eseguita dal suo ensemble, formato da tastiere elettriche, tre sassofoni con obbligo di flauto, clarinetto basso e una voce di soprano (tutti amplificati). […] Glass elabora una partitura che richiede una sezione di legni (tre flauti, tre clarinetti, tre oboi, due fagotti, un clarinetto basso) e una sezione completa di archi (primi e secondi violini, viole, violoncelli e contrabbassi), oltre a un organo elettrico, tralasciando completamente ottoni e percussioni. Glass evita accuratamente di lasciar spazio a parti solistiche, creando un’immagine sonora complessiva che imita, sostanzialmente, quella di un organo elettrico, con tutti gli strumenti all’unisono e con dinamiche esasperate, proprio per ricreare quello che lui stesso definisce il tipico “Phil Glass sound”, facendo praticamente scomparire l’orchestra all’interno della musica, che ha una centralità assoluta rispetto all’insieme di possibilità esecutive e timbriche dei singoli strumenti, che Glass ignora deliberatamente. Va anche sottolineata la preponderanza che assume il coro all’interno di Satyagraha, che è sostanzialmente un’opera corale (il coro canta infatti in quattro scene su un totale di sette). Questo anche per conferire una corrispondenza musicale al carattere ‘pubblico’ della vita di Gandhi, che si svolge in mezzo alla folla. Con Satyagraha, inoltre, Glass inizia a usare la voce umana in modo strettamente ‘vocale’, rispettandone la naturale estensione, e sottraendola a quella scrittura di tipo rigorosamente ‘strumentale’ che aveva caratterizzato la musica scritta per la vocalist del suo ensemble. Glass giunge addirittura a enfatizzare il canto a più voci: nell’opera vi sono arie, duetti, trii, quartetti, quintetti e perfino un sestetto (la scena d’apertura – ad esempio – è costituita da un’aria, affidata al personaggio di Gandhi, che si trasforma prima in un duetto, e poi in un trio, il tutto scritto in una maniera non esente da echi verdiani, ricca e altamente declamatoria ed espressiva nello stile). […] Mentre in Einstein on the Beach Glass aveva cercato i modi per combinare strutture ritmiche e armoniche, trovando tutta una serie di soluzioni, talvolta di notevole complessità, per Satyagraha semplifica il suo approccio compositivo, concentrandosi su un’unica soluzione tratta dalla musica barocca – la ciaccona – e utilizzandola sistematicamente in tutte e sette le scene dell’opera. […] Al di là di queste non trascurabili differenze rispetto ai lavori precedenti, il materiale compositivo è – come sempre in Glass – limitato a pochi elementi essenziali e ben riconoscibili, sottoposti a intensivi processi di variazione, estremamente dilatati nel tempo. L’effetto che ne deriva per l’ascoltatore è quello di una iniziale e apparente staticità, destinata a rivelare in breve un’interna metamorfosi, che avviluppa la trama musicale rendendola cangiante, mobile e avvolgente, conferendole una indubbia dimensione spaziale basata su semplici geometrie ed evidenti simmetrie, all’interno di un universo inequivocabilmente tonale». (Franco Masotti)

Il DVD contiene la registrazione della produzione dello Staatstheater di Stoccarda. La qualità sia video che audio purtroppo è quella che è e i toni scuri dell’allestimento non aiutano, ma un’idea dello spettacolo è possibile farsela. Si tratta di un documento prezioso visto che della produzione originale non è rimasta traccia.

  • Satyagraha, Anzolini/McDermot, New York, 19 novembre 2011

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