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Claudio Monteverdi, L’Orfeo
★★★★☆
Madrid, Teatro Real, 19 maggio 2008
Primo vero capolavoro della storia del melodramma
In occasione dei 440 anni dalla sua nascita, nel 2007 innumerevoli sono state le esecuzioni nei maggiori teatri del mondo per celebrare Claudio Monteverdi e questa produzione si affianca a quelle del Nederlandse di Amsterdam (Stephen Stubbs), la Monnaie di Bruxelles (René Jacobs), la Scala di Milano (Rinaldo Alessandrini), per citare solo alcune di quelle disponibili in DVD.
Qui siamo al Teatro Real di Madrid nel 2008 e c’è la garanzia di un William Christie sul podio. L’esecuzione dura 113 minuti, come quella di Alessandrini, mentre quella di Harnoncourt arriva a 102 minuti, 171 quella di Jacobs, passando per i 130 di Malgoire e i 140 di Stubbs e Savall. Christie utilizza, come è ormai prassi consolidata, un’orchestra, quella de Les Arts Florissants, storicamente informata, con dulciana, tiorba, lirone, viola da gamba ecc. Gli orchestrali non sono in buca, ma a livello della platea – non c’è infatti separazione con la scena – e nella prima parte vestono costumi d’epoca, così come il direttore, che sembra essere appena uscito da un quadro fiammingo con la sua elegante e candida gorgiera pieghettata.
Sulla scena del teatro madrileno Pier Luigi Pizzi fa rivivere la prima storica rappresentazione e non si risparmia sugli effetti spettacolari, con un palazzo ducale che sorge dal basso alla luce di fiaccole, al suono marziale dei tamburi dei Sacqueboutiers di Tolosa per l’esposizione della famosa fanfara, prima in scena e subito dopo ripresa dall’orchestra con un mirabile effetto di amplificazione. Siamo dunque nelle sale del palazzo di Mantova e si celebrano le nozze di Orfeo con Euridice quando entra la Musica a esporre la sua prosopopea.
Sontuosi i costumi in sete sgargianti e tradizionali ma funzionali i movimenti coreografici di Gheorghe Iancu. Questo nella prima parte, che termina con il racconto della Messaggera, un gran coup de théâtre che interrompe l’allegro bachelor party di Orfeo e dei pastori con l’accorato racconto della tragica morte di Euridice punta da «angue insidïoso». Nella seconda parte tutti smettono i fastosi costumi per indossare semplici abiti moderni per il viaggio agl’inferi di Orfeo.
Interpreti di prim’ordine per i ruoli di Euridice (Maria Grazia Schiavo), Speranza (Sonia Prina) e per il quartetto di pastori (soprattutto Cyril Auvity e il controtenore Xavier Sabata). Qualche perplessità desta la scelta come Orfeo del baritono Dietrich Henschel, eccellente interprete sia della musica moderna che di quella antica (soprattutto Bach), di ottimo fraseggio e presenza scenica, ma ha un timbro sgradevole e non sempre è a suo agio con la vocalità richiesta da Monteverdi, complice anche una dizione non perfetta. Rivelatore è il duetto finale con Apollo, qui il tinerfeño Agustin Prunell-Friend, vero specialista di musica barocca, al cui confronto Henschel mostra difficoltà evidenti nelle fioriture del canto.
⸪