La vedova allegra

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Franz Lehár, La vedova allegra

★☆☆☆☆

Torino, Teatro Regio, 1 luglio 2014

Una vedova forzatamente allegra

Com’è difficile mettere in scena l’operetta! Come direbbe Prospero è fatta della materia di cui sono fatti i sogni – e della nostalgia. Nello spettacolo che chiude la stagione del Teatro Regio in clima già balneare, la nostalgia si è fermata però agli anni ’80 (1980!) con i suoi lucidi (talora lugubri) scenari televisivi, le coreografie stantie, la recitazione sopra le righe, i movimenti marionettistici.

Quella che abbiamo visto a Torino è la revisione di un adattamento di un’elaborazione di una traduzione non solo dei testi parlati, secondo una consuetudine viva a Vienna (lì, non a Torino!), ma anche delle liriche e della musica. E vada se l’esecuzione musicale fosse perlomeno accettabile. Invece…

Quello che è venuto fuori è un pastiche insopportabile con inserimento di musiche di Bizet e Offenbach che non hanno nulla a che vedere con Die lustige Witwe di Lehár. Una ripassatina poi alle incisioni di Von Karajan di questa stessa opera l’avrebbe dovuta dare il maestro Campestrini, risparmiandoci così una direzione sciatta, imprecisa e monocorde di queste melodie che si salvano solo per la loro intrinseca bellezza.

La regia di Hugo de Ana vuol rifare il verso alle slapstick comedies dei fratelli Marx (che vediamo infatti in scena in penose caricature) con citazioni liberty nelle scenografie e neon da quartiere di Pigalle nell’ultimo atto Chez Maxim’s.

Svetla Vassileva è una Hanna Glawari vocalmente usurata e dall’emissione oscillante che si atteggia nelle movenze e negli abiti a una svampita Marilyn Monroe, che è quanto di più distante ci sia dal carattere della vedova pontevedrina.

Le due glorie dell’operetta Daniela Mazzuccato (Valencienne) e Max René Cosotti (Raoul de St-Brioche) se la cavano un po’ meglio mentre Antonello Costa è il Njegus da avanspettacolo con le sue imbarazzanti gag e le battute in piemontese.

Se il Regio vuol terminare le sue stagioni con un’operetta ben venga, ma se il livello è questo meglio scegliere come sede un teatro di periferia.

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