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Gioachino Rossini, La Cenerentola
★★★☆☆
Roma, Teatro dell’Opera, 22 gennaio 2016
(streaming video)
L’automa Cenerentola
Più che alla fiaba di Perrault l’allestimento di Emma Dante de La Cenerentola sembra destinato a un racconto leggermente inquietante di Hoffmann, con tutte quelle marionette caricate a molla e dalle movenze di pupazzo meccanico che riempiono in continuazione la scena.
L’umorismo talora sulfureo di Rossini incontra qui la regista palermitana che non rinuncia anche in questa “fiaba” a denunciare la condizione della donna, incatenata e vittima delle violenze domestiche. E non parliamo di metafore: qui Angelina/Cenerentola a un certo punto è proprio legata a una catena e durante il temporale del secondo atto è fatta oggetto della furia di patrigno e sorellastre che la prendono a pugni e a calci.
La regista non lascia nulla di non detto e tutto è esplicitamente rappresentato in scena con effetti di sazietà. Il sestetto del «nodo avviluppato», definito altrove felicemente come primo “fermo immagine” della storia, è qui inutilmente contrappuntato da mimi e ballerini che replicano fastidiosamente i personaggi principali – Cenerentola ha ben cinque sosia a molla che non la lasciano mai sola. O peggio, nella “fantasia onirica” di Don Ramiro che si vede futuro dispensatore di favori a Corte dietro lauti compensi: e qui la scena è invece pedestremente realizzata con passaggio di monetine dai questuanti allo stagionato Corbelli di cui viene in certo qual modo sminuita la bravura mimica.
Non mancano momenti surreali, come quando le numerose pretendenti, già in abito da sposa, si presentano armate di pistole e kalashnikov, da usare eventualmente contro le altre concorrenti, le puntano contro loro stesse quando il principe fa la sua scelta e si ammazzano in uno stravagante suicidio di gruppo.
La scenografia di Carmine Maringola e i costumi di Vanessa Sannino costruiscono un universo pop dai colori lucidi: azzurro, rosa, verde-acqua. E nero per i “potenti”. Luci non naturali e una parete di fondo che come un’armadiata neo-rococo si apre sul salone del principe dietro un grande sipario di tulle bianco. Cenerentola non è affatto vestita di stracci e in vita ha una cintura con orologio fermo sulla mezzanotte – per chi non avesse ancora capito di che storia si tratta.
Scenette, gag e continui piroettamenti dei figuranti a molla distolgono l’attenzione dalla musica che il maestro Alejo Pérez dirige con meccanica precisione nei concertati ma trascura nei recitativi e nei momenti più lirici. Il coro maschile è sbandato, non omogeneo e sembra buttato in scena senza prove.
La giovane Serena Malfi è una Cenerentola di ottime capacità vocali, ma scarso fascino mentre il principe ha in Juan Francisco Gatell uno stilista di valore che però arriva stremato agli acuti. Vito Priante continua a non convincere al di fuori del repertorio barocco e non riesce a rendere brillante il ruolo di Dandini. Di Corbelli che dire? Gli anni si sentono, ma a compensare i suoni c’è sempre la sua grande presenza scenica e intelligenza interpretativa. Piacevole a vedersi ma non ad ascoltare l’Alidoro del giovane Ugo Guagliardo.
Trasmesso da RAI5 in prima serata con una discreta regia televisiva.
⸪