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Esprit Auber, Manon Lescaut
★★★☆☆
Liegi, Théâtre Royal, 16 aprile 2016
(video streaming)
La prima Manon di successo
L’Histoire du Chevalier des Grieux et de Manon Lescaut, settimo e ultimo volume di Mémoirs et aventures d’un homme de qualité dell’abbé Prévost, era stato pubblicato nel 1731 e prima di Auber venne messo in musica due volte: nel 1830 per un balletto-pantomima su testo di Scribe con musiche di Halévy e nel 1852 per un altro balletto di Matthias Strebinger. Quando, ancora su libretto dello Scribe, divenne un’opéra-comique in tre atti che debutta il 23 febbraio 1856 alla Salle Favart, il compositore aveva 74 anni. L’intrigo predisposto da Scribe, spesso alquanto macchinoso, inizia a Parigi per concludersi nel deserto della Louisiana.
Atto I. Lescaut, approfittando della sua parentela con Manon, estorce del denaro al marchese d’Hérigny. I due si allontanano e Manon, giunta nella sua mansarda, espone a Margherita il suo credo: divertirsi, ridere e sognare; l’amica cerca invece di convincerla dell’importanza dell’amore. Sopraggiunge il cavaliere Des Grieux con una borsa di denari, e con Manon va a festeggiare; ai due si aggiunge Lescaut. Quest’ultimo perde al gioco tutti i soldi, creando non poco imbarazzo al momento di pagare il conto alla locanda e convince Des Grieux ad arruolarsi nel reggimento del marchese.
Atto II. Manon, per avere il permesso di vedere l’amato, è costretta a recarsi a casa di d’Hérigny, che la ricatta chiedendole in cambio un bacio. Nel frattempo giunge Lescaut, con la notizia che Des Grieux è fuggito e ha colpito un superiore. Ora è facile per il marchese imporre il ricatto: rinunciare per sempre a vedere l’amato, pena la sua condanna a morte. Mentre Manon si dispera, giunge Des Grieux: i due progettano la fuga. Ma il marchese rientra e i due uomini si sfidano a duello: Des Grieux ferisce il rivale a morte e viene arrestato insieme a Manon.
Atto III. In una piantagione della Louisiana Margherita, che festeggia le sue imminenti nozze, riconosce Manon su un carro di deportati e apprende da Des Grieux, che l’ha seguita, la storia dell’infelice amore. Des Grieux e Margherita riescono a organizzare la fuga di Manon; ma, mentre i due amanti attraversano l’impietoso deserto della Louisiana, la giovane, ormai stremata, spira tra le braccia dell’amato.
Si capisce come sia Massenet sia Puccini non temessero il confronto con questo lavoro: la Manon di Auber è una macchinetta per agilità canore senza grande spessore psicologico e nei primi due atti la musica è una serie di valzerini da operetta. Solo verso la fine la partitura prende più sostanza e si apre a una drammaticità che contrasta però con l’ironia sorniona del libretto – «Me voler ma maîtresse et mon amour, d’accord | mais mon souper, Monsieur… ah vraiment, c’est trop fort!» esclama il marchese d’Hérigny, mentre nella Louisiana del terzo atto sentiamo cantare: «Quand esclave avoir bon maître | bon maître il aime à servir! | Le défendre et le servir | est un plaisir»…
Per non turbare il pubblico benpensante (ricordiamo che del romanzo di Prévost fu vietata la diffusione per 22 anni) Scribe e Auber privilegiano gli aspetti brillanti della vicenda che diventa un affare «de guinguette, de goguette et de grisette». Due sono i personaggi inseriti da Scribe e assenti negli altri libretti: il marchese d’Hérigny, uno Scarpia che si redime in punto di morte, e Marguerite, l’alter-ego saggio di Manon.
Nei primi tre anni l’opera fu rappresentata 63 volte per poi essere dimenticata e rivivere centoventi anni dopo in un’incisione discografica del 1975 con Mady Mesplè protagonista e in un’edizione al Filarmonico di Verona con Mariella Devia nel 1984.
Qui viene riproposta dall’Opéra Royal de Wallonie-Liège con la messa in scena di Paul-Émile Fourny e la direzione musicale di Cyril Englebert. Con i dialoghi decimati e un cast non francofono che ha qualche problema di dizione, questo allestimento non rende piena giustizia all’opera di Auber. Lo scenografo Benoît Dugardin propone una scena fissa: una biblioteca in cui durante la lunga ouverture studenti di un college inglese in abiti moderni scoprono il libro dell’abbé Prévost e “si immaginano” la storia. Una scenografia che andrebbe bene anche per le altre diecimila opere tratte da un testo letterario. E la biblioteca nel terzo atto sparisce solo in parte per far posto alle lande desertiche della Louisiana, rappresentate da un enorme libro aperto sulla sua mappa. Con la morte di Manon il libro ritorna al suo posto sullo scaffale. Accurati i costumi di Giovanna Fiorentini.
Protagonista sempre in scena e con una maratona di acrobazie canore, la star Sumi Jo mostra ahimè la corda con una pronuncia a tratti incomprensibile e acuti di incerta intonazione. Non aiuta molto la sua presenza scenica la mancanza di occhiali che dà alla poveretta uno sguardo stralunato e fisso. Vocalmente meglio il Des Grieux di Enrico Casari, ma neanche lui riesce a definire il suo personaggio, anche colpa di una regia attoriale inesistente. Più o meno convincenti sono gli altri comprimari.
Il giovane Englebert dirige con impegno un’orchestra non delle migliori, mentre il coro ne esce non male.
⸪