Kalîla wa Dimna

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Moneim Adwan, Kalîla wa Dimna

★★★★☆

Aix-en-Provence, Théatre du Jeu de paume, 10 luglio 2016

(live streaming)

«Se ammazzate un poeta, rinascerà in mille canzoni»

Dimna e Kalîla sono fratello e sorella, gemelli, molto diversi tra loro, ma il protagonista motore dell’azione di questo lavoro del palestinese Moneim Adwan, classe 1970, è il poeta Chatraba. Con il re e la madre formano i cinque personaggi di quest’opera la cui musica è realizzata da cinque strumenti: violino, violoncello, clarinetto, qanun (una cetra trapezoidale) e percussioni. Commissionata dal Festival di Aix-en-Provence, questa è la prima opera araba a vedere la scena in occidente, e qui viene presentata nella bomboniera settecentesca del Théâtre du Jeu de paume.

Il lavoro è tratto da una raccolta di apologhi di animali scritta da Ibn al-Muqaffa’ nell’ottavo secolo, uno dei testi più popolari della letteratura araba come da noi Le favole di La Fontaine. Kalîla wa Dimna elabora quella dell’amicizia tra il leone e il bue messa in disgrazia dall’ambizioso sciacallo. Il libretto è stato scritto dalla francese Catherine Verlaguet e dal siriano Fady Jomar. In poco meno di un’ora e mezza di musica si narra infatti di Dimna la cui ambizione sfrenata lo porta a manipolare il re, un re chiuso nella sua gabbia dorata, protetto dalla madre e lontano dal popolo. Dimna porta a corte il poeta Chatraba perché attraverso le sue parole il re possa conoscere il mondo esterno, ma il re si dimostra non solo incantato dal poeta ma lo elegge a suo migliore amico suscitando la gelosia di Dimna, che corromperà il rapporto tra il re e il poeta e questi alla fine verrà giustiziato perché ha dato voce al dolore e all’ingiustizia di quel popolo che il re in fondo non ci teneva poi tanto a conoscere.

Come gli interpreti (che provengono da diversi paesi del mondo arabo) anche la musica prende qualcosa da tante culture diverse, dal Maghreb alla Turchia fino all’India, ma è elaborata come la musica araba classica. E l’identità è data dalla lingua del canto: l’opera è infatti in arabo con gli interventi in francese di Kalîla che commenta l’azione e che solo alla fine canta in francese quasi a sottolineare la distanza dal fratello che ha causato la morte di Chatraba.

Il significato dell’opera di Moneim Adwan è che la parola del poeta non muore con lui e il suo messaggio di speranza e di libertà continua nei cuori di chi lo hanno ascoltato ed è più forte di tutte le oppressioni: «Se ammazzate un poeta, rinascerà in mille canzoni». L’attualità della vicenda è evidente e se l’amara considerazione «Cos’è successo a questo mondo che pensavamo di conoscere?» è espressa da interpreti che vengono da paesi come la Turchia, la Siria, la Palestina, la Tunisia, il Libano, il Marocco c’è da credere nella forza e sincerità della domanda.

Diretti dal violinista Zied Zouari i cinque interpreti sono famosi nei loro paesi: il fascinoso Jean Chahid (Chatraba) è stato ad esempio finalista della Star Academy libanese. Il compositore Moneim Adwan dà la voce al personaggio di Dimna e Ranine Chaar a Kalîla. Un ottimo lavoro è stato fatto dal regista Olivier Letellier per insegnare ai cantanti a muoversi lontano dalla tradizione araba molto statica, con eccellenti risultati.

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