Rigoletto

 

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Giuseppe Verdi, Rigoletto

★★★☆☆

Vienna, Staatsoper, 28 gennaio 2016

(video streaming)

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Gilda in gabbia

Con la sala esaurita i teatri possono fare i generosi e “regalare” una trasmissione live dello spettacolo, che sarà quindi visto da un pubblico mille volte più vasto. E chissà che anche solo uno su mille non voglia un giorno assistere dal vivo a quello che aveva ammirato sullo schermo. Così si semina per il futuro e lo hanno capito ormai quasi tutti i teatri del mondo che fanno a gara per offrire le loro produzioni in video streaming. L’Opera di Stato Viennese si è convertita anche lei all’usanza e la ghiotta occasione è questo titolo di sicuro richiamo che vanta, per di più, un terzetto di superstar internazionali tra gli interpreti vocali. Mettici ancora un regista di fama e un direttore italiano stimato all’estero e il gioco è fatto. O quasi…

Nella sala crema e oro ricostruita dopo la guerra risuonano ancora una volta le terribili note della “maledizione” di Rigoletto che negli strumenti della Wiener Staatsoper hanno un colore particolarmente minaccioso con quegli ottoni schierati ai lati in posizione rialzata rispetto al piano della buca orchestrale. Subito appare Rigoletto, a torso nudo ma con la gorgiera da giullare: non è gobbo, la curvatura della schiena è dovuta al peso dell’età e delle angherie subite, non a una malformazione fisiologica. Con passo stanco e pesante sale le scale di questo desolato edificio che la scenografia di Christof Hetzer ci mostra nei suoi colori terragni, i muri scuri, i sottoscala abbandonati all’immondizia. La base rotante ci mostrerà poi la casa di Rigoletto con la “gabbia” di Gilda e infine la stamberga di Sparafucile a forma di teschio.

Il Rigoletto di Carlos Álvarez ha un bel legato e un nobile timbro, ma è un po’ monotono e si sarebbero preferiti più colori e più dinamiche nella sua performance.

Juan Diego Flórez non solo ripristina la cabaletta del duca del secondo atto, «Possente amor mi chiama», ma esegue la ripresa variata, pur senza do di petto. La non grande potenza vocale viene bilanciata dall’eleganza del fraseggio e dalla facilità del registro acuto: il suo «La donna è mobile» è ormai un cavallo di battaglia che il tenore affronta spesso nei suoi recital. Non guasta poi la sua giovanile prestanza: «giovin, giocondo, sì possente, bello» dice Rigoletto e «troppo è bello e spira amore» gli fa eco Gilda mentre Maddalena si rammarica, «Peccato! … è pur bello!», al progetto omicida del fratello. Purtroppo Flórez è stato quello peggio servito dai microfoni, con la voce che andava e veniva mentre si muoveva sul praticabile che rappresenta il suo palazzo.

La Gilda di Olga Peretjat’ko ha grande sincerità, il timbro è quello che conosciamo, ma sia nelle agilità sia nei momenti più drammatici il soprano russo si è disimpegnata con onore, anche se le maggiori ovazioni del pubblico viennese sono andati ai due maschietti.

Nadia Krasteva è stata la Maddalena che ci si aspetta mentre il fratello Sparafucile ha il timbro di Ain Anger, così cavernoso da renderlo quasi incomprensibile. Il Monterone del 28 gennaio è talmente terribile che viene giustiziato in scena e il suo cadavere rimane lì mentre Gilda e Rigoletto continuano il loro duetto.

La regia di Audi non inventa nulla di nuovo, ha certe incongruenze in vari punti, ma la sua lettura non inficia la comprensione della vicenda che si dipana senza problemi: il temporale ha i lampi, gli sgherri del duca hanno ceffi paurosi, Maddalena il vestito rosso. I costumi sono d’epoca e le donnine allegre della prima scena hanno la faccia ingabbiata per sottolineare la sottomissione al maschio. Non proprio memorabile la cura attoriale con Álvarez che si muove come un orso in gabbia, Flórez che alza le braccia negli acuti e Maddalena che si alza la gonna per mostrare le gambe.

Concertazione pesante, tirata via senza particolari accenti partecipativi quella di Evelino Pidò. Fortuna che ha sotto di sé un’orchestra che compensa la sua routine.

Rigoletto-Wiener-Staatsoper

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Rigoletto

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