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Vincenzo Bellini, Norma
Londra, Royal Opera House, 26 settembre 2016
(live streaming)
Norma dell’Opus Dei
Norma mancava da Londra da trent’anni e per l’apertura della nuova stagione della Royal Opera House doveva esserci Anna Netrebko nel ruolo della sacerdotessa druidica, ma già ad aprile il soprano russo aveva ritirato la sua partecipazione adducendo come motivo il cambiamento avvenuto nella sua voce da quando, quattro anni fa, aveva accettato il ruolo. La recente uscita del suo nuovo album dedicato alle opere del Verismo sembra confermare questa sua scelta: la voce si è ispessita e forse non si può più cantare con lo stesso risultato «Casta diva» e «Suicidio!». Solo la Callas riusciva nell’impresa, nel 1951. Ma era la Callas…
Nella messa in scena del regista Àlex Ollé de La Fura dels Baus, i druidi sono diventati membri di una setta religiosa che ricorda l’Opus Dei (decisive sono le origini spagnole del regista) e il Ku Klux Klan, con sacerdoti donne (!), e come simbolo una croce composita che ricorda quella di Gerusalemme. La religione è un tema pervasivo di Norma e qui la foresta è una fitta selva fatta di migliaia di crocifissi incombenti sulla scena da cui filtra la luce della luna come tra frondose secolari querce. L’epoca è quella attuale, con un esercito di occupazione minaccioso, anche se non si vede. Ollé non forza comunque sull’ambientazione militaristica e punta invece sul triangolo amoroso soffocato dalla religione: qui Norma è una donna umanamente complessa i cui dubbi e le cui contraddizioni sono quelli della nostra contemporaneità. L’ambientazione moderna è particolarmente efficace nella scena del tentato assassinio dei figli da parte della madre: in un ambiente domestico con peluche, giocattoli, piste per automobiline, uno schermo televisivo trasmette disegni animati con bestiole dallo sguardo spaventato. Il tutto rende ancora più atroce la tragedia che incombe e che la musica di Bellini accompagna in tutta la sua suspense come in un thriller.
La direzione di Pappano raggiunge qui vette eccelse e ha come degni strumenti le voci impareggiabili di Sonya Yoncheva e Joseph Calleja. Il soprano bulgaro, al suo debutto nel ruolo, dimostra una maturità stupefacente, una vocalità senza pari, grande presenza scenica e dizione perfetta. Il legato di «Casta diva», l’intensità dei recitativi, la passione dei suoi interventi fanno della sua interpretazione un degno paragone con quella della Callas.
Altrettanto sorprendente è la performance del tenore maltese, dal timbro particolare ma piacevolmente datato (c’è chi ha fatto a questo proposito i nomi di Björling e di Gigli), dall’elegante fraseggio e dal sempre mutevole spettro vocale. Toccante in più punti Sonia Ganassi come Adalgisa, anche se non proprio la “giovinetta” del libretto di Felice Romani.
Il finale è a sorpresa. Le fiamme del rogo formano una grande croce verso la quale viene spinto Pollione, ma a Norma è risparmiato questo supplizio: il padre Oroveso uccide prima la figlia con un pugnale.
Tra il pubblico del cinema che assiste alla trasmissione live da Londra il regista Ollé, presente a Torino per preparare la sua prossima Bohème al Teatro Regio, un po’ infastidito dal volume sonoro sparato nella sala cinematografica, che falsa gli equilibri acustici. Come dargli torto?
⸪