Otello

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Giuseppe Verdi, Otello

★★★★☆

Madrid, Teatro Real, 24 settembre 2016

(live streaming)

L’Otello bianco di Alden

Per celebrare i suoi 200 anni, il Teatro Real di Madrid, fiero dei suoi 20 mila abbonati e del 90% di posti occupati, alla presenza della famiglia reale spagnola inaugura la sua nuova stagione con il capolavoro di Verdi. Che poi siano anche i 400 anni dalla morte del Bardo aggiunge un ulteriore significato all’operazione.

Efficace la messa in scena di David Alden con un buon uso delle masse corali. La vicenda temporale è trasportata ai primi anni del secolo scorso in una desolata guarnigione, la luce di Cipro si intravede solo sullo sfondo, ed è sempre crepuscolare. In scena ci sono le bellissime luci di Adam Silverman con ombre ostili o fasci taglienti in cui si stagliano i personaggi. Stupenda la scena con Emilia e Jago o quella con l’ombra minacciosa di Otello sulla porta nel finale. La scenografia di Jon Morrell costruisce una scena unica dai muri scrostati, dalle mattonelle erose. Suoi anche gli scuri costumi dei militari e del popolo – solo Desdemona sfoggia abiti chiari, tra cui la veste del matrimonio che stringe tra le braccia negli ultimi attimi di vita, mentre Emilia è in rosso. Il regista introduce alcuni momenti beffardi (Jago e Cassio che giocano a freccette usando come bersaglio un’icona sacra) o di inquietudine nella messa in scena – come la presenza di un’“indemoniata” al primo atto e di tristi bambini del secondo atto – o evidenzia la drammaticità dei finali, ma la sua lettura rimane molto tradizionale e fedele al libretto, ben lontana da quello che lo stesso Alden aveva fatto con il Rinaldo di Monaco o la Deidamia di Amsterdam.

Otello ha le fattezze di Gregory Kunde, Yankee di Kankakee (Illinois) così che i riferimenti di Jago alla diversità razziale del generale («odio quel moro… […] se il moro io fossi […] il rio destino impreco che al moro ti donò») pérdono ogni significato e nella lettura di Alden rimane solo il gioco crudele innescato da Jago che porta i personaggi alla distruzione. Otello è una figura insicura, che non crede alla fortuna di aver incontrato Desdemona e alla fine Otello muore lontano dal corpo dell’amata e il «bacio» cui anela è un delirio della sua mente in punto di morte, mentre Jago osserva impassibile seduto su una sedia in disparte il frutto tremendo della sua macchinazione.

Kunde è l’Otello dei nostri tempi – anzi dei due Otelli, essendo quello di Rossini parimenti nel suo repertorio. Con grande intelligenza affronta ancora una volta il personaggio che ha portato in scena chissà quante volte, ma pur nella pienezza vocale certi suoni tremolanti o certi acuti non sempre limpidi tradiscono il passare del tempo. Intatta rimane la presenza scenica, l’eleganza del fraseggio, i recitativi espressivi, ma mancano a volte gli scoppi d’ira di un Del Monaco o di un Domingo che ti mettevano i brividi addosso.

Alla inizialmente prevista Krassimira Stoyanova è succeduta Ermonela Jaho che qui a Madrid aveva riscosso grande successo come Traviata nell’allestimento di McVicar l’anno scorso. Il soprano albanese si conferma come una cantante di grande temperamento che tiene molto bene la scena e ha una bella vocalità, a parte certe note un po’ fisse e un eccesso di maniera nella resa del personaggio. Lo Jago di George Petean è giustamente insinuante e maligno senza esagerazioni sulfuree mentre Cassio è un dimenticabile Alexey Dolgov. Efficaci sono invece Gemma Coma-Alabert (Emilia) e Roberto Tagliavini (Ludovico), unico italiano del cast.

Italiano è invece un verdiano come Renato Palumbo la cui direzione evidenzia le tinte wagneriane e drammatiche della partitura, ma sa tessere con estrema sensibilità i motivi più lirici di Desdemona nella ‘canzone del salice’ e nell’Ave Maria.

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