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Claudio Monteverdi, L’Orfeo
Berlino, Komische Oper, 1 gennaio 2017
(live streaming)
Com’è moderno L’Orfeo di Kosky
Non poteva iniziare in modo più stimolante l’anno operistico. Nel lontano novembre 2012 alla Komische Oper di Berlino il nuovo direttore Barrie Kosky aveva messo in scena le tre opere di Monteverdi, in tedesco ovviamente come avviene in questo teatro, con una nuova orchestrazione e tutte e tre nello stesso giorno: alle 11 Orpheus (L’Orfeo), alle 14.30 Odysseus (Il ritorno d’Ulisse in patria) e alle 19 Poppea (L’incoronatione di Poppea)! Separatamente, poi, le tre opere erano state riproposte successivamente e ora operaplatform mette a disposizione la registrazione del primo numero della trilogia.
All’alzarsi del sipario si svela agli occhi degli spettatori un lussureggiante giardino con le scenografie di Katrin Lea Tag, ma invece della fanfara con cui si fa iniziare abitualmente l’opera del divino Claudio, nella sala fantasiosamente decorata del teatro berlinese si diffondono suoni orientaleggianti tra cui si distinguono le note balcaniche di un cymbalon. Fatta salva la linea del canto originale, la nuova orchestrazione di Elena Kats-Chernin utilizza strumenti mediorientali e una fisarmonica per realizzare il continuo con improvvisazioni che talora sanno di bal musette. La famosa fanfara esploderà con ninfe, fauni, satiri e pastori che festeggiano allegramente le nozze di Orfeo ed Euridice attorno a un piccolo stagno e sotto la chioma di alberi surreali di un’Arcadia ironicamente ricreata con i costumi di Katharina Tasch. Le vivaci coreografie di Otto Pichler danno vita agli intermezzi strumentali.
Non è certo un Orfeo per puristi questo di Kosky, né in orchestra né nel reparto vocale, ma è uno spettacolo incantevole che ricrea la “favola in musica” con mezzi moderni. Più simile a un musical che a una paludata esecuzione, di barocco ha comunque la ricchezza visiva. Alcuni momenti sono magici, come quando nella sala inondata di luce verde volano decine di uccellini appesi alle pertiche tenute dai coristi disseminati nelle gallerie o gli interventi del burattinaio. Il palcoscenico continua oltre la fossa orchestrale fino a occupare buona parte della platea così che il pubblico si trova a stretto contatto con i ballerini e i cantanti che animano la vicenda. La quale vicenda segue abbastanza fedelmente le linee tradizionali anche se la Musica qui è Amore e nel finale Orfeo, invece di salire in cielo assieme al padre Apollo, affoga nel piccolo stagno in cui Amore aveva varato barchette di carta prima dell’ingresso di Caronte.
Protagonista indefesso è Dominik Köninger, che canta, balla, recita ed è pure bello. Che cosa si vuole di più? André de Ridder dirige con precisione l’eterogenea orchestra.
⸪