King Arthur

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Henry Purcell, King Arthur

★★★★☆

Berlino, Schiller Theater, 21 gennaio 2017

(video streaming)

Medioevo e XX secolo strettamente intrecciati

Arthur compie otto anni: tra i regali che gli vengono offerti ci sono il libro e i burattini della leggenda di King Arthur. Al bambino manca molto il padre caduto in combattimento e quando il nonno inizia a leggere la storia della guerra tra britanni e sassoni il bambino ritrova la figura del padre in quella del leggendario re suo omonimo. King Arthur esce come Saint-Exupéry da un aeroplano precipitato, Philidel scende con un paracadute. Così inizia il King Arthur di Henry Purcell nella drammaturgia di Detlef Giese in questa produzione della Staatsoper di Berlino in cui il testo di Dryden è recitato in una traduzione tedesca mentre i numeri musicali sono cantati in inglese.

Il contrasto fra i due popoli – quello pagano (i sassoni) e quello cristiano (i britanni) – e tra le due epoche storiche è ironicamente evidenziato dai fantasiosi costumi di Kevin Pollard: l’esercito dei Britanni è una commistione di corazze, cimieri piumati, divise Seconda Guerra Mondiale, forconi, archibugi e scolapasta a mo’ di elmi, mentre i Sassoni adoratori di Wotan sono in buffi travestimenti primitivi. Ma ancora non è niente: è nelle scene successive che si sfoga la sbrigliata fantasia del costumista con risultati strepitosi.  Le scene, dello stesso Crouch, sono dipinte come nel teatro barocco o il frutto di una efficace videografica proiettata su teli. Questo, messo in scena allo Schiller Theater da Sven-Eric Bechtolf e Julian Crouch, è un teatro delle origini, rivisto con il gusto e lo spirito di oggi, ma anche con tanta poesia.

Parti cantate e parti recitate sono affidate a personaggi diversi, come previsto da questa semi-opera di Purcell, ad eccezione del personaggio di Grimbald, qui affiancato da un basso quando è il momento di cantare. Affiatata e di eccellente livello la compagnia di attori della Ein Skills Ensemble tra cui il decano Hans-Michael Rehberg come Merlino e il lubrico Osmond di Oliver Stokowski.

La musica dei cinque masque è ricreata con la consueta dedizione e sapienza da René Jacobs alla testa della Akademie für Alte Musik. La varietà di colori e dinamiche sempre perfettamente bilanciate con i solisti in scena ha contraddistinto la resa della partitura in pagine molto caratterizzate come la scena del gelo o la lotta fra gli spiriti.

Nel cast di cantanti si apprezzano le doti di agilità del soprano Anett Fritsch nei ruoli di Philidel, Cupido e Venere, così come il piacevole timbro del controtenore Benno Schachter. Ottimo il coro della Staatsoper.

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