Die Frau ohne Schatten

Richard Strauss, Die Frau ohne Schatten

Parigi, Opéra Bastille, 28 gennaio 2008

Le luci e le ombre di Bob Wilson

Trionfale ripresa dell’allestimento parigino di Robert Wilson del 2002 della Donna senz’ombra di Richard Strauss. Metteur en espace idolatrato, l’americano firma una regia che non potrebbe non essere sua, una messinscena fotocopia di tante altre, direbbero i maligni, in cui i neri, i blu, i rossi, le luci sapientissime e il sofisticatissimo minimalismo sono al servizio di un’estetica di segni e di immagini rarefatte che si rifanno a una visione giapponesizzante con i gesti ieratici, le linee purissime e geometriche della scenografia, i colori codificati. Poco importa che questa lettura della favola di Hofmannsthal richiami quella del precedente Flauto magico, o che l’abito della moglie del tintore sia quello della sua Butterfly: il simbolismo onirico del libretto non potrebbe comunque essere reso in termini naturalistici e la sobrietà delle immagini lascia alla musica tutto lo spazio che essa merita. Il violoncellista che emerge in scena dal basso per eseguire il suo assolo è un momento di grande suggestione teatrale, ma tutto lo spettacolo è un susseguirsi di quadri visivi di abbagliante bellezza.

La concertazione non trascinante di Gustav Kuhn ha il grande merito di non coprire le voci, che siano di Eva-Marie Westbroek (autorevole imperatrice) o di Christine Brewer (incisiva moglie del tintore). Più problematici gli interpreti maschili, dall’imperatore di Jon Villars al Barak di Franz Hawlata, un po’ stremati dall’impegno vocale dei rispettivi ruoli.

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