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Daniel Auber, Fra Diavolo
★★★★☆
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Roma, Teatro dell’Opera, 13 ottobre 2017
Commedia e dramma nel Fra Diavolo di Auber
L’opera dell’Ottocento ha spesso subito il fascino dei briganti: dai Masnadieri all’Hernani di Verdi, da Les brigands di Offenbach alla Carmen di Bizet, la figura romantica del bandito è stata oggetto di arie e couplet.
Non fa eccezione Auber con il suo Fra Diavolo ou l’Hôtellerie de Terracine, ispirato alla figura di uno dei più temuti tra i banditi che nel sud Italia lottavano contro la dominazione dei francesi, un eroe della resistenza borbonica durante le guerre napoleoniche. Nel libretto Scribe prende a modello anche i coevi banditi d’oltralpe, altrettanto romanticamente dipinti – Fra Diavolo deruba solo aristocratici, banchieri e commercianti, lascia andare i poveri e dalle giovani fanciulle prende solo “quello che gli vogliono offrire” – ma pure crudelmente spietati.
Atto primo. Zerlina, figlia di un oste di Terracina, è innamorata di Lorenzo, un povero brigadiere dei gendarmi, mentre suo padre la vuole dare in moglie a Francesco, un anziano possidente. Mentre Lorenzo è alla ricerca del famigerato brigante Fra Diavolo, costui arriva alla locanda travestito da marchese e deruba due viaggiatori inglesi, Lord e Lady Rocburg. Lorenzo riesce a recuperare parte della refurtiva e viene ricompensato da Lady Rocburg con 10 000, una somma da destinare alla dote di Zerlina.
Atto secondo. Fra Diavolo è tuttavia determinato a derubare di nuovo i viaggiatori inglesi e Zerlina con l’aiuto di Giacomo e Beppo, due suoi complici. Durante la notte i tre si intrufolano nella stanza di Zerlina per rubarle la dote. Sopraggiunge Lorenzo, ma Fra Diavolo, che finge di essere il Marchese di San Marco, riesce a convincerlo di essere un suo rivale in amore, amante di Zerlina e di Lady Rocburg. Lorenzo sfida a duello il finto Marchese.
Atto terzo. Il giorno dopo Zerlina, ormai priva della dote e abbandonata da Lorenzo, accetta di sposare Francesco. Fra Diavolo ordina ai suoi due complici di avvertirlo quando Lorenzo e la sua truppa lasceranno la città, per poter derubare di nuovo gli inglesi con tranquillità. Giacomo e Beppo sono però riconosciuti da Zerlina che li fa arrestare da Lorenzo. Questi scopre finalmente i maneggi di Fra Diavolo e organizza un piano per arrestarlo. Zerlina può finalmente sposare Lorenzo.
Nella storia è determinante il ruolo dei due impacciati accoliti del brigante, Giacomo e Beppo (impersonati dal duo comico di Stan Laurel e Oliver Hardy nella versione cinematografica), che sono gli incauti agenti del suo arresto.
Opera fra le più popolari ai suoi tempi, Fra Diavolo ora è di più rara esecuzione nei teatri, per quella miscela di dramma e di umorismo così difficile da equilibrare e per il fatto di essere un’opéra-comique, quel misto di canto e di recitazione non facile da realizzare in paesi di lingua diversa dal francese. Nell’allestimento dell’Opera di Roma i dialoghi recitati dell’edizione originale del 1830 sono trasformati in recitativi cantati tradotti in francese dalla versione italiana. Anche la parte musicale è quella della versione presentata a Firenze nel 1866, con numeri aggiunti. Così si risolve un problema, ma si perde l’arguzia del testo di Scribe e si trasforma in un continuo musicale quella che nell’originale era invece una dosata successione di arie orecchiabili e di brillanti dialoghi parlati.
L’ambientazione mediterranea dell’opera è ricreata dal regista Giorgio Barberio Corsetti con il suo affascinante teatro-immagine in cui le proiezioni video e la realtà virtuale hanno grande rilevanza: durante l’ouverture vediamo la rossa decappottabile dei nobili inglesi immersa nei paesaggi che attraversano nel loro gran tour italiano e anche la prima scena del terzo atto con Fra Diavolo che passeggia lungo una strada di città è resa molto abilmente con proiezioni dinamiche.
Siamo infatti nell’Italia dei primi anni sessanta dove le figure dei carabinieri erano una presenza regolare nel cinema del dopo-realismo e i costumi rispecchiano quell’epoca spensierata. Ma oltre all’omaggio al cinema italiano il regista dà un tocco fumettistico alla sua messa in scena con nuvolette che riprendono le esclamazioni degli interpreti o gli spari del brigante. Nel secondo atto il tono quasi da pochade dell’opera è reso con una scenografia di camere tutte a vista della locanda di notte, particolarmente frequentata e con un andirivieni di personaggi quasi fossimo in una pièce di Labiche o di Feydau.
Per la prima volta viene qui utilizzato un impianto scenografico realizzato con una stampante 3D e materiali completamente riciclabili. Le facciate delle case che formano la scena sono infatti composte dalla sovrapposizione di sottili strati di un materiale ecologico e hanno una forma ondulata, surreale, come se la realtà del paesaggio risultasse deformata dalla presenza “diabolica” del finto Marchese di San Marco.
Nel foyer del teatro fa poi bella mostra di sé un ritratto tridimensionale così realizzato di John Osborn, il protagonista. Il tenore americano non si risparmia nella definizione di un ruolo a cui è affidata una vocalità impegnativa che risolve con grande facilità e con un’eleganza e una dizione francese che non sempre si ritrova negli altri interpreti. Con l’aria di un mafiosetto in completo blu, il duplice aspetto del brigante, quello seduttore e quello spietato, è reso con ironia e impeccabile resa vocale dal cantante, che controlla sempre con maestria i registri della voce piegata a caratterizzare le diverse sfaccettature del suo carattere, sebbene venga messo maggiormente in rilievo l’aspetto cinico del personaggio rispetto a quello seduttore.
Seppure ben cantato, al Lord Rocburg di Roberto de Candia manca lo stralunato umorismo dell’inglese all’estero con i suoi goffi tentativi linguistici. Più giocata sulla presenza scenica che sulla vocalità e anche la Lady Pamela di Sonia Ganassi. I due giovani interpreti della coppia Zerlina-Lorenzo, Anna Maria Sarra e Giorgio Misseri, sono bravi ed entrambi vocalmente generosi, ma risolvono spesso in acuti un po’ gridati la loro prestazione. Jean-Luc Ballestra è il solo cantante di lingua francese e infatti è quello che meglio realizza il Giacomo della coppia di inconcludenti pasticcioni. Le ironiche coreografie di Roberto Zappalà punteggiano efficacemente i momenti più affollati in scena.
In buca l’inglese Rory Macdonald dirige con estrema leggerezza, a momenti quasi esilità, tanto che talora le voci prevalgono sull’orchestra. In tal modo però si evidenziano le qualità di una musica che partendo da Rossini porterà a Offenbach.


⸪