Lohengrin

Illustrazione di Henning Wagenbreth, “The New Yorker” agosto 2018

Richard Wagner, Lohengrin

★★★☆☆

Bayreuth, Festspielhaus, 25 luglio 2018

(streaming video)

Il cavaliere azzurro, anzi blu elettrico

Il titolo non ha nulla a che vedere con il gruppo di artisti espressionisti che nel 1909 si unirono sotto il nome “Der Blaue Reiter”: qui azzurro è il colore dominante, dai capelli ai costumi alla scena dipinta (!) dal pittore figurativo Neo Rauch e dalla moglie Rosa Loy. Le loro immagini dai colori acidi e dallo stile da neo-realismo sovietico sono qui virate in blu e rivisitate verso un neo-romanticismo di cieli tempestosi al di sopra di una centrale elettrica in disuso.

Fu Friedrich Nietzsche a definire la musica del Lohengrin blu: «blau, von opiatischer, narkotischer Wirkung» (blu e dagli effetti narcotizzanti dell’oppio). Sembra di entrare in una ceramica di Delft, con i brabantini in costumi che sono la caricatura di quelli dei quadri fiamminghi. Solo al terzo atto entra in scena il colore arancione della stanza di Elsa e Lohengrin da cui parte l’elettricità di cui hanno bisogno nel Brabante. L’elettricità proviene dalla tensione tra i due novelli sposi, anche se lui si toglie appena l’armatura e le ali (!) e rimane coi guanti mentre lei legge da un libro preso dal comodino la sua “dichiarazione d’amore”.

Già, dai roditori di Hans Neuenfels della precedente produzione, si è passati agli insetti: qui i potenti hanno ali da libellula, il duello Lohengrin/Talremund avviene in volo, le ali di quest’ultimo alla sua morte vengono trafitte da spilloni e le luci sono fornite da lucciole infilzate su picche. Il popolo del Brabante è uno sciame di falene che seguono ciecamente la “luce” di Lohengrin fino all’annientamento.

Oltre a ciò il regista Yuval Sharon si è inventata una drammaturgia in cui buoni e cattivi vengono scambiati: Lohengrin, enigmatico principe azzurro, sottomette con sguardo gelido e lega a una bobina Tesla la povera Elsa, il re Heinrich è un ipocrita e Ortrud in fondo è una donna che combatte per la libertà di Elsa, assieme alla quale sopravvive all’ecatombe finale. Ma su questa interpretazione non c’è da mettere la mano sul fuoco.

Yuval Sharon (il primo americano e, assieme a Barrie Kosky, il primo ebreo a mettere in scena Wagner a Bayreuth) ha sostituito il previsto Alvis Hermanis le cui esternazioni sui migranti non erano piaciute ad Angela Merkel, assidua spettatrice del festival. Non ci sono invece retroscena politici per Piotr Beczała che ha preso il posto di Roberto Alagna nel ruolo titolare a pochi mesi dall’incarico. Semplicemente, al tenore italo-francese sembra sia mancato il coraggio a salire la collina. Il timbro chiaro e “italiano” di Beczała si è dimostrato adeguato al ruolo del cavaliere sul cigno, che qui scende incravattato da una nave spaziale d’argento e armato della saetta di Captain Marvel. Nel ruolo meno “wagneriano” delle opere di Wagner il tenore polacco ha confermato le sue caratteristiche vocali: timbro luminoso e musicale, ma una certa mancanza di espressività che si è evidenzata nell’attesa scena finale «Im fernem Land». Elsa ha in Anja Harteros un’interprete di grande statura e forte intensità di espressione seppure con un vibrato eccessivo e bruschi salti di registro. Qualche segno di usura è evidente nella voce di Waltraud Meier, assente da parecchio tempo dalle tavole di Bayreuth, che delinea una Ortrud in costume da regina nera (ma alla Disney) lasciata però senza valide indicazioni registiche. Georg Zeppenfeld ritorna al ruolo di König Heinrich con la solita autorevolezza, mentre tra il Friedrich von Telramund di Tomasz Konieczny e l’araldo di Egils Siliņš si apprezza maggiormente il secondo, essendo il primo anche troppo caratterizzato in malvagità e non sempre a suo agio nella tessitura del ruolo. Il baritono lituano finisce così per essere il più apprezzabile del cast.

Christian Thielemann spreme dall’orchestra del festival un suono di una bellezza sconvolgente e imprime all’opera un tono brillante e corposo molto apprezzato dal pubblico per una volte indulgente con il metteur en scène.

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