Jää

Jaakko Kuusisto, Jää (Ghiaccio)

★★★★☆

Helsinki, Suomen Kansallisooppera, 25 gennaio 2019

(diretta streaming)

Il ghiaccio unisce e uccide

È protagonista in tre nuove opere che hanno debuttato quasi contemporaneamente: nel lavoro di Mark Grey alla Monnaie di Bruxelles il ghiaccio ha conservato per secoli il corpo inanimato di quella che diventerà la “creatura” del dottor Frankenstein; a Glasgow in Anthropocene il ghiaccio conserva viva una ragazza testimone di una passata crisi ecologica; qui ad Helsinki è il ghiaccio a minacciare la vita degli abitanti di un’isola sperduta nell’opera di Jaakko Kuusisto su libretto di Juhani Koivisto basato sul romanzo Is, best seller nei paesi nordici, scritto in svedese da Ulla-Lena Lundberg nel 2012.

Il giovane vicario Petter Kummel e sua moglie Mona si trasferiscono nella parrocchia di una delle isole Åland poco dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, quando iniziano il razionamento e le carenze alimentari. Devono lottare con il loro ambiente fisico e con gli atteggiamenti radicati della comunità locale, dove le vecchie rivalità (da tempo discutono su un ponte da costruire) minacciano di indebolire la loro capacità di recupero e di buona volontà, ma gradualmente trovano amicizia, sostegno e rispetto, a volte in modi imprevisti. Mona proviene da un ambiente agricolo, è una donna pratica e non solo tiene la nuova casa in ordine, ma si occupa anche degli animali e adempie alle sue responsabilità parrocchiali, nonostante la sua seconda gravidanza. Suo marito deve servire il suo numeroso gregge e spesso non riesce a trovare il tempo per le sue responsabilità domestiche e parentali o per studiare per un importante esame. Anche se la giovane coppia è al centro della storia, c’è un’intera serie di altri personaggi come Anton, il postino, che dipende dal ghiaccio che può sopportarlo in inverno, un fervente credente negli spiriti che lo aiutano a leggere il tempo; la russa fuggita dal suo paese lasciando il figlio; la ragazza che ha tentato Petter e che ritorna nella fantasia gelosa di Mona la quale a un certo punto deve affrontare la prova maggiore: la morte del marito inghiottito dal ghiaccio al rientro da una visita pastorale. Un nuovo ponte eviterà altri incidenti e un nuovo prete arriva. È bravo, ma non sa cantare. Mona riparte, non ha mai pianto in pubblico: solo le mucche hanno visto le sue lacrime, ma loro sono state macellate. Nessuno ha visto le sue lacrime.

Come Janáček, anche Kuusisto, che dirige l’orchestra, scrive la sua musica sulla parola. È una musica fredda ma evocativa, ricca nei momenti più drammatici, come quando Mona è lasciata sola col cadavere del marito. La ricca strumentazione non si compiace del suono, ma è efficace nel dipingere l’atmosfera della vicenda. Bravi gli interpreti a noi sconosciuti. Citiamo almeno quelli dei due protagonisti principali: Ville Rusanen, il vicario, e Marjukka Tepponen, la moglie.

Nella messa in scena di Anna Kelo, che utilizza abilmente pochi elementi scenografici e il video design e le luci di Thomas Hase, ai viventi nei loro realistici costumi anni ’40 di Marja Uusitalo si contrappongono gli spiriti dei morti nei loro abiti di garza bianca. Uno spettacolo suggestivo e intenso.

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