L’oca del Cairo, ossia Lo sposo deluso

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Wolfgang Amadeus Mozart, L’oca del Cairo, ossia Lo sposo deluso

★★☆☆☆

Budapest, Eiffel Art Studios, 14 aprile 2019

(video streaming)

Un pasticcio fa rivivere due lavori mozartiani rimasti incompiuti

Un puzzle, come quello che compongono durante l’ouverture i cantanti in scena – la copia del ritratto postumo di Barbara Kraft (1819) – è lo spettacolo prodotto dall’Opera di Stato Ungherese. Un’idea a lungo coltivata dal direttore generale Szilveszter Ókovács e realizzata con la messa in scena di Attila Toronykőy e la bacchetta di Pál Németh.

«Due piccole meraviglie inutili, che nel loro insieme non hanno nulla da invidiare alle Nozze», così definisce il Gheon L’oca del Cairo K422 e Lo sposo deluso K430. Carli Ballola li chiama invece «miserabili progetti […] due aborti “buffi” che rappresentano con penosa efficacia lo stato di momentaneo disorientamento di un artista che aveva già dato al mondo […] una Entführung aus dem Serail e che vediamo rincorrere fallaci miraggi di commedie in musica su testi indegni». L’Osborne corregge questo giudizio impietoso: «La qualità della musica che Mozart scrisse sia per L’oca del Cairo che per Lo sposo deluso rivela come egli fosse tutto pronto per affrontare la sfida del Figaro, che comunque non sarebbe venuta che due anni dopo».

L’oca del Cairo nasce dall’incarico ricevuto nel 1783 dall’intendente dei teatri viennesi, conte Rosenberg Orsini. Non essendo disponibile Da Ponte, Mozart ripiega sull’Abate Varesco e il lavoro procede bene fino a che il compositore rinuncia per altri impegni più redditizi. Rimangono completati due duetti, tre arie, un quartetto e un finale. I frammenti furono venduti dalla vedova Mozart e pubblicati nel 1855, cinque anni prima dell’esecuzione a Francoforte.

Don Pippo, marchese di Ripasecca, ha rinchiuso in una torre Lavina, che intende sposare anche se lei spasima per Calandrino, e la figlia Celidora, innamorata di Biondelloma promessa al conte Lionetto; Biondello ha un anno di tempo per liberare la sua amata. Allo scadere del tempo fissato, il giorno delle nozze, dopo diverse peripezie Biondello riesce a entrare nella torre nascosto in una grande oca meccanica condotta da Pantea, la moglie di Don Pippo che era creduta morta. Pantea rivela la sua identità, e al vecchio marchese non resta che tornare con lei e accettare l’unione delle altre due coppie.

Lo sposo deluso, ossia La rivalità di tre donne per un solo uomo è l’opera per cui Mozart accantona la composizione del testo di Varesco ed è anche il primo esempio della collaborazione con Lorenzo da Ponte. Qui invece non sono noti i motivi dell’abbandono anche di questo lavoro, che rimane compiuto solo per l’ouverture, due arie, un terzetto e un quartetto.

Il vecchio Bocconio, prossimo alle nozze con la nobile Eugenia, viene deriso da Pulcherio, Don Asdrubale e dalla nipote Bettina per i suoi progetti matrimoniali. Giunta a Livorno dal promesso sposo, Eugenia riconosce l’amato Don Asdrubale, che credeva morto, ma presto si rende conto che questi gli è conteso da altre due spasimanti, Bettina e Metilde. Dopo mille intrighi Eugenia e Don Asdrubale si ricongiungono e Bocconio resta solo, assistendo anche all’unione di Bettina con Pulcherio e di Matilde con Gervasio.

Con i dodici pezzi musicali viene cucito un pasticcio che si ispira a L’oca del Cairo, con i personaggi di Don Pippo, Celidora, Calandrino, Lionetto, Lavina e Biondello cui si aggiungono Auretta e Chichibio. Quello che viene fuori sembra un test per il Figaro che seguirà, con personaggi che ne hanno la vivacità e incontinenza erotica ma non lo spessore psicologico.

Ancora mezzo vestiti i cantanti si avventano su una scatola di Mozartkugeln, le praline di cioccolato e marzapane vendute dalle Konditorei in Austria, prima di imbastire la scombussolata vicenda in cui succede di tutto e non succede nulla. La regia è piena di mossette e gag per lo più ridondanti e né i cantanti né la direzione musicale sembrano memorabili.

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