Beatrice Cenci

★★★★☆

Corte degenerata

«È certo singolare il caso del compositore amburghese Berthold Goldschmidt [1903-1996], autore di un catalogo piuttosto cospicuo comprendente anche due lavori teatrali (oltre a Beatrice Cenci, vi compare infatti anche la tragedia Der gewaltige Hahnrei): assolutamente trascurato e dimenticato fino alla fine degli anni Ottanta, è di recente divenuto oggetto, in Germania, di una improvvisa e inaspettata rivalutazione, che ne ha fatto uno degli autori contemporanei più eseguiti nelle sale da concerto tedesche. Un ulteriore segno di ‘restaurazione’ musicale, tra i tanti che contraddistinguono la vita musicale tedesca in questo scorcio di secolo? Forse, anche perché lo stile di questo compositore, naturalizzato inglese nel 1936, è ancora quello di un tardoromantico (più alla maniera di Bruckner che di Mahler), ancorato al linguaggio tonale e a un teatro narrativo permeato da tinte di acceso verismo, espresse da un’orchestrazione estremamente densa e soprattutto da un melodizzare ad ampie campate espressive. Una figura di ‘retroguardia’, dunque, che ha preso le distanze fin dagli esordi da ogni forma di aggiornamento stilistico, cui non si possono tuttavia imputare carenze di invenzione musicale e di sapienza costruttiva. Beatrice Cenci nacque in occasione di un concorso operistico bandito nel 1951 dalla BBC: Goldschmidt lo vinse con questo drammone rinascimentale torbido e un poco compiaciuto, il cui libretto, in lingua inglese, trae materia dal fatto di cronaca, avvenuto nella Roma di fine Cinquecento, del duplice martirio di Beatrice, figlia di primo letto del perfido conte Cenci, e di Lucrezia, matrigna di Beatrice, entrambe accusate dalle autorità ecclesiastiche dell’omicidio del conte. Nel dramma possiedono un ruolo non secondario anche i personaggi di Bernardo, del prelato Orsino, segreto amante di lei nonché mandante dell’omicidio, e del cardinale Camillo, il legato pontificio che copre le malefatte del conte (tra cui lo stupro incestuoso ai danni della figlia, l’omicidio della prima moglie e di diversi figli avuti da lei) in cambio di sostanziose ricompense in denaro. Sia pure nell’ambito di un tono complessivamente greve, la narrazione si regge grazie alla capacità di Goldschmidt di definire ritratti umani estremamente nitidi e ‘scolpiti’, mediante una vocalità ricchissima di inflessioni e colori. Di particolare efficacia quello di Beatrice, il personaggio cardine, l’eroina intorno alla quale tutto ruota. […] Il successo decretato alla prima esecuzione, realizzata in forma di concerto [nel 1988], unitamente all’attuale renaissance goldsmithiana, fa prevedere che non sia troppo lontano il giorno in cui l’opera potrà finalmente debuttare su un palcoscenico teatrale».

Quanto profetizzava Enrico Girardi si è verificato: dopo una messa in scena dell’agosto 1994 a Magdeburgo, i Bregenzer Festspiele hanno recentemente ripresentato questo lavoro e la recita del 18 luglio 2018 è stata registrata e commercializzata su Blu-ray della Unitel. Il libretto di Martin Esslin, qui tradotto in tedesco, si basa su The Cenci (1819) di Shelley, uno dei tanti lavori ispirati alla vita dell’infelice nobildonna romana (1).

Atto I. Terrazza del giardino del palazzo Cenci, vicino a Roma. Lucrezia, seconda moglie del conte Francesco Cenci, e Beatrice, figlia del primo matrimonio, lamentano la brutalità del padre di famiglia, che tiene e maltratta i figli come prigionieri in casa. Lucrezia conforta la figliastra con il fatto che in seguito avrà una famiglia tutta sua, proprio come la sorella. Bernardo, il fratello di Beatrice, arriva e le dice che il padre lo ha appena picchiato senza motivo. Beatrice cerca di confortarlo. Un servitore riferisce che il prelato Orsino sta aspettando nel salone e vuole urgentemente parlare con la contessa e sua figlia. Tutti se ne vanno. A nome di Papa Clemente, il Cardinale Camillo informa il Conte che l’omicidio da lui commesso sarà coperto se in cambio pagherà una grossa somma di denaro per l’espiazione. Anche se si tratta di un terzo della sua proprietà, Cenci accetta. Ammette apertamente che nulla lo eccita quanto la violenza brutale. Dopo che i due se ne sono andati, compaiono Beatrice e Orsino. I due avevano già avuto una relazione in gioventù, ma non possono sposarsi a causa del sacerdozio di Orsino. Beatrice ha quindi scritto una petizione al Papa per liberare Orsino dal suo giuramento sacerdotale. Orsino, tuttavia, non ha alcuna intenzione di consegnare la lettera. Vuole conquistare Beatrice in un altro modo. Interludio orchestrale. Sala grande di Palazzo Cenci. Il conte Cenci organizza una grande festa nel suo palazzo. Dopo il benvenuto, parla del suo amore per la moglie e i figli e lo fa confermare da Beatrice. Dopo le esibizioni di ballerine e di una cantante, Cenci annuncia allegramente agli ospiti una notizia: due dei suoi figli lo hanno calunniato durante gli studi a Salamanca e hanno intentato una causa al Papa. Ora entrambi sono morti: Rocco è morto nel crollo di una chiesa e Cristofano è stato accoltellato a morte la stessa notte da un rivale geloso. Ridendo, Cenci riempie una tazza di vino, fa un brindisi e getta la tazza a terra. Camillo e gli ospiti pensano che sia pazzo, ma nessuno osa attaccarlo. Gli ospiti si allontanano inorriditi. Beatrice implora il Cardinale di salvarla dalla casa, ma anche lui teme la vendetta di Francesco. Rimane sola con il padre. La minaccia: «D’ora in poi, Beatrice, farai quello che voglio io e ti sottometterai obbediente all’incantesimo». Lo stupro che segue non viene mostrato.
Atto II. Sala del palazzo Cenci; scala che conduce a una galleria con accesso ad altre stanze. Beatrice, profondamente scossa, cerca consolazione da Lucrezia, ma non riesce a nominare l’atto del padre. Paragona la sua disperazione emotiva al lamento ululante di un uragano. Quando Orsino entra, gli chiede un consiglio. Tuttavia, non ritiene efficace il suo suggerimento di un’azione legale. Da un lato le mancano le parole giuste, dall’altro il potere di Francesco è troppo grande e la sua accusa verrebbe respinta come poco plausibile. Orsino consiglia quindi di farsi giustizia da sola. Promette di portare due sicari che conosce quella stessa notte e se ne va. Quando Beatrice sente il padre che la chiama, fugge rapidamente. Poco dopo appare Cenci e Lucrezia lo mette in guardia da ulteriori atti di violenza nei confronti della figlia. Ordina a un servo di portargli una coppa di vino. Lucrezia ci versa un sonnifero senza farsi notare e Francesco beve il vino. Prima di ritirarsi stancamente, fantastica di portare i suoi figli Bernardo e Beatrice a una tale disperazione che solo il suo nome sarà ricordato dal mondo. Lucrezia e Beatrice attendono con impazienza di essere liberate dai sicari. Infine Olimpio e Marzio entrano da una piccola porta laterale. Le due donne mostrano loro la stanza di Francesco e aspettano il loro ritorno a cose fatte. Riferiscono di aver strangolato Francesco e di aver gettato il corpo in giardino per farlo sembrare un incidente. Beatrice dà loro il denaro promesso e i due uomini scompaiono. Uno squillo di tromba annuncia l’arrivo del cardinale Camillo, che entra con i soldati papali e chiede di vedere il conte. Cenci dovrebbe essere arrestato immediatamente, dice, poiché ci sono nuovi sospetti. I soldati perquisiscono la casa e il giardino e presto trovano il suo corpo. Camillo si rende subito conto che non si è trattato di un incidente. Inoltre, Marzio cade nelle loro mani con il denaro e l’ordine scritto di Orsino. Lucrezia e Beatrice vengono arrestate e portate via con il sospetto di essere complici di un omicidio.
Atto III. Una cella di prigione. Bernardo visita Lucrezia e Beatrice nella loro cella. La sorella gli racconta di un sogno in cui ha visto la prigione come un paradiso. Camillo, il giudice, gli scrivani, i testimoni e i soldati arrivano per iniziare l’interrogatorio. La tortura deve essere usata a causa dell’accusa di parricidio. Marzio si fa avanti e accusa Beatrice come mandante. Lei, però, lo nega. Quando il giudice le mostra la lettera di incarico di Orsino, la donna riconosce la sua calligrafia, ma Orsino è fuggito da Roma e non può più essere perseguito. Per approfondire l’interrogatorio, Lucrezia viene portata via per essere torturata e, poco dopo aver confessato, viene riportata indietro. Beatrice non può più negare. Desidera solo la fine della tortura. Il giudice la condanna immediatamente a morte a colpi di scure e si ritira con il suo seguito. Camillo promette a Beatrice di chiedere la grazia al Papa. I tre membri della famiglia si addormentano esausti. Notturno. Mentre una campana in lontananza annuncia l’alba, Camillo torna e li informa che i suoi sforzi sono stati vani. Il Papa ha confermato la sentenza con la motivazione che solo ieri è sfuggito un matricida. Il parricidio sta aumentando a tal punto che presto rimarranno in vita solo i giovani. Beatrice chiude con il mondo. Interludio. Mattino presto; una grande piazza; a destra i gradini dell’impalcatura per l’esecuzione capitale, ancora in fase di lavorazione. Operatori e spettatori hanno una conversazione controversa sulle imminenti esecuzioni. Alcuni chiedono vendetta per il conte, altri mostrano compassione per le donne abusate e chiedono la loro libertà. Beatrice e Lucrezia vengono portate in processione. Bernardo ha fatto un ultimo vano tentativo di implorare la pietà del Papa. Quando Beatrice si congeda da lui, sviene. Beatrice chiede alla madre di legarle i capelli per l’ultima volta. Poi vengono entrambi condottieal patibolo. Al momento del pestaggio, la folla grida di orrore, pietà e crudeltà. Camillo conclude: «Per l’eternità: colpevole… eppure probabilmente incolpevole. Ogni male genera male, il sangue richiede sangue». In lontananza si sentono canti solenni. Il Papa si reca a San Pietro in Montorio per pregare per i giustiziati. Mentre la processione si avvicina, la folla si unisce al canto del Requiem.

Come tutti i compositori ebrei di quel periodo la sua fu considerata “musica degenerata” e costretto ad emigrare si mise a lavorare per la BBC inglese. A partire dal 1958 Goldschmidt abbandonò la composizione originale e assieme a Derrick Cooke si interessò al completamento della Decima Sinfonia di Gustav Mahler che fu da lui eseguita alla guida della London Symphony Orchestra nell’agosto 1964. Negli ultimi anni di vita riprese a comporre e Deux Nocturnes per soprano e orchestra è il suo ultimo lavoro, scritto a 93 anni.

Beatrice Cenci dipinge il mondo depravato di una corte italiana della fine del ‘500 e sia l’argomento – i rapporti incestuosi e la corte depravata come l’isola dei piaceri di Alviano Salvago, nonché la complice protezione della chiesa – sia la vocalità stanno a metà tra la Lucrezia Borgia di Donizetti e Die Gezeichneten di Schreker.

La forte messa in scena di Johannes Erath si avvale degli incubi scenografici di Katrin Connan e dei costumi di Katharina Tasch. Erath sembra voler echeggiare con la sua fantasmagoria quella dell’orchestrazione e la sua regia è piena di particolari gustosi. Uno per tutti: il terzo atto inizia con la musica dell’analogo atto della Tosca (ma presto il disco si incanta…) e il papa a tavola scopre il triregno per gustare il suo uovo à la coque in un uovo di Fabergé tempestato di pietre preziose! La tavola su cui fa la colazione è poi una teca trasparente piena delle elemosine dei fedeli.

Il giovane direttore tedesco Johannes Debus dipana con abilità le trame musicali eseguite dai Wiener Symphoniker e in scena si trova un cast di eccellenza. La protagonista del titolo ha in Gal James un’interprete che coniuga perfettamente la liricità con l’agilità e la forza drammatica richieste dal personaggio. Christoph Pohl è un Francesco Cenci con i capelli ossigenati, i pettorali in vista, il cache-sexe di paillettes e la sua apprezzata presenza vocale. Dshamilja Kaiser (Lucrezia) e Michael Laurenz (Orsino) e Per Bach Nissen (il cardinale Camillo) sono tra gli altri efficaci interpreti.

(1) Tra i tanti, in letteratura: Les Cenci di Stendhal (1829); Beatrice Cenci del Guerrazzi (1854); Les Cenci di Dumas padre (1856); Les Cenci di Artaud (1935); Beatrice Cenci di Moravia (1955); in musica: Beatrice Cenci di Giuseppe Rota (1863); Beatrice Cenci di Luigi Santa Colonna (1948); Beatrix Cenci di Alberto Ginastera(1971); Beatrice Chancy di James Rolle (1999). Anche il cinema si è interessato alla vicenda: una Beatrice Cenci l’hanno girata Mario Caserini (1909); Ugo Falena (1910); Baldassarre Negroni (1913, 1926); Guido Brignone (1941); Riccardo Freda (1956) e Lucio Fulci (1969).