Geneviève de Brabant

Erik Satie, Geneviève de Brabant

Alessandria, Sala del Conservatorio Vivaldi, 11 febbraio 2020

(registrazione video)

«Nous somme la foule compacte | qu’on met toujours au premier acte
pour donner de l’œil et du ton. | Tonton tontaine et tonton» (1)

Geneviève de Brabant è una piccola opera per marionette in tre atti su testo di Lord Cheminot, pseudonimo di José Patricio Contamine de Latour, «Scrittore di alta fantasia, Poeta, Artefice di Storie, Racconti, Cronache e di molte altre belle cose» (2), amico di Erik Satie a cui suggerì la composizione delle suite per pianoforte Sarabandes (1887) e Gymnopédies (1888) e scrisse i testi delle Trois mélodies (1916).

Dopo la “fase mistica”, sospesa tra la parodia del wagnerismo e l’avvicinamento agli ambienti simbolisti e rosacruciani che tanto peso ebbero nell’ispirazione neo-medievale della sua musica di quell’epoca, Geneviève de Brabant appartiene alla fase successiva (1897-1905), ossia al periodo improntato a una scrittura di estrema semplicità e ispirata alla musica popolare e alle suggestioni del cabaret – Satie stesso in quegli anni era il pianista dello ‘Chat noir’. Il mutamento stilistico coincise con il suo trasferimento da Montmartre al misero sobborgo parigino di Arcueil-Cachan, dove egli abitò per il resto della sua vita in austera solitudine e in claustrale povertà. Nata in questo clima bohémien e senza lo stimolo di una commissione esterna, Geneviève non godette di alcuna rappresentazione vivente il compositore e il manoscritto venne rinvenuto per caso dietro uno dei suoi pianoforti. Nel 1926, un anno dopo la morte, Etienne de Beaumont fece mettere in scena Geneviève nell’ambito di un festival dedicato a Satie, sostituendo il testo di Latour con dei poemetti di Lucien Daudet e con le scene di Angelo Ortiz – per l’occasione, André Derain aveva preparato una serie di bozzetti che non vennero tuttavia utilizzati.

La leggenda della Sainte Geneviève costituisce il nucleo di uno dei racconti morali più diffusi in epoca medioevale: Siffroy, signore di Brabante, parte per la guerra affidando la sposa Geneviève all’intendente Golo, che però ne tradisce la fiducia tentando di sedurla. Di fronte al rifiuto di Geneviève, Golo la fa accusare di adulterio e imprigionare. Falsamente informato dei fatti da Golo, Siffroy fa giungere l’ordine di mettere a morte Geneviève. Due servitori fedeli, che avevano avuto l’incarico di portare la donna nella foresta per ucciderla, restano impietositi dalla sua sorte e la risparmiano, abbandonandola sul posto. Geneviève sopravvive per lungo tempo nella foresta nutrendosi di frutti e di radici e grazie a un acerbiatta, finché Siffroy, diversi anni più tardi, la ritrova durante una battuta di caccia. La sua innocenza viene riconosciuta; Golo è condannato a essere scorticato vivo, mentre Geneviève muore poco dopo, avvolta in una luce di divina santità.

La vicenda era già stata occasione nel 1859 per l’omonima opéra-bouffe di Offenbach  in due atti. Qui si tratta di 14 brevissimi numeri musicali (raramente superano dodici battute quelli strumentali) collegati da parti recitate. Otto minuti di musica in tutto! «Geneviève è un piccolo gioiello di casta semplicità musicale: ben assecondato nel suo scopo dalla naïveté del libretto, Satie mira qui a rileggere l’esperienza ‘gotica’ e mistica appena conclusa alla luce delle amate – e trasfigurate – atmosfere da cabaret, compiendo così un’opera di sottile e implicita autocritica. Le passioni dei personaggi e le loro vicende vengono circonfuse di un’aura tra il fiabesco e l’eroicomico, con il risultato di insinuare nella leggenda medioevale un effetto di ‘straniamento’ che attenua le durezze dell’assunto originale, conferendogli una dimensione di quotidianità senza tempo, segnata da una dolce compostezza. La meditata ‘ingenuità’ di questa scelta poetica (il cui ideale compimento sarà, per Satie, nell’inno alla santità pagana del drame symphonique Socrate), con i suoi ironici candori rivolti al pubblico di fanciulli del teatro di marionette e con il suo lieto fine di prammatica». (Michele Porzio)

Adatta a un lavoro didattico per lo smilzo organico richiesto (un mezzosoprano, un baritono, un piccolo coro, parti parlate e figuranti), Geneviève de Brabant è la scelta degli insegnanti del Conservatorio Vivaldi di Alessandria che la fanno eseguire dagli studenti con mezzi ancora più scarni: quattro strumentisti e una sola cantante/lettrice che talora si occupa anche dei versi del coro. Lo spirito dissacratore e pre-dadaista di Satie è ben vivo nello spettacolo di Luca Valentino che lo ha ideato e ha curato regia e drammaturgia della sua mise-en-espace: tre diverse imprese di pulizie sono in concorrenza tra di loro e con la cantante, che tenta di portare avanti come può la sua “conferenza su Erik Satie”. I brevi pezzi musicali sono occasione per i vari gruppi di esibizioni in vari stili: café-concert per l’impresa verde, musica classica cinese per quella gialla (cela va sans dire…), rock per quella rossa. C’è posto anche per un’aria per bidone dell’immondizia (il perfido Golo) mentre un mocio per pavimenti diventa la bionda chioma della fanciulla in pericolo. Nel preordinato bailamme ci sarà anche un momento per La diva de l’Empire e di altri frammenti sonori più o meno congrui.

Si divertono e divertono il pubblico i bidelli musicisti Giuseppe Canone (fisarmonica, clarinetto e adattamenti musicali), Mirko Bracale (chitarra e sax soprano), Matteo Montaldi (batteria), Riccardo Munari (pianoforte) e La Cantante Angelica Lapadula (soprano). Alfonso Cipolla ha riscritto il testo che nell’originale terminava con questo coretto beffardo:

L’affaire s’est bien passée
la vertu récompensée.
Le crime dûment puni.
Allons-nous en.
C’est fini N-I ni
c’est bien fini.

(1) I versi del coro iniziale.

(2) Iscrizione sulla porta di casa Satie a Montmartre nel 1890: «In codesta dimora si affittano le molto belle e molto aggraziate Melodie di Messere Erik Satie, insigne Maestro nell’Arte della Musica, Organista della Santa Cappella di Nostro Sire il Re, con le parole di Messere J.P. Contamine de Latour…».

 

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