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Wolfgang Amadeus Mozart, Idomeneo
★★★★★
Milano, Teatro alla Scala, 7 dicembre 2005
(registrazione video)
Tempesta di mare alla prima della Scala
«Perplessità sulla regia», «Dissensi sull’allestimento», riportano i cronisti. E grazie, inaugurare la stagione del “Tempio della Lirica” con Mozart e con un allestimento problematicamente moderno! La prima Prima di Stéphane Lissner alla Scala non lascia gli animi indifferenti.
Nella regia di Luc Bondy ce n’è da far imbestialire i melomani che al minimo avviso di abiti contemporanei gridano alla blasfemia. Che poi la sua lettura non dia atto a particolari scandali poco importa, il pubblico ha elogiato con unanimità la parte musicale e si è diviso su quella visiva.
«L’Idomeneo è, a tutti gli effetti, per l’epoca in cui fu composto, un ponte sull’immediato futuro del teatro d’opera, ricco di sperimentale e naturale immediatezza. A questa concezione sembra credere il debuttante direttore inglese Daniel Harding che apre con successo la stagione scaligera con una idea chiara, senza tentennamenti, relativa all’umanità dei personaggi. Spariscono l’enfasi, l’eroismo ridondante, la maestosità di cartapesta per far posto alla dolcezza di due innamorati, Ilia e Idamante, a un padre che ha fatto il suo tempo, punito per non aver avuto il coraggio di sacrificare il figlio e a una donna appassionata, figlia di re e divorata da una drammatica gelosia. Una tensione espressiva, una inquietudine onnipresente, i tempi prevalentemente rapidi a scapito di un eccessivo spazio dedicato al lirismo, una impressionante varietà di colori orchestrali hanno imbevuto tutta questa meticolosa interpretazione, che tra l’altro si è avvalsa appropriatamente di un organico orchestrale ridotto […] con una ricerca timbrica, un po’ “secca”, che si traduceva in una esemplare trasparenza degli archi, lancinanti nei disegni discendenti» scrive Ugo Malasoma sulla direzione di Harding.

A proposito del cast ecco cosa scrive invece Stefano Jacini: «La migliore è sembrata Camilla Tilling (Ilia), per voce e presenza scenica, impeccabile nelle tre arie, specie “Zeffiretti lusinghieri”, identificati con bella invenzione registica coi biglietti amorosi trasportati dal vento che scrive a Idamante. Quest’ultimo (l’ottima Monica Bacelli, l’unica non esordiente alla Scala) è vestito da yacht-man con tanto di sacco da velista sulle spalle quando sta per partire con Elettra. Nei panni di costei è l’autorevole Emma Bell che, pur talvolta con dizione imprecisa, dà il meglio nel recitativo “Oh smania! Oh furie” e nella successiva aria, la più applaudita, dove trasforma il gorgheggio in un agghiacciante grido di follia. Steve Davislim è un Idomeneo prestante, sempre controllatissimo (ha dalla sua un timbro leggermente scuro, adatto alla parte), e supera con disinvoltura la grande prova di “Fuor del mar”. Efficace Francesco Meli come Arbace, con zucchetto turco e occhialini, pur privato dell’aria nel secondo atto si rifà ampiamente nel terzo».
La scenografia di Erich Wonder prevede un fondale dipinto che scorre con continuità per mostrare minacciosi paesaggi marini mentre i costumi di Rudy Sabounghi e la regia attoriale di Luc Bondy danno il tocco di modernità alla vicenda: «Come avveniva nel Settecento, l’epoca nostra può dunque tornare al mito antico nell’identico tentativo di lumeggiare fondamenti etici e civili utili a un confuso presente. E con ciò, senza forzatura alcuna ma anzi con la sublime semplicità delle cose ovvie, arriviamo direttamente al cuore della drammaturgia dell’opera. L’intero spettacolo, Bondy lo scandisce con un’asciuttezza sorprendente entro la quale i piccoli, continui gesti richiesti alla recitazione possiedono la portentosa verità della poesia: che in quanto tale aderisce come un guanto alla musica» è l’autorevole giudizio di Elvio Giudici.

⸪