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Hector Berlioz, Béatrice et Bénédict
Lyon, Opéra Nouvel, 15 dicembre 2020
(registrazione video)
La lettura concettuale di Michieletto compensa l’assenza di drammaturgia dell’ultima opera di Berlioz
Nel 1600 dagli editori Andrew Wise e William Aspley viene stampato l‘in quarto di Much Ado about Nothing (Molto rumore per nulla) di William Shakespeare, una tragicommedia in cinque atti in cui si tessono inganni attorno a due coppie amorose (Hero e Claudio, Beatrice e Benedick) e una folla di altri personaggi.
Berlioz nel 1862 rappresenta su libretto proprio la sua versione depurata di molti personaggi, Béatrice et Bénédict, un’opéra-comique in due atti. Del testo scespiriano mantiene solo la vicenda amorosa tra i personaggi del titolo e inventa tutto il resto, eliminando l’elemento drammatico del personaggio di Don Juan, il fratello di Don Pedro, che come Jago in Otello, trama contro una coppia, qui quella di Claudio e Hero. La composizione della musica era avvenuta dopo Les Troyens, in un periodo difficile per Berlioz, periodo che sarebbe culminato con la morte della seconda moglie Marie.
All’Opéra di Lione nel 2020 viene avviata la quarta produzione scenica di Béatrice et Bénédict in questo teatro, affidata ora a Daniele Rustioni per la direzione musicale e per la messa in scena a Damiano Michieletto. Previsto nel cartellone per il mese di dicembre, lo spettacolo fu cancellato a causa della recrudescenza dei contagi da Covid-19, ma una registrazione video è stata realizzata da Antenne 3 ed è disponibile su operaonvideo.com.
Due storie, due modi di vivere l’amore. Uno (quello di Hero e Claudio), più defilato, segue le convenzioni sociali; l’altro (Béatrice e Bénédict) è la forza dell’istinto. Berlioz «più che sulla narrazione si concentra sul lato sentimentale. Io ho approfondito il parallelo tra la coppia che rappresenta l’amore più domestico, le nozze come nido, e quello istintivo tra Béatrice et Bénédict, che in un giardino-foresta senza giudizi né peccato si ritrovano con Adamo ed Eva, i loro alter ego che entrano nudi. E lottano contro la società che vorrebbe soffocarli e ingabbiarli», dice il regista che realizza visivamente la sua idea «con una scatola bianca che si riempie di segni: farfalle meccaniche, col loro senso di libertà, che però vengono catturate e messe in una teca; uno scimpanzé, che ha dentro un mimo, costruito con calco realistico, a simboleggiare il lato primordiale di Bénédict» e, appunto, un Adamo ed Eva nudi che sono costretti a vestirsi e anche loro finiranno in due teche di cristallo.
Somarone, il personaggio inventato di sana pianta da Berlioz, è un cinico che distrugge l’Eden e gira con un registratore per captare i discorsi dei personaggi, che recitano i loro dialoghi parlati al proscenio davanti a dei microfoni, uno spazio nero che contrasta col bianco abbagliante della scatola che si apre dietro e su cui viene effettuato un esperimento sull’amore che ruota attorno alla coppia Béatrice e Bénédict. Nonostante la loro posizione contraria al matrimonio, alla fine si impegneranno l’uno con l’altra dopo un viaggio in cui scoprono i loro veri sentimenti. Nella quasi totale mancanza di drammaturgia del lavoro, Michieletto e il suo team creano una lettura concettuale e visionaria realizzando uno spettacolo che ha il ritmo della musica di Berlioz e incanta visivamente lo spettatore. Come sempre geniale la scenografia ideata da Paolo Fantin in cui il cubo bianco si divide a metà per mostrare un paradiso terrestre montato su una rete che alzandosi lo distruggerà e lo trasformerà in una gabbia.
Molto precisi i movimenti degli attori-cantanti e curata la recitazione in cui vengono impegnati interpreti di eccellenza sia attoriale che vocale: Julien Behr è un Bénédict di bellissimo timbro ed elegante fraseggio; Michèle Losier come Béatrice dimostra ancora una volta la sua statura di interprete autorevole ed espressiva; Hélène Guilmette è una Héro sensibile e bella; Thomas Dolié un efficace Claudio. Eve-Maud Hubeaux (Ursule) e Frédéric Caton (Don Pedro) completano la distribuzione vocale. Daniele Rustioni coglie le qualità di quest’ultima partitura in cui Berlioz riesce sempre a sorprendere per l’originalità delle melodie e del trattamento strumentale.
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