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Antonio Salieri, Les Danaïdes
Versailles, Opéra Royal, 27 novembre 2015
(video streaming dell’esecuzione in forma di concerto)
Salieri e Gluck uniti nella tragedia classica
Fin dalle prime note dell’ouverture de Les Danaïdes si stabilisce il tono da tragedia a cui stiamo per assistere, però subito dopo un tema allegro ci riporta alla realtà teatrale, come per dire è tragedia sì, ma è comunque finzione. Si tratta di un soggetto molto potente su cui si basava la tragedia perduta di Eschilo Le Danaidi. Nel 1717 Charles-Hubert Gervais aveva scritto una tragédie lyrique su libretto di Joseph de Lafont, Hypermnestre, e nel 1764 il coreografo Jean-Georges Noverre un balletto-pantomima, Les Danaïdes ou Hypermnestre. È del 1771 invece la Ipermestra di Niccolò Piccinni su testo del Metastasio, quel Piccinni che sarebbe diventato avversario di Gluck nella storica querelle.
Antefatto. Nella mitologia greca, Danao ed Egitto erano fratelli gemelli, figli di Belo, re di un mitico regno di Egitto, e genitori essi stessi, rispettivamente, di cinquanta figlie (le Danaidi) e di cinquanta figli (gli Egiziadi). Danao era stato costretto a fuggire nella sua patria originaria di Argo a seguito dell’usurpazione e della persecuzione subite da parte del fratello. L’opera inizia alla morte di questi, quando, su invito di Danao, si celebra la rappacificazione tra i due rami della famiglia, da sancire mediante il matrimonio incrociato tra Danaidi ed Egiziadi.
Atto I. Il matrimonio tra le cinquanta figlie del re Danao e i cinquanta figli di suo fratello gemello Egitto deve porre fine alla faida che sta dilaniando la loro famiglia. Sull’altare della dea Giunone, Danao e suo nipote Linceo giurano di porre fine all’odio. La figlia maggiore di Danao, Ipermnestra, e il figlio di Egizio, Linceo, celebrano il loro amore e la loro felicità.
Atto II. Danao è convinto che il fratello Egizio non sia sincero e che il suo desiderio di riconciliazione sia finto. In realtà, probabilmente vuole rovesciarlo e ucciderlo. Per evitare che ciò accada, Danao ordina alle figlie di uccidere i mariti durante la prima notte di nozze. Tutti giurano obbedienza al padre nel tempio di Nemesi; solo Ipermnestra rifiuta il terribile ordine. Danao maledice la figlia ribelle. Rimasta sola, Ipermnestra piange il suo infelice destino, incapace di scegliere tra la fedeltà al padre e l’amore per Lynceus.
Atto III. Viene finalmente celebrato il matrimonio delle Danaidi con i figli di Egizio. Quando Lynceo offre alla sua sposa la coppa che suggella la loro unione, Ipermnestra rifiuta di posarvi le labbra. Danao la minaccia affinché non tradisca l’oscuro complotto che ha ordito. La giovane donna non ha altra soluzione che fuggire dai festeggiamenti. Disperato, Lynceus si mette alla sua ricerca, ma viene trattenuto da Danaus. I suoi fratelli, appena riuniti, sono accompagnati nelle loro stanze nuziali dai canti di giubilo delle loro mogli.
Atto IV. Ipermnestra implora il padre di avere pietà. Ma Danaus rimane irremovibile. Esige l’obbedienza della figlia. Rimasta sola, spera che Lynceus non cerchi di trovarla. Invano: appare. Ipermnestra cerca allora di convincerlo che deve fuggire per salvarsi. Ma Lynceus non capisce il suo discorso e lo interpreta come una debolezza nella sua promessa d’amore e la accusa di tradimento. Sul punto di confessare l’oscuro piano di Danao, Ipermnestra rimane senza parole, paralizzata dalla paura. I clamori interrompono i loro scambi: da ogni parte si levano le grida di agonia degli sposi messi a morte dai Danaici. Ipermnestra esorta Lynceus a fuggire. Mentre lui si allontana, lei perde conoscenza.
Atto V. Ipermnestra piange per Lynceus, che crede morto. Solo quando Danao, che vuole assicurarsi l’obbedienza della figlia, richiede il corpo del marito, la donna si rende conto che è riuscito a fuggire. Danao è furioso per la sua disobbedienza. La incatena e le promette una terribile vendetta. Per adempiere ai desideri del padre, i Danaici partono all’inseguimento di Lynceo. Nello stesso momento, Linceo ha radunato i suoi eserciti e, con il suo fedele Pelagus, entra nel palazzo del re. Danao, preso in trappola, vuole giustiziare Ipermnestra prima di morire, ma Pelago si frappone tra la figlia e il padre e uccide quest’ultimo. Le tenebre invadono i cieli, la terra si apre. Lynceus fugge con Ipermnestra e i suoi soldati. Fulmini e tuoni colpiscono il palazzo, che viene divorato dalle fiamme e scompare sottoterra. Il teatro cambia in un istante e rappresenta gli inferi, dove si vede Danao incatenato a una roccia. Un avvoltoio divora le sue viscere insanguinate. Le Danaidi, incatenate l’una all’altra, sono tormentate dai demoni, torturate dai serpenti e inseguite dalle furie. Implorano di essere risparmiate, ma i demoni sono inflessibili e promettono loro un tormento eterno.
Già nel 1778 il librettista Calzabigi aveva fornito a Gluck un libretto in italiano per questo soggetto. Sebbene il fiasco di Eco e Narciso avesse impedito al progetto iniziale di vedere la luce, il testo fu comunque tradotto in francese da Bailli du Roullet e Tschoudi. Gluck finse di accettarlo, ma in realtà affidò il testo al suo allievo Antonio Salieri che, come Gluck, si trovava a Vienna. Salieri vi lavorò rapidamente – forse approfittando dei consigli del maestro, che conosceva perfettamente il gusto francese – ma non presentò l’opera a suo nome: Gluck conosceva troppo bene l’ambiente musicale parigino, con le sue cabale e le sue insidie, per abbandonare Salieri a un pubblico così difficile. Per facilitare la ricezione di Danaïdes, si dichiarò autore principale della musica scritta in collaborazione con il suo allievo. Almeno così fu presentata l’opera dalla stampa alla vigilia della prima del 26 aprile 1784. Gluck aspettò che il successo fosse confermato prima di ammettere l’inganno: era troppo tardi perché il pubblico mettesse in dubbio il talento di Salieri. Solo dopo la sesta rappresentazione il “Journal de Paris” rese nota la paternità di Salieri. Questo gioco di disinformazione permise all’opera di ottenere un’immediata e duratura accettazione e Salieri divenne il nuovo beniamino di Parigi e della Corte A Salieri furono affidati altri due libretti, che gli permisero di affermarsi come uno dei leader della scuola gluckista: Les Horaces nel 1786, un insuccesso dovuto a un libretto poco drammatico, e Tarare nel 1787, per il quale Beaumarchais scrisse il testo e che fu uno dei grandi successi parigini alla vigilia della Rivoluzione.
La partitura di Salieri corrispondeva perfettamente al gusto che si era progressivamente affermato nei primi anni del regno di Luigi XVI e Maria Antonietta. Il grand genre della tragedia lirica si era evoluto fino a somigliare alle tragedie classiche di Racine. Il decorativo, il meraviglioso, l’intrattenimento e i balletti erano stati esclusi. Le divinità e le allegorie erano state relegate a un ruolo molto secondario – si pensi alle brevi apparizioni di Diana in Iphigéne en Tauride o di Amore nell’Orfeo ed Euridice di Gluck – o soppresse del tutto, come appunto ne Les Danaïdes di Salieri, con l’eccezione del quadro finale. Il ricorso alle tragedie classiche francesi o alle traduzioni di libretti d’opera seria di argomento antico o storico permetteva di ricentrare la trama sulle passioni umane, senza alcun ricorso al soprannaturale. Il decoro stesso era meno interessante. Mai tragedia lirica e tragedia classica erano state così vicine. Il gusto musicale si era evoluto verso il monumentale e l’espressivo con una ricca orchestra, grandi cori integrati nell’azione, armonie e modulazioni ardite, linee vocali tese che privilegiavano l’eroismo del gesto rispetto alla pura bellezza musicale. Salieri distillò tutto questo materiale nella sua partitura, e lo fece con la massima precisione ed efficacia.
Coprodotto dal Centre de musique baroque de Versailles e da Palazzetto Bru Zane, Centre de musique romantique française, il concerto è diretto da un grande specialista di questo repertorio Christophe Rousset.Le diverse atmosfere dell’opera, che si alternano tra quelle festose dei matrimoni delle cinquanta coppie e quelli lugubri dei sotterranei del palazzo fino agli inferi del finale, sono magistralmente rese da Les TalensLyriques e dal coro de Les Chantres du Centre de musique baroque de Versailles. Rousset esalta l’abilità di Salieri nell’adattarsi allo stile francese assorbendone le caratteristiche: le airs strumentali, le pantomime,l’alternanza di cori e pagine per solisti, l’orchestrazione brillante con largo uso dei legni e dei corni, i ritmi di danza. La partitura è piena di momenti preziosi come il finale sospeso del quarto atto, mentre la mano di Gluck si sente nell’aria di Lyncée «À peine aux autels d’Hyménée» che non può non ricordare «J’ai perdu mon Euridice».
La vicenda procede per scene in cui recitativi accompagnati e arie con da capo si susseguono con continuità. Esemplari sono «Où suis-je, ô ciel!» finale atto II, «Le barbare!», scena seconda del quarto atto; «Où suis-je? Où vais-je,?» con cui inizia il quinto, tutti di Hypermnestre in cui Judith van Wanroij esprime con intensità e appropriato stile vocale le angosce di questa Alceste divisa tra l’obbedienza al volere, seppure insensatamente crudele, del padre e l’amore per lo sposo. Nell’aria «Par les larmes» il soprano olandese rivela grande temperamento è una bella linea vocale. Il tenore francese Philippe Talbot è un lirico Lyncée mentreTassis Christoyannis delinea un Danaüs spietato ma un po’ monocorde. Katia Velletaz come Plancippe eThomas Dolié come Pélagus completano il convincente cast vocale. A eccezione di qualche momento di intonazione, il coro e l’orchestra rendono con grande brillantezza questa particolare partitura che vede la disinvolta collaborazione di due grandi compositori settecenteschi.
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