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Alban Berg, Wozzeck
Aix-en-Provence, Grand Théâtre de Provence, 13 luglio 2023
(video streaming)
La prima volta di Wozzeck al Festival di Aix-en-Provence
Un sacchetto di carta contenente immondizia è il cuscino per Marie, che dorme per terra come il figlio. Tale è l’estremo abbrutimento di Wozzeck e della sua famiglia in questa produzione, la prima al Festival di Aix-en-Provence per il capolavoro operistico di Alban Berg. La feroce critica antimilitarista dell’originale di Georg Büchner diventa qui ancora più forte: un’esplorazione dell’anima umana e della società improntata a uno spietato pessimismo. La differenza tra Büchner e Berg è che quest’ultimo ha vissuto l’enorme tragedia della prima mondiale: il compositore austriaco ha infatti completato la musica del Wozzeck nel 1922, mentre Georg Büchner aveva scritto il suo Woyzeck negli anni 1836-37, in una situazione politica e sociale bel diversa. E ora, altri cent’anni dopo, noi viviamo in un mondo ancora più lontano, il Wozzeck risuona alle nostre orecchie in maniera ancora diversa ma, se possibile, ancora più attuale.
Nella lettura di Simon McBurney quello che vediamo è emanato dalla mente del protagonista, che quindi non può mai mancare dalla scena, è sempre presente. Nella scenografia di di Miriam Buether il palcoscenico è vuoto e limitato da tre alte pareti che fungono da schermo per le proiezioni video di Will Duke e per le immagini in presa diretta dei protagonisti. I pochi elementi scenici – le attrezzature del Dottore, una porta, sedie e tavoli – vengono spostati a vista mentre il gioco luci di Paul Anderson aggiunge ombre a questa livida storia. Tre piattaforme rotanti concentriche danno il senso di un moto inesorabilmente segnato dal destino. Di forte impatto il momento in cui vediamo il cadavere di Marie ritornare a più riprese sull’anello rotante. La drammaturgia di Gerard McBurney è fedele alla vicenda originale che si dipana verso la tragica conclusione. Unica trasgressione la presenza di un bambino che scimmiotta i gesti del Capitano, veste come lui e che nel finale coi suoi derisori «Hopp, hopp!..» tormenta un’ultima volta il figlio di Marie dopo che gli altri bambini gli hanno gridato: « Tua madre è morta!». Non c’è dunque speranza per i vinti e la stessa sorte verrà condivisa di generazione in generazione. Questo l’ultrapessimistico messaggio del regista.
La forza teatrale della partitura e la sua rigorosa struttura costruttiva – cinque pezzi caratteristici il primo atto; una sinfonia in cinque movimenti il secondo; sei invenzioni musicali il terzo – trova in Simon Rattle alla guida della London Symphony Orchestra una realizzazione senza pari dove gli intermezzi orchestrali vengono suonati «come se fossero sinfonie di Mahler in miniatura, come bonsai musicali» (così, nelle parole del direttore inglese) e il crescendo strumentale dopo l’assassinio di Marie ha una potenza sonora mai udita così. Sotto la sua concertazione la LSO ha rivelato la partitura di Berg con un livello di dettaglio senza precedenti.
Christian Gerhaher è un Wozzeck costruito sulla parola perfettamente intonata da quel sommo liederista che sappiamo essere il baritono tedesco. Il personaggio acquista un’umanità che vive con rassegnato distacco il suo dolente destino fino alla morte, quando sprofonda lentissimamente e quasi inconsapevole nelle sabbie mobili dello stagno dove aveva cercato di recuperare il coltello. La Marie di Malin Byström è una donna che con grande determinazione tenta di resistere e solo alla fine cede ai pochi momenti di felicità che gli può dare il maschio Tamburmaggiore. Il soprano svedese utilizza con agio le tecniche di canto richieste e i vari stili espressivi, dalla tenerezza per la ninna nanna del bambino, agli acuti con cui sfoga i suoi sentimenti, allo Sprechgesang con cui legge i passi della Bibbia per ricavarne un po’ di conforto. Peter Hoare e Brindley Sherrat danno voce e corpo all’isterico Capitano e al sadico Dottore: il primo affronta con successo l’impervia tessitura acuta, il secondo utilizza con autorevolezza il suo timbro grave per lo spietato medico sperimentatore. Thomas Blondelle è il testoteronico e di bella presenza Tamburmaggiore e la sensuale Héloïse Mas è Margret, l’altro esemplare di femmina del dramma. Robert Lewis, come Andres, fornisce l’unica nota lirica di tutta l’opera. Ottima la prestazione dell’Estonian Philharmonic Chamber Choir.
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