L’elisir d’amore

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Gaetano Donizetti, L’elisir d’amore

★★★★★

Macerata, Sferisterio, 21 luglio 2018

(registrazione televisiva)

Un’estate al mare con Donizetti

Dopo essere stato allestito anche in un circo (1), L’elisir d’amore di Damiano Michieletto arriva a un passo dalle spiagge adriatiche in cui è ambientato. E en plein air.

Lo sferisterio di Macerata è infatti la nuova location di questa fortunata produzione nata a Valencia nel 2012. Tempo e luoghi sono perfetti: a pochi chilometri da qui ci si può infatti imbattere in un bagnino come il Nemorino dello stabilimento balneare “Adina”. Gli spazi qui sono incommensurabilmente più grandi (90 metri è la larghezza del palcoscenico!) e l’aria aperta meglio si confà alla invenzione scenica di Paolo Fantin, tra sedie a sdraio e chioschetto dei gelati, gonfiabili e schiuma party, rete del campetto di pallavolo e lezione di stretching. La brezza della sera maceratese muove le palme, vere, non come quelle disegnate nel poster che giganteggia sul fondo. La vivace e spiritosa regia di Michieletto ha acquistato ancor maggiore fluidità e se perde, come si era scritto, il carattere naïf e campestre della storia, guadagna però in attualità: Dulcamara è un moderno venditore di bibite energetiche, ma sotto gli ombrelloni spaccia anche bustine contenenti strane polverine. Bustine di cui il furbo imbonitore, all’arrivo della polizia con un cane antidroga, si sbarazza inguaiando lo stolido Belcore. «È il lato oscuro dell’Elisir e dell’opera buffa in genere che, sotto il tono lieve, nasconde sempre un risvolto crudele. Ne ho avuto conferma mettendo in scena a Parigi un altro Donizetti, Don Pasquale. Dulcamara e Malatesta, i maneggioni dei due titoli, sfruttano senza pietà l’ingenuità e l’ignoranza altrui. Per guadagnarci, ma anche per il gusto di fare il male» afferma il regista.

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E tutte di oggi sono le piccole cattiverie, quasi atti di bullismo, cui è sottoposto Nemorino dai più scafati frequentatori della spiaggia, ma inizialmente anche dalla stessa Adina, che getta nella spazzatura il peluche che le è appena stato regalato. Quel peluche Nemorino se lo ritrova in testa quando i bellimbusti di prima gli rovesciano addosso il sacco dell’immondizia e ricompare ancora nel finale, quando è lo stesso Nemorino a gettarlo via ora che è sicuro dell’amore della ragazza. Altre invenzioni registiche mettono in scena la volgarità e il cinismo con cui conviviamo ogni giorno, ma non mancano momenti di autentica poesia, come quando Nemorino sale di notte sul tetto del chiosco per cantare «Una furtiva lacrima». Qui il tempo si ferma e le lettere della parola “Adina” si illuminano una a una come per magia.

L’orchestra per fortuna qui è al suo posto (2) ed è diretta con intelligenza e brillantezza da Francesco Lanzillotta, il Direttore Musicale del Macerata Opera Festival. Suo è anche il merito di eseguire la partitura nell’edizione integrale con le riprese e i passaggi spesso omessi. Ottimi si sono rivelati l’orchestra Regionale e il coro Lirico delle Marche.

Superlativo il cast impegnato in questa produzione. Il belcantista John Osborn utilizza in maniera mirabile sfumature, mezze voci e legati di grande scuola per delineare un Nemorino virile, mai stucchevole, dotato di ironia e intelligenza – le doti che mancano al rivale. L’aria bissata a furor di popolo (probabilmente il primo bis della sua carriera operistica in scena!) dimostra che il pubblico ha apprezzato la superba performance del tenore americano. Adina è la deliziosa Mariangela Sicilia, saldamente avviata a una carriera fulgida dopo la “scoperta” nel Cellini di Amsterdam. Con il suo timbro caldo e il sicuro registro acuto unisce una felice presenza scenica e costruisce un personaggio sensibile, che non si accontenta di futili amorazzi estivi (il suo civettare con Belcore è solo per far ingelosire Nemorino), anzi ne è stufa e in fondo non vede l’ora di un impegno affettivo sincero e duraturo quale quello che le può offrire il timido giovane. Di Alex Esposito anche questa volta non si può che dire bene. Nella parte usurata di Dulcamara riesce a tirare fuori aspetti luciferini coerenti con la lettura del regista con una vocalità sicura, una dizione superba e una presenza che lo conferma autentico animale da palcoscenico. Molto bene anche lo spavaldo Belcore del giovane baritono Jurij Samoilov, non solo prestante ma anche di ottima voce. Con Francesca Benitez, spigliata Giannetta, si completa la cinquina di interpreti di questa produzione benedetta dalla sorte che lascia la voglia di scoprire quello che Michieletto inventerà prossimamente. Tra i suoi tanti impegni ci saranno infatti un classico verdiano come il Macbeth che inaugurerà la stagione della Fenice, la novità di Der ferne Klang di Franz Schreker in scena il marzo prossimo a Francoforte e un’Alcina con la Bartoli a Salisburgo.

Teniamo pronto il trolley.

(1) Il Cirque Royal di Bruxelles nel settembre 2015
(2) A Bruxelles era sulla pista centrale e con gli orchestrali in tenuta balneare!

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