abbé de la Marre

Titon et l’Aurore

Jean-Joseph de Mondonville, Titon et l’Aurore

★★★★★

Parigi, Opéra-Comique, 19 gennaio 2019

(live streaming)

Una festa per i sensi

Covid o non-Covid, l’Opéra-Comique continua la sua programmazione e la sua riscoperta e riproposizione di capolavori del passato, anche se a porte chiuse e senza pubblico, ossia in streaming. Questa volta tocca a Jean-Joseph Cassanéa de Mondonville, compositore di una generazione più giovane di Rameau, di cui viene messa in scena la “pastorale héroïque” Titon et l’Aurore la cui prima rappresentazione avvenne all’Académie Royale de Musique il 9 gennaio 1753.

All’epoca viveva a Parigi un certo Évrard Titon du Tillet, mecenate e intellettuale, autore di un Parnasse françois, che nel suo palazzo «menait grand train» e si faceva rappresentare gli spettacoli della Comédie Italienne. E poi c’era il mitologico principe Titone (Τιθωνός), fratello di Priamo e marito di Aurora. La loro separazione ogni giorno ritma l’inizio di molti canti dell’Iliade e dell’Odissea. È di quest’ultimo Titone che si occupa la vicenda.

Prologo. Per svergognare l’ozio degli dèi, Prometeo usa il fuoco e dà vita a statue d’argilla. Ad Amore, che viene a congratularsi con lui, Prometeo offre di regnare d’ora in poi sulla razza umana.
Atto I. Il pastore Titone è sempre più in ansia: innamorato di Aurora e riamato da lei, trova i loro incontri troppo brevi. Sapendo di essere mortale, teme anche di venire un giorno soppiantato da un dio. Pastori e pastorelle celebrano frattanto il loro amore. Anche Eolo, dio dei venti, è innamorato di Aurora e convoca Pale, la dea dei pastori, che si rifiuta di aiutarlo a uccidere Titone. Segretamente innamorata del mortale, Pale decide piuttosto di rapirlo.
Atto II. Aurora si strugge per Titone. Nella speranza di farglielo dimenticare, Eolo le annuncia che Titone è morto. Rimasta a piangere il suo amante, respinge quello che ritiene il suo assassino. Furioso, Eolo esige il sacrificio di Titone e invoca i venti per scatenare una tempesta. Pale rivela i suoi sentimenti per Titone che cerca di sedurre: se la rifiuterà non lo proteggerà più. Organizza pertanto una festa con ninfe e fauni, ma né i piaceri né i ragionamenti amorosi funzionano: Titone resta fedele ad Aurora. Pale lo lascia partire, ma giura di vendicarsi.
Atto III. Pale ha fatto prematuramente invecchiare Titone durante il sonno e invita Eolo ad assistere al decadimento del pastore. Quando si sveglia, Titon è terrorizzato e rifiuta di mostrarsi ad Aurora. Questa chiede l’intervento di Amore che assicura la sua protezione agli amanti e ricompensa la fedeltà di Titone assicurandogli giovinezza e immortalità.

Nella vulgata mitologica Aurora si dimenticò di chiedere il dono della giovinezza, così si ritrovò al fianco un marito che viveva per sempre ma invecchiando. Sempre più vecchio e privo di forze e con solo la possibilità di parlare con una voce acuta, Aurora chiese ed ottenne che fosse mutato in una cicala.

Qui invece Titon è un gagliardo tenore che nel suo ultimo intervento sfoggia colorature, agilità e puntature in puro stile italiano. L’opera sembra infatti voler risolvere la “querelle des bouffons” (o “querelle des coins”), che in quegli anni contrapponeva i fautori del teatro lirico francese tradizionale, raggruppati attorno al nome di Jean-Philippe Rameau (il cosiddetto “coin du Roi”) ai fautori di un’apertura verso i nuovi orizzonti musicali della musica italiana, in particolare di quella napoletana, capeggiata da Jean-Jacques Rousseau (il “coin de la Reine”).

I temi contrapposti della vecchiaia e della giovinezza, del buio e della luce, dell’eternità e della fugacità del tempo – sfruttati con dovizia nelle arti visive – trovano spazio in quest’opera voluta dalla Marchesa di Pompadour per intrattenere Luigi XV a Versailles. La Pompadour stessa aveva incarnato una Aurore in un lavoro del 1750 ed è lei che ora sceglie un compositore molto attivo a Parigi quale Mondonville e un abile librettista come l’abbé de Voisenon, che per Titon et l’Aurore si basa su due preesistenti testi di Houdar de la Motte e de l’abbé de la Marre.

L’ambientazione è quella suggerita un secolo prima dal maestro di ballo del Borghese gentiluomo: «Dovendo far parlare in musica, si finisce per forza nel modo dei pastori. Il canto è stato sempre attribuito ad essi e non è naturale che nei dialoghi i principi o i borghesi cantino le proprie passioni» (Molière, Le bourgeois gentilhomme, atto I, scena seconda). Ed ecco quindi pastori e pastorelle condividere con dèi e dee la scena. Il debutto è affidato alle importanti voci di Pierre de Jélyotte e Marie Fel, creatrici delle parti di Platée e Folie per Rameau. Il successo è immediato e si rinnova alla ripresa dieci anni dopo a Fontainebleau. La Rivoluzione la farà però dimenticare come tutto il repertorio dell’Ancien Régime.

Duecentocinquant’anni dopo William Christie e Basil Twist fanno rivivere questa festa dei sensi. Due americani: il primo a 76 anni non ha perso una briciola della vitalità e curiosità che ha dimostrato nella sua carriera di scopritore ed esecutore di opere del repertorio settecentesco, ma non solo. Il secondo è un cinquantenne che si è formato in Francia sull’arte delle marionette e ha perfezionato a New York le sue magie visuali. Twist si è già occupato di spettacoli lirici con le marionette ne La bella dormente nel bosco di Respighi (2005, Spoleto) e Hansel and Gretel di Humperdinck (2019, Detroit). «Il ruolo attivo delle divinità e dei fenomeni naturali mi permette di mobilitare la mia specialità, lo sviluppo degli effetti visivi. Nel XVIII secolo, il meraviglioso era la ragion d’essere dell’opera barocca, dove le macchine avevano un ruolo centrale. Anche oggi la magia è benvenuta per accompagnare l’apparizione di un dio e di una dea nell’opera». Il lavoro di Mondonville è pieno di balletti e l’utilizzo delle marionette aggiunge un surplus di fantasia. Ecco quindi che vediamo danzare le statue di argilla di Prometeo o le pecore di Pale in esilaranti pas de deux o ancora le acrobazie di volanti figure nel finale. Oltre alla regia Twist disegna i fantasiosi costumi e le efficaci scenografie: «l’essenza del mio lavoro è rivelare lo spirito dei materiali, per dare loro una vita scenica – che si tratti di tessuti, di luci o materiali più solidi. Guardate la seta: è generosa, aumenta e allunga i movimenti, trasmette energia. Guardate la schiuma: è resistente, ha reattività, trattiene l’energia. […] Esiste tutta un’arte per farla muovere e darle vita». Le furie di Eolo richiamano allora la danza di Loïe Fuller con le sue lunghe tuniche di seta svolazzanti e l’orlo dell’abito di Pale la schiuma delle onde marine. Twist non cerca la rilettura o la decostruzione di questa pastorale, ma prendendola alla lettera ne sublima il carattere rendendolo irresistibile ai nostri occhi smaliziati utilizzando mezzi apparentemente semplici – fili, bacchette, teli, luci – che nascondono la raffinata tecnologia che sta dietro. Il risultato è una festa per gli occhi sorprendente e gradita in questo inverno del nostro scontento pandemico.

Ma la festa è anche per le orecchie, deliziate dalle note preziose di un lavoro che racchiude, come s’è detto, la sapienza armonica della musica francese e la dolcezza melodica della musica italiana. La compagine de Les Arts Florissants in formazione ridotta, quasi la metà dell’effettivo richiesto, sotto la guida di Christie suona con la pienezza e rotondità di un’orchestra di ben altre dimensioni, ma ottiene effetti di trasparenza e di leggerezza che ben servono la vitalità ritmica e le preziosità strumentali della musica di Mondonville. Ecco allora che l’entrata di Aurora sembra orchestrata da un Debussy con quelle armonie trascoloranti, o il rondeau del terzo atto suonare quasi un melanconico valzer di Strauss (Richard, però). Non poco per un compositore quasi del tutto sconosciuto.

Interpreti di grande livello sono quelli in scena e tutti specialisti del repertorio barocco. Il pastore Titon ha la bellissima voce di Reinoud van Mechelem che affronta impavido le agilità dell’arietta «Du dieu des fleurs” con eleganza e piena potenza sonora. Al suo fianco Gwendoline Blondeel delinea una decisa ma sensibile Aurore. Ancora più temperamentale è la Palès di Emmanuelle de Negri che con l’Éole di Marc Mauillon ingaggia un divertente duetto/balletto nel terzo atto. L’Amour di Julie Roset e il Prométhée di Renato Dolcini completano un cast praticamente perfetto.

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