Guillermo Fernández-Shaw

Luisa Fernanda

Federico Moreno Torroba, Luisa Fernanda

★★★☆☆

Madrid, Teatro de la Zarzuela, 10 febbraio 2020

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Livermore e la zarzuela, un connubio discusso

L’opera sarà viva finché le daremo nuova vita, anche creando polemiche, dibattiti, riflessioni. Non scampa all’assunto neppure la zarzuela che molto spesso è fruita come un prodotto tradizionale da un pubblico molto tradizionalista. Che il Teatro de la Zarzuela presenti un’opera iconica come Luisa Fernanda affidata alle mani di un regista internazionale come Davide Livermore è un avvenimento a suo modo storico. Ma parte della critica e degli spettatori non si è dimostrata ricettiva alla proposta.

Livermore privilegia il quartetto d’amore con il conflitto sullo sfondo, come d’altronde avevano indicato Romero e Fernández Shaw a loro tempo: «Volevamo usare lo sfondo storico per ambientare la vicenda che ruota intorno a una trama d’amore». Per dargli vita, usa la risorsa del cinema come luogo di incontro durante gli anni ’30 e ’40 in cui è ambientata la storia, una delle novità popolari dell’epoca che mise il chiodo finale nella bara della zarzuela: Luisa Fernanda (1932)e La del manojo de rosas (1934) furono in pratica il canto del cigno del genere.

Il regista sembra invitarci a una prima cinematografica, ricreandone una nel mitico cinematografo Doré di Madrid. I personaggi principali ci vengono presentati su uno schermo incorniciato dalle scenografie della Giò Forma. Le proiezioni “d’epoca” sono di Pedro Chamizo e una struttura rotante permette di variare il punto di vista sui personaggi. La scena acquista slancio alla fine del secondo atto, con lo scoppio della rivolta popolare: Livermore riesce qui a far vivere meglio i personaggi, mentre lo schermo finisce sullo sfondo. Nel terzo atto si copre di spighe di grano e di lillà per creare la scena rurale dell’Estremadura di Vidal. Nella direzione degli attori Livermore punta al dettaglio di espressioni e azioni, dà a ogni personaggio una vita propria e lo fa muovere con la musica, mentre il movimento delle masse è a volte un po’ casuale. Il corpo di ballo danza sulle efficaci ma non originalissime coreografie di Nuria Castejón e gli idiomatici costumi di Mariana Fracasso hanno la loro più fantasiosa realizzazione nei modelli indossati dalla duchessa Carolina.

I tredici numeri musicali sono realizzati con passione da Karel Mark Chichon alla guida della Orquesta de la Comunidad de Madrid, dal coro del teatro e da un cast di voci gloriose ma un po’ usurate: sono quelle di Yolanda Auyanet (Luisa Fernanda), Javier Franco (Vidal Hernando) e Rocío Ignacio (Carolina). Il tenore Jorge de León (Javier Moreno) non risparmia sul volume, sempre troppo forte, tanto da risultare aspro e duro, ma il pubblico dimostra invece di gradire la sua performance. Chacun à son goût…

 

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El caserío

Jesús Guridi, El caserío

★★★★☆

Madrid, Teatro de la Zarzuela, 17 ottobre 2019

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Amori in famiglia

“Comedia lírica” in tre atti su libretto di Federico Romero e Guillermo Fernández-Shaw, El caserío (La cascina) nacque al Teatro de la Zarzuela di Madrid l’11 novembre 1926. Si trattava del suo primo approccio al genere e si rivelerà uno dei lavori più importanti del compositore basco Jesús Guridi (1886-1961). Una zarzuela piena di suadenti melodie attinte dal folclore basco e che ebbe molto successo, tanto che il compositore con i diritti guadagnati si potè comprare una casa in campagna che chiamò “Sasibil”, proprio come il caserío fulcro della vicenda. Guridi non tornò più alla composizione di opere serie, ma El caserío rimase il suo unico successo.

Atto primo. Nel villaggio di Arrigorri, in Biscaglia. Santi, indiano, scapolo e sindaco del villaggio, vive nella cascina di famiglia chiamata Sasibil. Vivono con lui i due nipoti, cugini tra loro: Ana Mari, figlia di suo fratello e della donna di cui Santi era innamorato ma che non ha potuto sposare perché è dovuto emigrare in America, e José Miguel, un giovane giocatore di pelota basca che pensa solo a vivere la vita finché è giovane. La cascina, il cuore della famiglia basca, deve rimanere intatta in seno alla famiglia e per questo Santi vede come ideale il matrimonio tra i suoi nipoti, che garantirebbe questa premessa di trasmissione del patrimonio e la felicità di entrambi. Ma l’atteggiamento di José Miguel gli fa pensare che userebbe l’eredità per continuare il suo divertimento, lasciando la tenuta e Ana Mari in rovina. Il prete, uno dei poteri del villaggio insieme al sindaco, gli consiglia di portare avanti la strategia di annunciare il proprio matrimonio affinché José Miguel si decida di mettere la testa a posto o di lasciare il villaggio senza poter ereditare. Ana Mari è innamorata di suo cugino José Miguel, ma lui non le presta attenzione preso com’è dalla sua passione. Questo storia si incrocia con l’amore che Txomin, il servo della fattoria, prova per Ana Mari, un amore quasi impossibile, e con quello che la figlia dell’oste, Inocencia, prova invece per il giovane Txomin. L’ostessa, Eustasia, è una matriarca che mantiene l’organizzazione della casa e della taverna. In contrasto con l’atteggiamento del marito Manu, vede l’opportunità, quando Santi annuncia il suo matrimonio, di imparentarsi con il sindaco facendo diventare sua figlia la sposa, cosa che Inocencia non vuole essendo innamorata di Txomin.
Atto secondo. Ana Mari, sapendo che José Miguel cercherà di interrompere qualsiasi tentativo di sposare suo zio, si offre come sua moglie. Entrambi sono consapevoli del sacrificio che questo implica, ossia la giovinezza di Ana Mari, in cambio della certezza di una vita comoda e di mantenere il ricordo dell’amore che Santi provava per la madre di Ana Mari. José Miguel apprende come stanno le cose durante un duello canoro con Txomil e lascia il villaggio.
Atto terzo. Santi ritarda il matrimonio nella speranza che José Miguel ritorni per Ana Mari, ma quando questo non accade, lo annuncia. L’annuncio provoca il ritorno di José Miguel e la sua dichiarazione ad Ana Mari. Santi gli rimprovera di volerla solo per i suoi soldi e José Miguel nega questo e rifiuta l’eredità. Santi, di fronte a questo atto, lo accetta e benedice felicemente l’amore tra i suoi nipoti, felice di aver raggiunto il suo obiettivo.

Il Teatro de la Zarzuela di Madrid non ha il suo punto forte in messe in scene di gusto contemporaneo e questa produzione del 2011 dei teatri Arriaga di Bilbao e Campoamor di Oviedo che inaugura la sua stagione non è un’eccezione, anche se le scenografie di Daniel Bianco accennano con efficace realismo all’ambiente rurale del villaggio basco in cui si sviluppa la vicenda dove coerenti a questa impostazione veristica sono anche i costumi di Jesús Ruiz. Qualcosa di più attuale si può trovare nella regia di Pablo Viar, vivace e attenta alla psicologia dei personaggi, con un giusto movimento delle masse – bello il momento del corale religioso con la banda in scena – mentre i quadri sono ironicamente punteggiati dai saltellanti numeri del gruppo folclorico Aukeran Dantza Kompainia coreografato da Eduardo Muruamendiaraz.

Sfrondata in maniera consistente dei lunghi dialoghi, l’esecuzione musicale scorre molto piacevolmente sotto la bacchetta di Juanjo Mena, la strumentazione mette brillantemente in evidenza il colore locale e le linee melodiche, di chiara scuola italiana, si fondono abilmente con quelle delle danze iberiche. Una partitura ricca e varia è al servizio di una storia semplice ma convincente. Spigliati nella recitazione e vocalmente efficaci gli interpreti di cui ricordiamo almeno il Tio Santi del baritono Ángel Ódena, la Ana Mari del soprano Raquel Lojendio, il José Miguel del tenore Andeka Gorrotxategi e lo Txomin del tenore leggero Pablo García-López. Quasi sempre presente in scena, il coro del teatro preparato da Antonio Faurò ha fornito un’ottima prova.

Lo streaming fa parte delle registrazioni dei suoi spettacoli che il Teatro de la Zarzuela ha messo a disposizione sul canale youtube.

Doña Francisquita

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Amedeu Vives, Doña Francisquita

★★★★☆

Tolosa, Théâtre du Capitole, 28 dicembre 2014

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Lope de Vega diventa una zarzuela quattrocento anni dopo 

A solo un centinaio di chilometri dalla frontiera spagnola, Tolosa si trova idealmente rivolta verso quel sud che aveva tanto intrigato i compositori francesi dell’Ottocento. Oggi il suo Théâtre du Capitole ospita una zarzuela coprodotta con il Teatro de la Zarzuela di Madrid e il Colón di Buenos Aires. Si tratta di Doña Francisquita del catalano Amadeu Vives che con il suo successo al teatro Apolo di Madrid il 17 ottobre 1923 aveva ridato nuova vita al genere rinverdendone i fasti.

Elegante e piacevolissimo, il lavoro di Vives è un susseguirsi di melodie orecchiabili che si dipanano in arie soliste e pezzi d’insieme che hanno spesso seguito una via propria nei recital dei cantanti spagnoli, come la romanza «Como el humo se sabe” cantata da Alfredo Kraus, grande interprete di questa zarzuela, o il “duo de Aurora y Fernando”, per non parlare del fandango del terzo atto, trascinante pezzo strumentale e irresistibile numero coreografico.

La vedova Doña Francisca ambisce a diventar la moglie di Don Matías che però è invaghito della figlia, Francisquita, la quale ama Fernando, il figlio di Don Matías, che però è già preso da Aurora, attrice, che lo fa ingelosire con Lorenzo. Anche senza diagramma, si capisce che questo poligono aperto è la trama ideale per una vicenda di zarzuela, ma il soggetto dello spiritoso libretto di Federico Romero e Guillermo Fernández-Shaw è in realtà quello della commedia La discreta enamorada del maestro del secolo d’oro del barocco Lope de Vega, il più prolifico autore della letteratura di tutti i tempi (solo di commedie si conta ne abbia scritte circa 500!). Francisquita è una ragazza tutt’altro che ingenua che vede inizialmente nella corte del maturo Don Matías la possibilità di elevazione sociale così da essere chiamata anche lei “doña Francisquita” e solo alla fine dell’opera cede al sentimento. I tre atti si svolgono tutti nella stessa giornata.

Atto primo. In una piccola piazza dove c’è una chiesa, si terrà un matrimonio a cui parteciperanno Fernando e il suo amico Cardona. Lì incontrano Aurora “la Beltrana”, un’artista del Teatro de la Cruz, e la sua amica Irene. Fernando prova una grande passione per Aurora, alla quale lei risponde sempre con un freddo disprezzo. Tutto questo è contemplato da Francisquita, che ama segretamente Fernando ma non sa come dichiararsi. Il padre di Fernando, Don Matías, viene a trovarla e solleva il sospetto che voglia chiedere la mano della madre di Francisquita, Doña Francisca. Alla fine si scopre che lo scopo della sua visita è chiedere la mano di Francisquita. Decide di escogitare un piano per conquistare l’amore di Fernando. Cardona nota le buone intenzioni di Francisquita e decide di aiutarla, cercando di far capire a Fernando il suo amore per lei. Quando viene a sapere che suo padre ha chiesto la mano di Francisquita, è sorpreso dalla sua richiesta e cerca di scoprire le sue intenzioni.
Atto secondo. Un ballo si tiene in un’area picnic vicino al prato del canale, dove si riuniscono numerose persone in costume, amici, gruppi di musicisti e Aurora e la sua corte di ammiratori. Fernando assiste al ballo, cercando un momento per parlare con Francisquita. Quando ci riesce, cerca di strapparle il motivo della sua decisione, ma lei risponde solo che l’unica cosa che può dirgli è il conforto che può offrirgli diventando sua madre. D’altra parte, Aurora cerca di conquistare di nuovo il cuore di Fernando, ma lui mostra il suo disprezzo. Più tardi si avvicina a Don Matías per rendere omaggio alla futura famiglia e ne approfitta per fare una discreta dichiarazione a Francisquita. Arriva la cofradía de la bulla e si tiene un ballo, occasione di cui Aurora approfitta per lanciare una sfida, che consiste nel fatto che chi sconfiggerà Lorenzo, il suo amante, vincerà la sua mano nel ballo. Lei cerca di coinvolgere Fernando, ma alla fine Don Matías si presenta, vince il premio e balla con Aurora, mentre Fernando balla con Francisquita.
Atto terzo. Prima scena. In una piccola strada, si sentono voci di balli di carnevale. Francisquita discute con Don Matías la richiesta di Fernando di andare alle danze dei coltelli, così Don Matías decide di non andare. Cardona discute con Aurora la presenza di Fernando al ballo dei coltellinai con Francisquita, cosa che lo porta ad un attacco di gelosia, parlando con il suo amante Lorenzo e raccontandogli tutto, cosa che lo fa andare a casa di Don Matías e sfidare Fernando ad un duello al ballo, a cui Don Matías alla fine decide di andare. Seconda scena. Nel cortile dei coltellinai, la danza si svolge con grande animazione. Aurora decide di spiegare tutto, ma Cardona la interrompe e commenta a Lorenzo l’amore di Fernando per Francisquita. Don Matías arriva in cerca di suo figlio e Lorenzo gli rivela tutta la verità. Quando vede arrivare Francisquita mano nella mano con Fernando, scoppia in un impeto di indignazione e chiede spiegazioni. Entrambi gli raccontano umilmente tutto, scusandosi. Alla fine, Don Matías rinsavisce e rompe il fidanzamento, ed esorta tutti a brindare alla felicità della futura coppia, che riempirà la sua casa di gioia.

La storia è ambientata da Emilio Sagi a metà Ottocento e gli eleganti costumi di Franca Squarciapino aggiungono il loro tocco di colore alle belle scenografie di Ezio Frigerio che giocano sulla profondità, le luci e le ombre di un angolo caratteristico di Madrid nel primo atto (sul fondo una piazza in pieno sole in cui si svolgono le vivaci scene di carattere e in primo piano, separato da pilastri, un porticato ombroso per le schermaglie dei personaggi principali); una terrazza al tramonto con il panorama rosato della città per il secondo; un patio immerso nella luce blu per la scena notturna del terzo atto. Splendido il gioco luci di Eduardo Bravo.

Sagi muove con abilità le affollate scene del carnevale madrileno con i balli, i travestimenti e le maschere che contrappuntano o sostengono i numerosi duetti e concertati di cui è farcita l’opera.

I giovani cantanti spagnoli dimostrano personalità vocale anche se talora acerba, come il Fernando di Joel Prieto, ma buone capacità attoriali in questa alternanza di canto, recitazione e anche danza. Vives riserva alla protagonista Francisquita la parte vocale più ardua che Elisandra Melián disimpegna con facilità. A tratti scardinato il coro del Capitole, più precisa l’orchestra sotto la bacchetta di Josep Caballé Domenech.

Luisa Fernanda

Federico Moreno Torroba, Luisa Fernanda

★★★★☆

Madrid, Teatro Real, luglio 2006

(registrazione video)

L’ultima romantica zarzuela grande

Dalla prima del 26 marzo 1932 al Teatro Caldeón di Madrid, Luisa Fernanda è andata in scena più di diecimila volte! I librettisti Federico Romero e Guillermo Fernández Shaw hanno fornito i testi di oltre 70 delle più importanti opere del novecento spagnolo, ma qui i loro personaggi si muovono con agio tra la sofisticata capitale e la semplice vita agreste, tra aneliti romantici e ripiegamenti melanconici, tra commedia elegante e aspirazioni rivoluzionarie.

La vicenda, ambientata nel 1868 allorquando il regime di Isabella II di Castiglia è minacciato da movimenti rivoluzionari repubblicani, è pretesto per una serie di momenti musicali e arie seducenti in cui la vena melodica la vince su sottigliezze armoniche e complessità compositive – l’orchestra quasi sempre si limita a raddoppiare con i suoi strumenti la linea di canto. Pur ridotti, i dialoghi parlati sono preminenti e in un certo modo rendono ancora più attese le suadenti melodie.

Atto I. Nella Plazuela de San Javier, la vita ruota intorno alla locanda gestita da Mariana. Luisa Fernanda, una bella e giovane ospite della locanda, è da tempo innamorata di Javier, un soldato che si considera il suo fidanzato, ma che viene a trovarla sempre meno, soprattutto dopo la sua promozione a colonnello. In un momento in cui Luisa Fernanda è andata in chiesa, appare Javier, solo per essere rimproverato da Mariana per la sua informalità. Come se non bastasse, Aníbal, un altro ospite della locanda, le fa un entusiastico ma sconclusionato discorso liberale, ideologia di cui è un fervente seguace. Quest’ultima conversazione finisce quando Aníbal si rende conto che la duchessa Carolina, che vive di fronte alla locanda e ha un’ideologia dichiaratamente monarchica, è alla finestra e potrebbe sentirli. Mariana preferirebbe che Luisa Fernanda, invece di continuare a seguire Javier, si occupasse delle richieste di Vidal Hernando, un ricco possidente dell’Estremadura che la desidera, anche se è molto più vecchio di lei. Luisa Fernanda non cede e dice a Vidal che è innamorata di un altro uomo. Vidal non perde la speranza e quando apprende da Aníbal che Javier potrebbe abbracciare la causa liberale, si dichiara monarchico, meno per convinzione personale che per inimicarsi il suo antagonista. Javier ritorna di nuovo alla ricerca di Luisa Fernanda, ma incontra Carolina che, con le sue arti e il suo fascino, lo allontana da Luisa e lo attrae alla causa monarchica. Nogales, Aníbal e Vidal si stupiscono di ciò, e quest’ultimo cambia prontamente idea, dichiarandosi liberale. Luisa Fernanda sviene quando lo scopre, non a causa della politica, tra l’altro.
Atto II. Sul Paseo de la Florida, vicino alla cappella di San Antonio e al chiosco di Bizco Porras, Mariana e Rosita hanno allestito un tavolo durante la festa di San Antonio. L’atmosfera è festosa, e molte giovani ragazze vengono all’eremo con l’idea di trovare un fidanzato. Javier e Carolina vi appaiono, in chiara sintonia politica e romantica. Mariana, una chafardera, non perde tempo a mettere al corrente Luisa Fernanda e suo padre, Don Florito, di questo fatto. Nel frattempo, Bizco Porras si occupa degli affari e Aníbal è di poco aiuto. La duchessa si occupa del tavolo delle offe
rte e cerca anche di sedurre il nuovo arrivato Vidal, per attirarlo alla sua causa monarchica. Se la cava raccontando la storia di un uomo del suo villaggio che pensava di essere una rondine e cadde da un ramo mentre cercava di volare (chi pensa di essere qualcosa che non è, si schianta). Quando Luisa Fernanda e Javier finalmente si incontrano, Javier è geloso che lei sia seduta con Vidal e il suo atteggiamento la infastidisce così tanto che rompe la loro relazione e sceglie Vidal. La situazione è tesa tra i due pretendenti. Nel frattempo, la duchessa Caroline è insoddisfatta del ricavato del tavolo, così decide di mettere all’asta un ballo con lei tra i signori presenti. Vidal vince l’asta con una forte offerta rispetto a quella precedente di Javier, ma poi cede offensivamente la danza vincente a lui. Questo ha appena fatto arrabbiare Javier, al punto che lancia il suo guanto a Vidal. Quest’ultimo lo raccoglie, ma rimanda la disputa ad un altro momento. Pochi giorni dopo c’è uno scoppio rivoluzionario, al quale partecipano Nogales, Aníbal e Vidal Hernando della parte liberale. Mariana e Luisa Fernanda sono rimaste a recitare il rosario alla locanda. Nonostante il coraggio di Vidal, i ribelli sono pochi e vengono presto sconfitti dall’esercito e Aníbal viene ferito. Javier cerca di arrestare Vidal per questi eventi, ma Luis Nogales si dichiara il capo degli insorti e viene arrestato. Luisa Fernanda vede Javier abbracciare Carolina, il che, insieme al coraggio dimostrato da Vidal, le fa finalmente accettare la sua proposta di matrimonio e trasferirsi in Estremadura.
Atto III. La Rivoluzione Gloriosa ha finalmente trionfato e l’azione si sposta a La Frondosa, la tenuta di Vidal Hernando in Estremadura, vicino a Piedras Albas (Cáceres), dove Luisa Fernanda e suo padre, così come Mariana e Aníbal, si rifugiano in attesa che le acque si calmino nella capitale. La regina è stata detronizzata. La duchessa Carolina è fuggita in Portogallo e Javier è scomparso, presunto morto nella battaglia di Alcolea. Vidal riceve complimenti e congratulazioni dai suoi contadini e c’è un grande senso di felicità nel prato. I preparativi per il matrimonio sono in pieno svolgimento e Aníbal viene mandato a prendere l’abito da sposa di Luisa Fernanda. Aníbal trova Javier vivo e lo porta nel prato. Anche se Luisa Fernanda insiste nel mantenere la sua parola e sposare Vidal, lui si rende conto che, nonostante la sincerità della sua volontà, lei non lo amerà mai veramente, poiché porta ancora nel suo cuore il vecchio amore per Javier. Vidal rinuncia quindi al matrimonio e dolorosamente permette al pentito Javier di portare finalmente via con sé Luisa Fernanda assieme al cuore spezzato di Vidal, del quale però la giovane donna non ha nulla da temere, perché “un cuore che perdona non è un pesante fardello”.

Musicalmente l’opera esprime gli ideali compositivi dell’autore, inseriti nel più ampio movimento del ‘casticismo’, il tentativo di promuovere la tradizione del nazionalismo popolare. Torroba si conferma comunque musicista internazionale: le sue melodie hanno sì la grazia dello spirito ispanico, ma anche della commedia viennese e del verismo italiano. La sua opera compositiva copre un arco temporale ragguardevole, dalla Virgen de mayo (1925) al Poeta (1980), composta alla bella età di 99 anni!

L’edizione dal teatro Real di Madrid è coprodotta con Washington e Los Angeles e porta le firme del regista Emilio Sagi, del direttore Jesús López Cobos e tra gli interpreti c’è un tale Plácido Domingo, i cui genitori parteciparono alle tournées che Torroba condusse nelle americhe negli anni ’30 e ’40.

Di ottimo livello gli interpreti: Mariola Cantarero (Duchessa Carolina), Nancy Herrera (Luisa Fernanda), José Bros (Javier Moreno), Raquel Pierotti (Mariana), ma l’attenzione è tutta puntata sulla star assoluta, quel Plácido Domingo che torna alle origini regalando al pubblico di Madrid la sua lussuosa giovanile presenza e la sua voce ancora gloriosa. Elegantissima la regia di Sagi, che si avvale di una scenografia tutta in bianco e nero come i costumi di Pepa Ojanguren.