Castor et Pollux

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 ★★★★☆

Spettacolo visivamente affascinante, ma algido

Produzione che segue quella dello Zoroastre con lo stesso direttore (Christophe Rousset), la stessa orchestra (Les Talens Lyri­ques), lo stesso regista (Pierre Audi) e lo stesso coreografo (Amir Hosseinpour). Registrazio­ne effettuata nel moderno Mu­ziektheater di Amsterdam nel gennaio 2008. Unica edizione in DVD di questo titolo.

Terza opera di Rameau dopo Hippolyte et Aricie e Les In­des Galantes, questa tragédie lyrique su libretto di Pierre-Joseph Bernard è del 1737, ma viene co­munemente data nella versione del 1754.

La storia dei due fratelli che vengono trasformati da Giove in una costellazione del firmamento non è di quelle che catturi­no la nostra passione e la regia astratta e minimalista non fa mol­to per renderci più parte­cipi della vicenda. Scene, costumi e luci citano infatti le stilizzate messe in scena di Robert Wilson delle opere di Gluck, eleganti e visivamente sugge­stive, ma non trasci­nanti emotivamente. Al lento incedere dei personaggi che attraversano il vuoto della enorme scena del teatro olandese (anche il bravissimo coro manca: canta nella fossa dell’orchestra) si contrappongono i mo­vimenti dei ballerini, con quei gesti a scatti cui ci ha abituato la mo­dern dance, ma che non sempre sono coerenti con i ritmi del­le ga­votte e dei menuet del compositore francese.

La musica è per di più solenne e il canto declamato, ma nel­la partitura non mancano momenti di grande lirismo, special­mente nelle arie dei personaggi femminili, qui egregiamente so­stenuti da due interpreti, Anna Maria Panzarella e Véronique Gens, che però, come ha già fatto notare qualcuno, avrebbero dovuto scambiarsi i ruoli. Nobile ed espressiva la voce del Pollux di Henk Neven, men­tre quella del Castor di Finnur Bjarnason è monotona, urlata e di incerta dizione. Buoni gli altri interpreti e la direzio­ne orchestrale.

Tra il pubblico si vede la Regina Beatrice d’Olanda.

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