★★★☆☆
No, non è il Flauto Magico
Vicenda di ambiente massonico su libretto di Louis de Cahusac in cui le forze delle luce combattono contro quelle delle tenebre, ma alla fine queste ultime soccombono e Zoroastre/Sarastro riprende il suo legittimo potere. No, non si tratta del Flauto magico, anche perché l’opera di Rameau viene rappresentata, nella sua versione definitiva, nel 1756, l’anno della nascita di Mozart! Si può dire che in musica Rameau, con le sue frequentazioni di Voltaire e Diderot, stia al fiorire dello spirito illuminista come Mozart, con la sua morte a pochi anni dalla Rivoluzione Francese, al suo epilogo. È lo Zeitgeist, baby.
Per la registrazione nel luglio 2006 di questo DVD abbandoniamo i velluti e gli ori del Palais Garnier per trasferirci nell’intimità legnosa e un po’ freddina del teatrino di Drottningholm a Stoccolma. Alla testa dei Talens Lyriques Christophe Rousset fa rimpiangere la verve e lo smalto delle direzioni di William Christie, che ha registrato l’opera su CD per Erato. Gli strumenti hanno un suono soffocato e un’intonazione precaria. Zoroastre è comunque una tragédie lyrique e non lascia troppo spazio al divertimento: la musica qui è solenne, il canto declamato, i cori maestosi. La prima aria vera e propria, l’air gracieux «Non, non une flamme volage», la sentiamo cantare solo dopo una ventina di minuti dall’inizio dell’opera.
Non eccelsi i cantanti, soprattutto nel reparto maschile. Assenza di musicalità, dizione e intonazione inaccettabili nella voce dell’Abramane di Evgueniy Alexiev: è una pena per le orecchie tutte le volte che entra in scena e, ahimè, in scena ci sta molto. Bella presenza, ma voce acerba quella dello svedese Anders J. Dahlin, nel ruolo del titolo. Brava invece Anna Maria Panzarella che nella parte di Erinice, la Regina della Notte della situazione, mostra senso del teatro e musicalità soprattutto nell’intensa scena che apre il quinto atto. Sine Bundgaard, come Amélite, dipana le sue volate virtuosistiche con precisione, ma senza troppa convinzione.
La scelta registica di Pierre Audi è molto semplicista: bianchi i buoni, neri i cattivi, distinzione manichea che non lascia spazio a un particolare approfondimento psicologico dei personaggi. Affascinato dalle macchine sceniche del meravigliosamente conservato teatrino settecentesco, Audi adatta la sua messa in scena alle loro possibilità, ma niente più. Senza fondali, il palcoscenico è nudo, c’è solo il gioco delle luci, una botola nel pavimento e nuvole di cartapesta. Grandguignolesca e da Thriller (quello di Michael Jackson) la visualizzazione della “messe noire” del quarto atto.
Ricchi i serici costumi d’epoca, mentre i movimenti coreografici firmati da Amir Hosseinpur sono un ibrido tra pop e classico rivisitato.
Il regista video non ci risparmia riprese dal fondo della scena, da dietro le quinte, dall’alto dei praticabili, dalle postazioni dei macchinisti, ralenti e altri effetti spesso gratuiti e importuni.
Non molto informativi gli extra nel secondo disco, ma fanno luce sulle scelte del coreografo che definisce la musica di Rameau il rock-and-roll del XVIII secolo. Due tracce audio e sottotitoli in cinque lingue.
⸪