L’amore delle tre melarance

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★★★★☆

Una fiaba gioiosa

Sebbene la traduzione letterale dall’originale russo (Любовь к трём апельсинам) sia L’amore per le tre arance, è consuetudine qui in Italia chiamare l’opera di Prokof’ev con il titolo della fiaba teatrale di Carlo Gozzi del 1761 da cui è tratta, L’amore delle tre melarance. Altre sue fiabe, Turandot e La donna serpente, saranno fonti di ispirazione per musicisti del novecento come Puccini, Busoni e Casella.

Nel 1921, anno della prima dell’opera, il compositore russo si trovava negli Stati Uniti da tre anni per cercare fortuna come pianista e come compositor. E in tale veste si presentò al pubblico di Chicago con questo lavoro tratto dalla versione di Mejerchol’d della fiaba di Gozzi. Il libretto in lingua francese è dello stesso musicista e nel 1926 verrà ritradotto in russo per il debutto a Leningrado.

Quella di Prokof’ev è «un’opera tutta visiva e gesticolante, per non poca parte assai vicina al balletto e alla pantomima […] Il filo rosso dell’opera è in mano all’orchestra, un’orchestra mobilissima, sfaccettata all’estremo, piegata alle più diverse e contrastanti necessità, ora sinfoniche, ora descrittive (come in tutto il Prologo), fino alla evocazione o alla pittura musicale di gesti e situazioni (il gioco delle carte, la maledizione di Fata Morgana, le metamorfosi delle melarance)» (Sergio Sablich).

Prologo. I Comici, i Lirici e le Teste vuote discutono sullo spettacolo che sta per iniziare, ma intervengono gli Originali a proclamare che l’autentico teatro è quello che ora si rappresenterà. Per tutta la durata dell’opera i vari gruppi corali resteranno in scena intervenendo nell’azione, talvolta in modo risolutivo.
Atto primo. Nel palazzo del Re di Fiori il principe ereditario soffre di ipocondria: i medici affermano che guarirà solo se riuscirà a ridere. Pantalone allora propone che si proclamino feste e mascherate per risollevare l’animo dell’erede. Il mago Celio gioca a carte con la fata Morgana la sorte del principe, ma è sconfitto. Intanto la nipote Clarissa e il primo ministro Leandro tramano contro il principe per succedergli al trono. Leandro si propone di aggravare la sua ipocondria con un metodo infallibile: inondandolo di prosa ampollosa e tragica, Clarissa invece preferirebbe ricorrere al veleno o a una pallottola. Alla loro congiura si unisce la serva Smeraldina.
Atto secondo. Truffaldino ha finalmente convinto il principe ad assistere alle feste di corte. Sopraggiunge Morgana, travestita da vecchia signora. Truffaldino riconosce la fata e la scaccia, ma questa inciampa e cade a gambe levate suscitando le sospirate risa del principe. Ma presto l’allegria è raggelata dalla maledizione che la fata gli lancia: stregato dall’amore impossibile per tre arance e prigioniero della maga Creonta il principe dovrà liberarle se desidera avere pace.
Atto terzo. Nel deserto il principe e Truffaldino vagano alla ricerca delle tre arance. Celio consegna loro un nastro magico e li ammonisce di aprire le arance solo in presenza di acqua. Trasportati dal diavolo Farfariello nel castello della maga Creonta qui rubano tre grosse arance e fuggono. Nel deserto Truffaldino è tormentato dalla sete e approfittando del sonno del principe apre una delle arance, che nel frattempo sono diventate enormi. Ne esce Linetta che chiede da bere oppure morirà. Disperato Truffaldino apre la seconda arancia da cui esce Nicoletta. Entrambe le fanciulle muoiono. Al risveglio il principe apre la terza arancia, esce Ninetta, la più bella delle tre, che sarebbe destinata a sicura morte se non intervenissero gli Originali con un provvidenziale secchio d’acqua. Ninetta e il principe si abbandonano a un duetto d’amore che entusiasma i Lirici. Alla ricerca di un abito adatto per presentarla a corte, il principe lascia Ninetta sola nel deserto in balia di Morgana e Smeraldina la quale tramuta la fanciulla in un ratto e si sostituisce a lei nell’incontro col re. Il principe si rifiuta, ma il re lo obbliga a rispettare la parola regale e sposare Smeraldina.
Atto quarto. Celio e Morgana si scontrano di nuovo e con l’aiuto degli Originali la fata è rinchiusa nella torre. Giunge il corteo reale e si scopre che sul trono c’è un grosso topo che Celio ritrasforma in Ninetta. La congiura è smascherata e si possono finalmente festeggiare le nozze dei principi.

La registrazione si riferisce all’edizione rappresentata nel 2005 ad Amsterdam con la messa in scena di Laurent Pelly e nell’originale lingua francese. Come sempre nel caso di Pelly la regia qui è più che mai fatta sulla musica. Un esempio è il capolavoro della breve “scena infernale” della partita a carte tra il mago Celio e la fata Morgana: ogni motivo, ogni svolazzo della rutilante orchestra ha il suo corrispettivo visivo. I personaggi della fiaba di Gozzi hanno la bidimensionalità delle carte da gioco e su questa idea si basa la coloratissima e mobile scenografia di Chantal Thomas, con continue deliziose invenzioni.

La spumeggiante partitura è degnamente sostenuta dalla direzione orchestrale di Stéphane Denève e dal nutrito cast che comprende interpreti di sicuro mestiere: dall’anziano Alain Vernhes, Re di Fiori, alla Sandrine Piau, principessa Ninetta, dall’esuberante Anna Shafajinskaja, Fata Morgana dalle fattezze suine, alla tremenda cuoca armata di mestolo e con la voce da basso di Richard Angas, passando per François Le Roux, Sergej Khomov, Sir Williard White etc. Non memorabile invece il principe ipocondriaco di Martial Defontaine.

Come bonus un’introduzione all’opera, interviste e galleria degli interpreti. Sottotitoli anche in italiano.

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