Aleko / Francesca da Rimini

aleko

Sergej Rachmaninov, Aleko

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Sergej Rachmaninov, Francesca da Rimini

★★★☆☆

Nancy, Opéra National de Lorraine15 febbraio 2015

(live streaming)

Triangoli tragici

Da Carmen a Pagliacci a Il tabarro sembra che tra i nomadi i rapporti matrimoniali non siano destinati a durare molto: c’è sempre un elemento perturbatore, in genere giovane e bello, che viene a solleticare le voglie insoddisfatte della moglie. Aleko non fa eccezione. Fra le povere roulotte e le vecchie Citroën si è spento l’amore per Aleko di Zemfira a causa di un terzo uomo – non ha neanche un nome: è il “giovane zingaro” – e la furiosa vendetta del marito geloso non si fa attendere.

Scritta nel 1892 come saggio di fine corso al conservatorio di Mosca, l’atto unico del diciannovenne Rachmaninov è su libretto di Nemirovič-Dančenko tratto da Cygany (Gli zingari) che Puškin aveva scritto a Odessa e poi fatto pubblicare nel 1827. Rappresentato con successo un anno dopo al Bol’šoj, ebbe però la consacrazione nel 1903 quando un giovane Fëdor Šaljapin farà del ruolo di Aleko uno dei suoi cavalli di battaglia.

Ai toni da opera verista (in fondo il periodo è quello) sono contrapposti i cori (molto russi!) di cui l’atto unico è ricco e la melodizzazione esotica dell’accompagnamento orchestrale – l’azione e il tempo non sono determinati, ma il lavoro di Puškin è ambientato in Bessarabia. La regia di Silviu Purcărete prende toni felliniani e le danze non sono affidate ai gitani bensì ai saltimbanchi e all’orso, personaggio quest’ultimo che punteggia tristemente la vicenda. Eccellente per proprietà vocale e intensità espressiva è Alexander Vinogradov, un Aleko cui Rachmaninov regala una grande aria, un pezzo che viene spesso cantato in concerto dai grandi baritoni di oggi, da Il’dar Abdrazakov a Dmitri Hvorostovsky.

Aleko è spesso abbinato, poco opportunamente, alla Iolanta di Čajkovski. Qui invece è il primo pannello di un dittico tutto Rachmaninov essendo Francesca da Rimini la seconda parte della serata. L’accostamento ci fa apprezzare da vicino la maturazione artistica del compositore da epigono di Čajkovski a un più personale e moderno stile musicale. Altra storia di triangolo amoroso che termina in tragedia su libretto di Modest Il’ič Čajkovskij fu scritta da Rachmaninov durante un suo viaggio in Italia ed è l’ultimo dei tre atti unici del compositore russo. Fu rappresentata nel 1906 assieme a Il cavaliere avaro.

La vicenda dantesca prevede due scene incorniciate da un prologo e un epilogo all’inferno. La lunga pagina orchestrale, un decimo della durata di tutta l’opera, con il coro che vocalizza ci introduce al girone infernale dove Dante e Virgilio incontrano gli amanti, Francesca ancora nel costume di Zemfira (è la stessa interprete, Gelena Gaskarova). Ricompare qui il marito vendicativo nella figura di Lanciotto, lo stesso Vinogradov, e si ripete l’assassinio della coppia.

Molto meno convincente l’allestimento di questo secondo atto unico, con quella danse macabre degli scheletri che più che Inferno dantesco ricorda un Halloween di periferia. La presenza di detti scheletri anche nelle due scene nel castello del Malatesta per mimare la vicenda di Ginevra e Lancillotto sembra poi inutile se non inopportuna, come il finale con l’arrivo all’inferno della Citroën, come se fosse così indispensabile dimostrare i parallelismi tra le due opere. La direzione orchestrale di Rani Calderon si adatta bene agli stili così diversi dei due atti unici, con un tocco particolarmente efficace negli ostinati e nella tensione del secondo.

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