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Alfredo Catalani, La Wally
★☆☆☆☆
Ginevra, Grand Théâtre, 24 giugno 2014
(live streaming)
Una stella. Alpina.
«La migliore opera italiana che abbia mai diretto». È di Gustav Mahler la stupefacente dichiarazione, in contraddizione con le incomprensioni di buona parte della critica dell’epoca – e di quella odierna. Anche Toscanini però la amava, tanto da chiamare Walter e Wally i suoi primi due figli.
Quinta e ultima opera di Alfredo Catalani, che morirà trentanovenne l’anno seguente, su libretto di Luigi Illica tratto dal mediocre romanzo di Wilhelmine von Hillern Die Geier-Wally (1875), il lavoro andò in scena alla Scala nel 1892. A parte i preludi orchestrali al terzo e quarto atto, solo l’aria «Ebben, ne andrò lontana» (questa sì quasi mahleriana), tratta dalla “Chanson Groënlandaise” composta da Catalani nel 1878 su versi di Jules Verne, si è imposta nella memoria del pubblico – anche grazie al film Diva (1981) di Jean-Jacques Beinex – e Wally, come La rondine di Puccini, è ancora oggi opera nota per una sola aria. La vicenda è squinternata (1) e l’opera proprio brutta: debole e senza ritmo sul piano drammatico è poco ispirata su quello musicale, a parte l’aria del soprano e i pezzi strumentali appunto.
Con la speranza di una sua eventuale rivalutazione, al Grand Théâtre di Ginevra va in scena questo allestimento poco convinto di Cesare Lievi con la direzione di Evelino Pidò, non sempre seguito a dovere dall’orchestra della Suisse Romande. Un Tirolo da illustrazione per ragazzi quello dello scenografo Ezio Toffolutti: cime innevate dipinte sullo sfondo, alberi ritagliati come nei libri pop-up, marionette di legno, orsi di peluche, brache di cuoio per gli uomini e grembiuloni per le donne. Il ghiacciaio è reso con uno scivolo e un telo bianco, la valanga la solita nebbiolina di ghiaccio secco.
Nel ruolo titolare Ainhoa Arteta si adatta all’ingrata parte, ma la voce ha un eccessivo tremolo e utilizza mezzi espressivi esageratamente veristi – qualcuno ha notato che il suo «Lo voglio morto!» è più da terra di Sicilia che da Tirolo. Yonghoon Lee (Giuseppe Hagenbach) ha un accentuato timbro nasale che compromette addirittura la comprensibilità delle parole, ma non è questo il peggio. Il tenore coreano utilizza un canto di forza ingolato e monolitico che non conosce né sfumature né morbidezze. Dalla prima all’ultima non c’è frase che non sia berciata a squarciagola. Meglio gl’interpreti dei ruoli minori: Bálint Szabó, uno Stromminger inflessibile che però lascia presto la scena in quanto muore prima del secondo atto; Vitaliy Bilyy (Vincenzo Gellner) l’innamorato rifiutato da Wally; Ivanna Lesyk-Sadivska, patetico Walter en travesti.
(1) Gli avvenimenti narrati nel romanzo sono qui condensati in un libretto dai risvolti involontariamente grotteschi.
Atto I. Alto Tirolo, epoca 1800 circa. Il «giovane ardito» e arrogante Giuseppe Hagenbach, di ritorno dalla caccia in cui ha ucciso un orso, attacca e offende il vecchio Stromminger di cui si festeggiano i 70 anni. Arriva la figlia («strana creatura […] bizzarra fanciulla […] i lunghi capelli disordinatamente sciolti e intrecciati di edelweiss») che invece di prendere le difese del padre si innamora dell’energumeno. Intanto Vincenzo Gellner dichiara il suo sincero amore per Wally al padre il quale gli promette la mano della figlia. Questa però rifiuta e viene cacciata di casa. «Ebben, ne andrò lontana» canta la fanciulla che prende la strada della montagna.
Atto II. Stromminger è morto lasciando la ricca eredità a Wally che è ritornata in paese tutta agghindata per la festa del Corpus Domini. C’è anche Hagenbach che nel frattempo si è fidanzato con Afra. Ciononostante Wally gli dichiara il suo amore e Hagenbach, per vendicare la fidanzata che è stata offesa precedentemente da Wally, finge di ricambiare il suo sentimento e alla fine del ballo la bacia. Accortasi dell’inganno Wally medita vendetta e chiede nientemeno che Gellner lo ammazzi: in cambio sarà sua.
Atto III. Wally ritorna a casa in preda a opposti sentimenti mentre Gellner spinge in un burrone il rivale. A quel punto Wally accorre disperata sul posto e, realizzando improvvisamente di aver provocato la morte dell’uomo che ama, tenta di uccidere Gellner. Un lamento la riporta in sé: Hagenbach è ancora vivo. Calatasi con una corda, Wally porta in salvo l’amato che affida, insieme ai propri averi, alle cure di Afra. Poi si allontana un’altra volta sulle montagne.
Atto IV. Wally vive in una capanna e riceve la visita di Hagenbach, venuto a cercarla per dichiararle il suo amore. Wally è sorpresa e commossa. I due restano a lungo assorti nei loro progetti di vita futura e non si accorgono delle nubi minacciose che si addensano preparando una tempesta. Quando Hagenbach torna in sé si avvede del pericolo e cerca una via di scampo, ma una valanga lo travolge. Wally, disperata, si getta anche lei nel burrone.
⸪