Amadigi di Gaula

foto © Alciro Theodoro da Silva

Georg Friedrich Händel, Amadigi di Gaula

★★☆☆☆

Göttingen, Deutsches Theater, 19 maggio 2012

(registrazione video)

Amadigi, apoteosi della poetica degli affetti

Romanzo cavalleresco molto in voga nella penisola iberica nel XVI secolo, Amadis de Gaula ispirò la tragédie lyrique in cinque atti intonata da André Cardinal Destouches Amadis de Grèce (1699) che fu la fonte di ispirazione per Amadigi di Gaula (HWV 11), opera lirica “magica” in tre atti presentata al King’s Theatre di Haymarket il 25 maggio 1715. Il libretto di Antoine Houdar de la Motte fu adattato forse da Nicola Haym o da Giacomo Rossi per Händel. Le repliche arrivarono fino a luglio e l’ultima fu cancellata a causa del caldo. Ad Amburgo nei due anni seguenti ci furono 17 esecuzioni con il titolo Oriana. A Londra gli interpreti furono il castrato Nicolini (Amadigi), i soprani Anastasia Robinson (Oriana) ed Elisabetta Pilotti Schiavonetti (Melissa) e il contralto Diana Vico (Dardano). Ignoto il soprano interprete di Orgando.

Atto I. Amadigi, paladino, e Dardano, principe della Tracia, sono entrambi innamorati di Oriana, la figlia del re delle Isole Fortunate. Oriana nel suo cuore preferisce Amadigi. Attratta da Amadigi è anche la maga Melissa, che cerca di attirare il suo amore con vari incantesimi, suppliche e infine minacce. Amadigi affronta vari spiriti e furie, ma li respinge praticamente ad ogni turno. Una visione particolare alla “Fontana del Vero Amore”, tuttavia, di Oriana che corteggia Dardano sconvolge Amadigi, al punto che sviene. Oriana vede Amadigi prostrato, e sta per pugnalare sé stessa con la sua spada, quando Amadigi si sveglia e la rimprovera per il suo apparente tradimento. Egli cerca di uccidersi per il dolore.
Atto II. Ancora vivo, Amadigi continua a resistere alle profferte di Melissa la quale allora fa in modo che Dardano assomigli ad Amadigi, per ingannare Oriana. Oriana segue Dardano, col volto di Amadigi, per chiedere il suo perdono. Dardano esulta per l’attenzione di Oriana e in un momento impulsivo sfida Amadigi a singolar tenzone. Nel duello, Amadigi uccide Dardano. Melissa accusa Oriana di averle rubato Amadigi e invita gli spiriti oscuri ad aggredire Oriana, che resiste a tutti gli incantesimi di Melissa.
Atto III. Amadigi e Oriana sono stati imprigionati da Melissa. I due amanti sono disposti a sacrificarsi l’un per l’altro. Anche se desiderosa di vendetta, Melissa non può uccidere ancora Amadigi, ma lo tormenta prolungando il suo confinamento in catene. Amadigi e Oriana chiedono pietà a Melissa. Melissa evoca il fantasma di Dardano ad assisterla nella sua vendetta, ma il fantasma dice che gli dèi sono predisposti per proteggere Amadigi e Oriana e che le loro sofferenze sono quasi terminate. Respinta a tutti i livelli, dagli dèi, dagli spiriti degli inferi e da Amadigi, Melissa si toglie la vita, con un ultimo appello ad Amadigi a sentire un minimo di pietà per lei. A guisa di un deus ex machina, Orgando, zio di Oriana e lui stesso uno stregone, scende dal cielo su un carro e benedice l’unione di Amadigi e Oriana. Una danza di pastori e pastorelle conclude l’opera.

«Per alcuni aspetti la ricetta è la stessa di Rinaldo [HWV 7a] e Teseo [HWV 9], con una maga che insegue invano un eroe che ha interessi altrove. Ancora una volta la maga ha alcune belle scene e domina l’azione nell’ultimo atto, ma anche gli altri ruoli sono importanti. La concentrazione della forza drammatica è favorita dall’assenza di trame secondarie e personaggi minori: ci sono solo quattro personaggi principali. […] Il primo atto, sebbene contenga musica notevole, come “Oh notte” di Amadigi e “Ah! Spietato” di Melissa, è generalmente convenzionale ed espositivo e rimane tonicamente ancorato alle chiavi di Si♭ e sol, un modo che non sarà caratteristico del futuro Händel. Nell’atto secondo, tuttavia, una volta che i fili della trama iniziano a dipanarsi, la musica si sviluppa in intensità. […] Da allora in poi, con la musica e la vicenda in piena tensione, il dramma procede in grande stile». (Donald Burrows)

L’orchestra di Amadigi privilegia i fiati (2 flauti, 2 oboi, fagotto e tromba) tanto da anticipare in alcuni momenti la Water Music di due anni dopo, che in più avrà solo i corni. Dopo una pomposa ouverture alla francese e una gavotta, si succedono 23 arie (otto per Amadigi, sei per Oriana, cinque per Melissa e quattro per Dardano), 2 duetti, 2 sinfonie e un coro con balletto finale.

Tutta al femminile la produzione degli Händel-Festspiele Göttingen 2012. Non solo il cast vocale – due mezzosoprani per le parti maschili di Amadigi e Dardano, soprani per Oriane, Melissa e per il mago Orgando – anche la regista, la coreografa Sigrid t’Hooft.

I fantasiosi costumi sono gli unici punti su cui si può fermare lo sguardo in questo spettacolo: incorniciata da quinte dipinte, la scena si riempie di elementi bidimensionali ingenuamente realizzati. Gestualità di maniera, pose da statuine di biscuit e stucchevoli balletti compensano una totale assenza drammaturgica. L’intento vorrebbe essere quello della ricostruzione storica, ma qui siamo a un modesto livello amatoriale e l’operazione avrebbe senso se ci fossero interpreti che dessero significato a un testo oggi improponibile o stupissero con sorprendenti agilità vocali, ma non è questo il caso. Neanche quel finale secondo con l’aria «Desterò dall’empia Dite» (bis tra i preferiti di Cecilia Bartoli) è convincente. Le cantanti si dimostrano volonterose e la direzione di Andrew Parrott corretta, ma niente più.

 

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