Gianni Schicchi

Il regista Woody Allen durante le prove della produzione del 2008

Giacomo Puccini, Gianni Schicchi

★★★☆☆

Los Angeles, Dorothy Chandler Pavilion, 24 settembre 2015

(registrazione video)

Il Gianni Schicchi mafioso di Woody Allen

Applausi a scena aperta da parte del pubblico per la scenografia di Santo Loquasto dell’allestimento del 2008 di Woody Allen ripreso nell’ottobre 2015. Siamo vicini a Hollywood, infatti, e il direttore generale della Los Angeles Opera, Plácido Domingo, si riserva il ruolo titolare in questa prima parte di un double bill che nella seconda recupera la vecchia regia di Zeffirelli per Pagliacci in cui l’inossidabile ex-tenore scende in buca a dirigere l’orchestra. Il tutto per celebrare i trent’anni della compagnia.

Una Firenze da cartolina in bianco e nero fa da sfondo a una scena affollata che richiama più un basso napoletano del dopoguerra che non un palazzo fiorentino del ‘300. La ‘buatta’ per la pasta, i fiaschi di vino, i santini alle pareti: siamo in un film neorealista e Gianni Schicchi è un camorrista in completo gessato mentre sua figlia è una Lauretta molto poco ingenua che sotto l’abito provocante tiene un coltello nel reggicalze. La regia da Napoli milionaria del cineasta americano, ripresa da Kathleen Smith Belcher, non si risparmia nelle trovate: il testamento viene trovato al fondo del pentolone degli spaghetti; il morto viene usato come mendicante e recupera pure qualche moneta nel barattolo; i testimoni sono uno cieco e l’altro addormentato («testes viderunt» annuncia imperterrito il notaio). Alcune sono esilaranti, come il rumore del coltello affilato sulla ringhiera da Gianni Schicchi che ricorda il taglio della mano previsto per i complici del misfatto, o il ruolo del piccolo Gheraldino. Altre sono discutibili: con lo stesso coltello la Zita nel finale ammazza lo Schicchi che ha appena il tempo di pronunciare le sue battute prima di stramazzare a terra tingendo quindi di macabro quella che era una scherzosa burla nelle intenzioni dell’autore.

Il direttore Grant Gershon tiene a bada quanto succede in scena con un cast di buoni caratteristi da cui emerge la Lauretta di Andriana Chuchman. Esperienza e presenza scenica compensano i fiati e le agilità vocali ormai compromesse del grande Plácido qui in un ruolo comico che non è molto nelle sue corde. Ma che importa, le ovazioni sono tutte per lui.

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