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Georg Friedrich Händel, Saul
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Vienna, Theater an der Wien, 16 aprile 2021
(diretta streaming)
Il Davide pasoliniano di Guth
È noto il motivo per cui Händel a un certo punto della sua carriera abbandona il teatro per scrivere soltanto oratorii. La sua ultima opera per le scene è Deidamia (1741) che ebbe due sole repliche dopo la prima: i gusti del pubblico stavano cambiando e le sue opere non incontravano più il favore di una volta. Händel non era certo un novizio nella forma oratoriale, nel 1707 in Italia aveva scritto Il trionfo del Tempo e del Disinganno, seguito subito dopo da La resurrezione mentre per il suo primo oratorio in inglese bisogna arrivare a Esther, abbozzato nel 1718 ma completamente rivisto nel 1732. Con Deborah e Athaliah Händel perfezionava il modello dell’oratorio con la sua alternanza di pezzi solistici (arie, spesso col da capo, duetti, trii), cori e interventi orchestrali (sinfonie). E sono stati i suoi oratori a farlo ricordare anche nell’Ottocento e buona parte del Novecento, quando le opere barocche, sue e dei suoi contemporanei, giacevano dimenticate nei manoscritti delle biblioteche. I testi sacri fornivano vicende di intrighi famigliari, gelosie, amori più o meno leciti, insensati furori, furiose vendette, elementi frequenti nella Bibbia quanto nella sceneggiatura di una moderna telenovela. Da qui la teatralità intrinseca di questa forma che sempre più spesso diventa spunto per una messa in scena, come è il caso di Claus Guth, che dopo il suo Messiah del 2009 produce un Saul con le scene e i costumi di Christian Schmidt e le luci di Bernd Purkrabek.
Nella drammaturgia di Yvonne Gebauer la storia narrata nel Primo Libro di Samuele diventa un tragico conflitto famigliare scatenato da Saul e dalla sua improvvisa avversione per il giovane David, effetto di una malattia degenerativa del vecchio re che soffre come Amfortas e come Lear cede alla pazzia di un odio insensato: il giovane che ha salvato il suo regno diventa una minaccia da reprimere nonostante gli sia stata promessa la figlia maggiore – che poi il giovane ami, ricambiato, la figlia minore e sia oggetto dell’attrazione dell’altro figlio Jonathan non fa che completare il quadro di conflittuali relazioni tra i famigliari di Saul. Come nel pasoliniano Teorema, tutti si innamorano di lui in famiglia. Nella sua lettura Guth non cela che l’attrazione sia anche ed esplicitamente sessuale.
Anche Saul ne è a suo modo affascinato, prima di capire che il giovane è una minaccia per il suo trono e la sua discendenza. La degenerazione mentale del re è evidenziata nella scena di Endor dove la strega, lo stesso personaggio che avevamo visto prima come domestica al servizio della famiglia, fa stendere il vecchio su un lettino da ospedale e il suo colloquio con il fantasma di Samuele diventa un colloquio con il sé stesso sdoppiato. Gli stessi segni della malattia di Saul si vedranno sul giovane David appena incoronato: è dunque la degenerazione del potere alla base del male che affligge l’uomo.
Diversamente dalla lettura di Barrie Kosky a Glyndebourne, il Saul di Guth è ambientato in epoca contemporanea. Una struttura rotante fornisce i diversi ambienti e con il suo movimento accentua l’aspetto cinematografico della ripresa video. Passiamo quindi da un ambiente piastrellato sulla cui parete Saul scrive il suo nome con la terra (come farà David alla fine) per trovarselo poi scritto col sangue, alla sala da pranzo, a quella del trono agli astratti esterni col popolo.
Si tratta di una ripresa dello spettacolo del 2018. Allora fu diretto da Laurence Cummings, ora alla testa della Freiburger Barockorchester Christopher Moulds concerta magistralmente strumentisti e cantanti in un perfetto equilibrio fonico, con tempi efficaci e grande cura dei colori orchestrali spiegati in tutta la loro varietà. Svetta come sempre il Coro Schöhnberg impegnato in dodici degli 86 numeri musicali: vocalmente e scenicamente dimostra una perfezione difficile da riscontrare in altri ensemble corali.
Florian Boesch è un Saul attorialmente eccezionale che supera a pieni voti l’impegnativa ripresa filmica fatta di insistiti primi piani e vocalmente mostra una grande autorevolezza. Gli è antagonista il giovane, atletico, sensuale David di Jake Arditti, controtenore dalle solide agilità vocali che convince nel passare dalla figura di semplice pastore dai modi rustici a tavola (su cui posa con noncuranza la testa del gigante Golia) all’accettazione del potere dopo aver vissuto grandi sofferenze e pericoli. Giulia Semenzato è una deliziosa Michal che contrasta efficacemente con la nevrotica sorella Merab affidata alle espressive doti di Anna Prohaska. Completa il terzetto di fratelli il Jonathan di Rupert Charlesworth, che delinea con grande sensibilità sia la sua infatuazione per il giovane di Betlemme sia la sua combattuta fedeltà al padre che gli chiede di ucciderlo. A un livello inferiore per qualità vocale e interpretativa il tenore David Webb che impegna i tre ruoli di Grande Sacerdote, Abner e Doeg. Andrew Morstein è l’Amalekita che paga con la morte il suo annuncio della disfatta di Saul. Poche le battute della strega di Endor, ma memorabili in bocca al controtenore polacco Rafał Tomkiewicz, ammirato prima come inquietante presenza muta.
La magnifica ripresa video di Arian Andiel è destina allo streaming, essendo il Theater an der Wien chiuso al pubblico per la pandemia di Covid-19.
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