Concerto di Pasqua della OSN RAI

foto © PiùLuce/OSN Rai

Richard Wagner

Lohengrin, preludio atto I

Tannhäuser, preludio

Tristan und Isolde, Preludio e morte di Isotta

Parsifal, incantesimo del venerdì santo

Götterdämmerung, immolazione di Brunidle

Fabio Luisi direttore, Gun-Brit Barkmin soprano

Torino, Auditorium RAI Arturo Toscanini, 6 aprile 2023

Pasqua wagneriana con Luisi

Se Beethoven andava bene per il concerto di Natale, perché non Wagner per quello di Pasqua? Almeno qui però c’è un brano che è legato alla festività: quell’incantesimo del venerdì santo che costituisce la pagina più intensa dell’ultima opera di Wagner. Nel corso della serata si ascolteranno pagine appartenenti all’intera sua più significativa carriera compositiva: dal 1845, inizio della scrittura del libretto del Lohengrin, al 1882, prima del Parsifal.

Finalmente Fabio Luisi è sul podio che aveva dovuto disertare a Natale per motivi di salute. Il Direttore Emerito è in un repertorio a lui congeniale e si sente subito dall’attacco del Vorspiel del Lohengrin, con quegli accordi appena percepibili, primi suoni di un unico immenso crescendo giocato sulle polifonie magnificamente eseguite dall’orchestra. Ecco, se proprio si vuole fare un appunto, le note avrebbero una purezza ancora maggiore se eseguite dagli archi con la stessa arcata, ma forse è pretendere troppo.

Il Tannhäuser è un’opera che mette insieme tre elementi diversi: l’antico torneo poetico della Wartburg (il palazzo-fortezza dei Langravi della Turingia), con la leggenda di Tannhäuser e del suo viaggio al Venusberg (una caverna sui monti Hörselberg) e la figura di Elisabetta di Ungheria, venerata come santa dalla Chiesa di Roma. Anche l’ouverture vive di diversi elementi contrapposti ma anche interconnessi: il solenne coro dei pellegrini, che ricorda la preghiera del Rienzi, che incarna l’austero mondo della penitenza; il tema febbrile e sensuale del Venusberg; il mondo di purezza e castità di Elisabetta. I diversi colori sono resi con sapienza e grande gusto strumentale dalla concertazione di Luisi.

Dopo il Lohengrin si ritorna allo struggente desiderio di un amore impossibile con gli accordi iniziali del Tristan un Isolde, la leggenda bretone dei due infelici amanti che rispecchiava la borghese sbandata vissuta dal compositore per la moglie del suo ospite, il commerciante Otto Wesendonck, nella primavera del 1858. E il completamento della partitura a Venezia più che dal desiderio di un ambiente romantico per la scrittura del lavoro era dettato dalla opportunità di allontanare i due amanti prima che lo scandalo deflagrasse. In questa Einleitung (introduzione, qui non è un preludio come per il Lohengrin, o un’ouverture come per il Tannhäuser) che ci introduce alla nave in viaggio, la musica si ferma alcune volte come se gli strumenti avessero paura, lunghe pause di silenzio amplificano la tensione che sfocia poi in temi languidi e appassionati, specchio degli animi sconvolti della coppia. La scena finale dell’opera è una trasfigurazione della donna come una santa in estasi: l’orchestra distende una musica tranquilla che quasi dimentica le spinte passionali dei momenti d’amore e si sviluppa in una lenta agonia.

Tutt’altro tono è quello dell’Incantesimo del Venerdì santo, la pagina del Parsifal più vicina a quel mondo bruckneriano prediletto dal maestro ligure che qui affronta lo specifico tono sonoro di questo lavoro destinato al nuovo teatro fatto costruire da Wagner. Un suono diverso che non è facile ottenere al di fuori del contesto in cui è stato concepito, ma questa volta anche lontano da Bayreuth nella sala dell’Auditorium Arturo Toscanini le note intrise di misticismo di questa pagina hanno trovato una realizzazione efficace.

Il concerto termina in maniera colossale con il finale della terza giornata della saga del Ring. La pira dell’eroe Sigfrido, l’immolazione di Brunilde a cavalo del suo destriero, le fiamme che lambiscono e poi incendiano il Walhalla, le acque del Reno che salgono… Mai crepuscolo fu più drammaticamente grandioso di questo e la musica raggiunge effetti inusitati. Il rischio in questa pagina è quello di perdere di vista il complesso intreccio degli infiniti Leitmotive che ricorrono in questo finale per puntare a una esteriore monumentalità e spettacolarità, ma questo non succede nella direzione di Luisi che riesce a sviluppare con chiarezza i diversi temi fino al finale che si spegne nel silenzio, come nel silenzio era iniziato, quasi diciassette ore prima, Das Rheingold. Nella conclusione di questa intensa serata si ascolta il soprano Gun-Brit Barkmin, cantante molto espressiva anche se non di grande proiezione vocale, che si è fatta notare per i due outfit con cui si è presentata: in abito meringa/mongolfiera bianca prima come Isotta, in pelle nera sadomaso poi come Brunilde.

Chissà quando la RAI riprenderà nei suoi cartelloni l’esecuzione di un’opera in forma di concerto invece di un pot-pourri di brani sciolti, soprattutto per serate speciali come questa. Una consuetudine molto apprezzata nelle stagioni a.C., anti Covid. Ora che l’affollamento sulla scena non è più un problema, si gradirebbero esecuzioni più strutturate, non solo opere, ma anche messe ed oratori che è sempre più difficile ascoltare nei luoghi di culto cui sarebbero destinati.

Pubblicità