Der Freischütz

 

Carl Maria von Weber, Der Freischütz

★★★★☆

Amsterdam, Muziektheater, 14 giugno 2022

(video streaming)

Weber, Webber o Waits? Der Freischütz di Serebrennikov è un po’ di tutto questo

Mettere in scena Der Freischütz pone due problemi di fondo: primo, rendere credibile l’ingenua vicenda così impregnata dello spirito romantico del suo tempo; secondo, gestire i dialoghi parlati in tedesco, un ostacolo non di poco conto al di fuori di Germania e Austria.

Già Dmitrij Černjakov a Monaco ne aveva proposto una lettura tutt’altro che tradizionale, ma ora un altro russo, Kirill Serebrennikov, taglia di netto il nodo gordiano della questione con uno spettacolo che dell’opera di Weber mantiene solo l’ouverture e le parti cantate. I dialoghi vengono riscritti, c’è un nuovo personaggio e sono inseriti numeri di The Black Rider, il lavoro sullo stesso soggetto scritto da Tom Waits. L’idea che essendo il Singspiel un insieme di musiche legate da dialoghi parlati, come lo sono i musical, ha ispirato il lavoro di Serebrennikov in una direzione completamente diversa dal solito cambiandone la drammaturgia ed ecco che Weber diventa Webber: da una porticina di proscenio esce un “tipo in rosso”, un diavolo mattacchione che pensava di essere sul set di Cats di Webber e invece si trova nella sala dove si prova l’opera di Weber. Qui inizia il suo intervento: prima utilizza la musica dell’ouverture come un teaser (possibile che in italiano non ci sia un corrispettivo soddisfacente di questa parola?) per riassumere la storia, poi prende in mano a suo modo la vicenda, che riguarda l’eterna tentazione di cercare una scorciatoia, una via facile e breve per avere successo nella vita. Ecco allora un’opera sul mondo dell’opera dove la fanno da padrone le rivalità tra cantanti, le invidie, le superstizioni e le paure – di perdere la voce, di sbagliare le note, di non avere successo, di essere dimenticati. Come Max anche i cantanti devono centrare il bersaglio, la nota, e se sbagliano rischiano di perdere tutto. E nella vicenda le pallottole sono sette, proprio come le note e chi non vorrebbe la pallottola magica per far fuori gli avversari!

Il “tipo in rosso” è una specie di intermediario tra il palcoscenico e il pubblico: spiega ciò che sta accadendo e collega la storia originale dell’opera e la musica di Weber alla nuova trama. Ma sollecita anche le reazioni degli interpreti, che in brevi monologhi parlati in cui si rivolgono direttamente al pubblico, condividono cose intime e private. Sulla scena noi non vediamo i personaggi bidimensionali di Max, Agathe, Caspar… ma i cantanti in carne e ossa con le loro vere personalità. Ecco quindi il soprano geloso dell’altro soprano (anche Weber però: due soli ruoli femminili e due soprani!); il baritono che ha faticato per uscire dal coro e che sarà dannato a ritornarci, e sarà quello il suo inferno; il tenore in crisi, occhialuto, imbranato, che per di più non è sexy, mentre i baritoni hanno addirittura un sito tutto per loro, BARIHUNKS! Al posto della religione è la musica la vera fede dell’interprete di Agathe che fa di tutto per la musica e la carriera. E poi c’è l’ironia, veicolata dalle battute dell’irriverente personaggio in rosso e dalle tre canzoni da lui cantate di The Black Rider, una per ogni atto, accompagnate da un’orchestrina jazz in scena. Anche visivamente la sua figura e i colori primari di certi momenti ricordano l‘indimenticabile spettacolo di Bob Wilson.

È la prima volta che l’opera di Weber viene messa in scena ad Amsterdam e se la vicenda magica è accantonata, la musica e il canto rimangono e qui un cast di ottimo livello non ci priva delle splendide melodie che conosciamo. I migliori sono il basso-baritono Günther Groissböck, un magnifico Caspar/Eremita di grande presenza vocale e scenica, e il soprano Ying Fang, una Ännchen dalle agilità e dagli acuti sicuri, timbro luminoso e attrice vivace. Il baritono Michael Wilmering come Killian dimostra le sue capacità vocali assieme ai suoi disinibiti racconti erotici e ad alcune mosse acrobatiche pre presentarsi alla fine come nobile Principe Ottokar. Benjamin Bruns impersona con efficacia il tenore affetto da terrore del palcoscenico ma che riesce a offrire le note giuste nel ruolo di Max. Primadonna amante dei bei vestiti, Johanni van Oostrum fornisce una lirica versione di Agathe.

Il simpatico attore americano Odin Lund Biron, l’interprete principale del film La moglie di Čajkovskij che Serebrennikov ha presentato in concorso al recente Festival del Cinema di Cannes, è il “tipo in rosso”: cappello e stivali da cowboy, capelli e unghie rosse, recita, canta e si muove con molta destrezza  interloquendo spesso col ventiseienne Patrick Hahn, forse il più giovane direttore in Europa, che alla guida della Royal Concertgebouw Orchestra riesce a mantenere i nervi saldi in questa particolare situazione offrendo per di più una bella lettura della partitura, dettagliata e piena di colori. Sua è anche la parte parlata di Samiel, il personaggio più temuto dai cantanti per il potere delle sue scelte. Ottimo il coro del teatro guidato da Lionel Sow.

Il regista russo firma le scenografie e assieme a Tanya Dolmatovskaya anche i costumi mentre è di Franck Evin il gioco luci. Della impenetrabile foresta qui c’è solo una gigantografia, l’atmosfera misteriosa della tana del lupo è resa ironicamente con una macchinetta dei fumi, i costumi sono di tutti i giorni oppure “da concerto”, gli uomini in smoking, le donne in lungo. Esule in Germania dopo aver ottenuto il permesso di lasciare la Russia, Serebrennikov metterà in scena uno spettacolo al Festival di Avignone mentre le sue precedenti produzioni di Nabucco, Così fan tutte e Parsifal saranno riprese in autunno rispettivamente ad Amburgo, Berlino e Vienna.

Il video streaming di Der Freischütz è al momento disponibile su OperaVision.

 

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