
★★☆☆☆
Il diavolo in soffitta
Terza opera pervenutaci completa delle sei di Carl Maria von Weber e prima del romanticismo tedesco e della sua identità nazionale (secondo Adorno ancor più dei Meistersinger von Nürnberg di Wagner) è Der Freischütz, malamente tradotto in italiano come Il franco cacciatore su modello del francese franc-tireur (quando però i francesi chiamano l’opera Le Freischütz!), ma che sarebbe sarebbe più giusto tradurre letteralmente come Il tiratore libero. (1)
Vivace è la rappresentazione della dimensione sovrannaturale e misteriosa tipica del primo romanticismo, ma nonostante le sue audaci innovazioni (e i conseguenti feroci attacchi della critica), l’opera divenne presto un successo internazionale, con circa cinquanta repliche nei primi 18 mesi dopo il debutto il 18 giugno del 1821 allo Shauspielhaus di Berlino.
Il libretto di Friederich Kind è tratto dal primo dei racconti del Gespensterbuch (Il libro degli spiriti) di Johann August Apel e Friedrich Laun, raccolta basata su leggende popolari tedesche.
Il giovane cacciatore Max perde ignominiosamente nella gara di tiro con il campione Kilian che lo prende spietatamente in giro. Il problema è che l’indomani Max dovrà vedersela con una gara ben più importante che ha come premio la mano di Agathe cui è promesso sposo. Per non perdere questa opportunità si affida ai servigi dell’ambiguo Kaspar che gli promette proiettili infallibili fusi di notte nella foresta durante un rito satanico. Max acconsente, ma non sa che dei sette proiettili l’ultimo è di proprietà del perfido Samiel (il Cacciatore Nero, che tiene in schiavitù Kaspar) ed è destinato a colpire l’amata. Succederebbe ciò infatti, se la ghirlanda da sposa di Agathe fatta di rose benedette non deviasse il proiettile che uccide invece Kaspar. Max sarebbe bandito per sempre dal paese se un eremita non venisse a far concludere meno tristemente la storia.
Il DVD contiene la registrazione della produzione del 1999 alla Staatsoper di Amburgo. La direzione senza infamia e senza lode è di Ingo Metzmacher, mentre la messa in scena si deve a Peter Konwitschny.
Molto ben riuscita nella sua vivacità la scena iniziale in cui tutti si fanno beffe dello sfortunato Max, mentre poco convincente risulta la scena dell’orrido del lupo che non ha nulla di spaventevole, ambientata com’è in una specie di soffitta o trovarobato e infatti il pubblico in teatro accoglie con una certa freddezza la fine dell’atto.
L’interprete di Max è il tenore Jorma Silvasti, voce chiara e intonata ma con un fastidioso vibrato che sembra dettato dalla paura della parte. Ben più solido il Kaspar di Albert Dohmen che porta la sua esperienza wagneriana in questo ruolo. Charlotte Margiono e Sabine Ritterbusch, rispettivamente Agathe e Ännchen, sono il lato femminile di questa vicenda al maschile. Avendo parti parlate oltre che cantate, i cantanti devono dimostrarsi anche attori, ma i risultati non sono sempre convincenti. Perfettamente a suo agio nella sua parte solo parlata l’attore tedesco Jörg-Michael Koerbl, insidioso Samiel e spiritello cattivo onnipresente in scena.
Sottotitoli in francese, inglese e tedesco e una sola traccia audio.
(1) In inglese è invece The Marsksman o The Freeshooter, in spagnolo El cazador furtivo, in russo Вольный стрелок (il tiratore libero), appunto! Il titolo originale dell’opera era stato comunque un altro: inizialmente il librettista aveva pensato a Der Probeschoß (La prova di tiro) e poi a Die Jägerbraut (La fidanzata del cacciatore). Fu il sovrintendente del teatro a proporre il titolo definitivo.
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