
∙
Wolfgang Amadeus Mozart, Die Zauberflöte (Il flauto magico)
★★★☆☆
Macerata, Arena Sferisterio, 20 luglio 2018
(registrazione video)
Tamino e la ruspa: il Flauto didattico di Vick
Graham Vick non si lascia certo intimorire dai particolari contesti in cui allestisce un’opera, anzi ne è stimolato: dopo capannoni industriali, lounge aeroportuali, tende del circo, palazzetti per lo sport, teatri di corte, questa volta tocca a quello spettacolare Sferisterio di Macerata da tempo adibito a spettacoli lirici che però non sempre ne hanno saputo sfruttare la peculiarità – la larghezza del palcoscenico, la vicinanza col pubblico, l’imponente muro di fondo, il plein air, lo stretto rapporto con la città. Tutti elementi che sono invece presi in considerazione e genialmente sfruttati dal regista inglese che coinvolge cento maceratesi (uomini e donne, giovani e vecchi, italiani e immigrati) a mo’ di coro greco, in questa gioiosa rappresentazione del Flauto magico che inaugura il festival lirico della città marchigiana.
Nello spirito originario dell’opera – la sua dimensione autenticamente popolare – e per avvicinarla ancora di più al pubblico la versione è quella in italiano nella datata traduzione di Fedele D’Amico con i dialoghi aggiornati da Vick e da Stefano Simone Pintor. La drammaturgia tiene conto della nostra modernità senza però scostarsi dalla vicenda che viene fedelmente rappresentata. All’opposto di quanto aveva fatto Romeo Castellucci nella sua estetizzante visualizzazione nella prima parte ed estrema ideologizzazione della seconda, qui Vick allestisce uno spettacolo coinvolgente che a un certo punto richiede anche l’attiva partecipazione degli spettatori nel coro dei sacerdoti del secondo atto – con il pubblico istruito alla bisogna da “Tamino” prima della fine dell’intervallo.

Lo sterminato palcoscenico dello Sferisterio riesce a ospitare i tre templi a cui bussa il principe: i grattacieli della Banca Centrale Europea e la basilica di San Pietro (i due simboli del potere) e un Apple store (il tempio della sapienza). Ma ci sono pure uno scavo stradale, una tendopoli, una folla di rifugiati e una ruspa gialla (il drago che minaccia Tamino all’inizio dell’opera). La scenografia e i costumi, ossia abiti di tutti i giorni, sono di Stuart Nunn mentre Ron Howell ha il non semplice compito di far muovere un centinaio di persone che non hanno mai calcato le scene. Ma l’entusiasmo e l’impegno dei cittadini di Macerata portano a un risultato eccellente per quanto riguarda la fluidità dei movimenti e gli interventi di recitazione.
Il percorso iniziatico dei personaggi verso la luce della saggezza avviene tra transenne, buche, poliziotti, ma soprattutto tra confronti con gli altri: è la ricerca della felicità dei diseredati contro i poteri forti con la vittoria nel finale espressa dalla caduta dei tre edifici e da una gioiosa salva di fuochi d’artificio.

Sul piano musicale si ascolta una corretta, ma niente più, concertazione di Daniel Cohen mentre tra i giovani interpreti si distaccano il Tamino (principe in canottiera e tuta da ginnastica) Giovanni Sala, tenore di bel timbro; il vivace Papageno (delivery boy della ditta Superpollo) Luigi Loconsolo; l’Astrifiammante di Tetiana Zhuravel (soprano coloratura ucraino dalla voce un po’ metallica); la tenera Pamina di Valentina Mastrangelo e il Sarastro di Antonio di Matteo.
Sconcerto e divertimento sono i due stati d’animo con cui si è diviso il pubblico. Ma nello spettacolo di Vick c’era ben poco da scandalizzarsi e se gli si può fare una critica è che il suo messaggio si limita a un generico e un po’ prevedibile auspicio di accoglienza e pacifica convivenza.



⸪