
Gustave Moreau, L’apparition, 1877
•
Richard Strauss, Salome
Torino, Teatro Regio, 20 febbraio 2018
(versione semiscenica)
Erotismo, incestuosità e necrofilia sulla nuda scena
Svanite incomprensibilmente nel nulla le coproduzioni annunciate – il Donizetti di Lione, il Tutino di San Francisco – e congelato il progetto Janáček/Carsen, del regista canadese il Regio di Torino intendeva riproporre il suo vecchio allestimento del 2008 della Salome, quello con la “danza dei sette vegli”, come disse qualcuno quando venne presentata qui questa sua discussa produzione.
Già allora, nel 1905, ci furono teatri che proibirono la messa in scena del lavoro di Strauss perché considerato scandaloso. In Inghilterra fu dato solo con una traduzione annacquata del libretto in cui la testa mozza del Battista diventava la spada del boia, la bocca baciata spariva e Salome diventava una specie di invasata che seguiva il profeta nell’adilà: l’originale «Ah! Ich habe deinen Mund geküßt, Jochanaan! Ah! Ich habe ihn geküßt, deinen Mund, es war ein bitterer Geschmack auf deinen Lippen. […] Ich habe ihn geküßt, deinen Mund» (1) nella traduzione inglese di Alfred Kalisch diventava: «Ah, didst thou cry out when they slew thee, o Prophet? Peradventure death was a joy to thee. […] I will follow thee to death». (2)
Un secolo dopo Robert Carsen aveva rifatto scandalo con la sua ambientazione nei caveaux del Caesar’s Palace di Las Vegas. Qui si può leggere quello che fu scritto, esattamente dieci anni fa, su quello spettacolo.
Ma stavolta il diavolo ci ha messo la coda: a causa dell’incidente occorso durante una rappresentazione della precedente Turandot e al conseguente sequestro degli impianti scenici ordinato dalla Procura, questa Salome, che fa parte del progetto Festival Richard Strauss della Città di Torino, è stata rappresentata in una forma semiscenica affidata a Laurie Feldman, assistente di Carsen. Con poche sedie, un fondo nero, luci (che potrebbero essere più incisive) e costumi moderni si è ottenuto un gioco scenico abbastanza efficace che mette in risalto la contorta psicologia dei personaggi e la tensione da thriller di questa ripugnante vicenda che ha come protagonista la viziata figliastra di Herodes Antipa e della sua corrotta corte. In primo piano risalta così al massimo la musica in tutta la sua potenza drammaturgica.
Il direttore Noseda in una conferenza di presentazione dello spettacolo pochi giorni fa ha illustrato il suo approccio, dieci anni dopo, all’opera, della quale ha sottolineato l’estrema complessità, tensione e modernità. L’ascolto dal vivo ha confermato queste sue asserzioni: lucidità e passione caratterizzano la sua direzione e non c’è momento in cui i diversi temi musicali non risultino sempre chiaramente delineati pur nella sfrenata intensità orchestrale, con una grande trasparenza e un gusto per il timbro strumentale che il compositore ha piegato a effetti inediti – il fagotto nel registro acuto o il contrabbasso che scandisce gli attimi di sospensione che precedono la decapitazione del Battista o il tonfo sul pavimento o il vento che è solo nella mente di Erode. Fin da quell’inizio lattiginoso e soffocante con le note tenute dei flauti e degli oboi sul motivo ascendente dei clarinetti, «Sieh’ die Mondscheibe, wie seltsam aussieht» (Guarda la luna! Come appare strana!), agli ultimi accordi strappati in fortissimo su quel grido esasperato ma quasi liberatorio del tetrarca, «Man töte dieses Weib!» (Ammazzate quella donna!), attraverso pagine ora estenuate ora febbrili, la duttile orchestra ci ha fatto vivere in un’ora e mezza di tensione parossistica.
Ma quando si dice di una riedizione nata sotto maligna stella… Entrambi gli interpreti dei coniugi Erode ed Erodiade si sono ammalati la sera del 20 febbraio e vengono sostituiti. Gerhard Siegel non sembra far rimpiangere il glorioso ma affaticato Robert Brubaker del cast principale, tutt’altro: voce potente, squillante, espressiva e piegata alle mille sfumature del personaggio di Erode, da quando entra domina la scena senza un attimo di stanchezza. L’altro protagonista della serata è Enrico Casari, uno dei pochi italiani del cast, il quale ha delineato magistralmente un Narraboth sofferto e appassionato. Ottimo anche lo ieratico Jochanaan di Tommi Hakala ed efficaci gli interpreti maschili secondari.
Note meno positive per le voci femminili. Innanzitutto quella di Erika Sunnegårdh che a parte il vistoso vibrato non ha comunque convinto come “crazy jewish girl” (3). Vocalmente carente e spesso schiacciata dall’orchestra l’Erodiade di Dalia Schaechter.
P.S. Una bella introduzione all’opera si può ascoltare qui, il podcast di un giovane appassionato, Matteo Bernardini.
(1) Ah, ho baciato la tua bocca, Jochanaan! Ah, l’ho baciata, la tua bocca. C’era un gusto amaro sulle tue labbra […] Io l’ho baciata, la tua bocca.
(2) Ah, hai gridato quando ti hanno ucciso, Profeta? O forse la morte è stata una gioia per te. […] Io ti seguirò nella morte.
(3) Bryan Gilliam, Strauss’s ‘Crazy Jewish Girl’: Salome and fin-de-siècle Modernism, Duke University, January 2002
⸪