
★★★☆☆
Storia con morale
Pretesto dell’opera è la famosa serie di otto dipinti di William Hogarth del 1733, ora al Soane Museum di Londra, in cui il pittore descrive ascesa e caduta del giovane Tom che sperpera una ricca eredità e finisce i suoi giorni in manicomio.
Lo spumeggiante libretto, di Wystan Hugh Auden e Chester Kallman, infonde vita a un lavoro che sulla carta sembrerebbe una fredda operazione intellettuale. Loro è l’invenzione della figura di Nick Shadow e soprattutto della teatralissima barbuta Baba la Turca.
Stravinskij, superato da tempo il “periodo russo” dei suoi primi balletti parigini, dopo il ’20 aveva spostato il suo interesse verso l’utilizzo di temi del periodo classico, la mitologia greca da una parte e le forme musicali del settecento dall’altra. The Rake’s Progress (La carriera di un libertino), presentata a Venezia l’11 settembre 1951, fu l’ultimo esempio di questo periodo neoclassico prima che l’inesausto musicista affrontasse una nuova strada nella musica seriale e dodecafonica delle composizioni degli ultimi anni.
Il titolo italiano non rende esattamente le sfumature dell’originale: in inglese rake è anche un verbo che significa rastrellare, intascare, mentre progress fa riferimento a The Pilgrim’s Progress (titolo completo:The Pilgrim’s Progress from This World, to That Which Is to Come: Delivered under the Similitude of a Dream Wherein is Discovered, the Manner of His Setting Out, His Dangerous Journey, and Safe Arrival at the Desired Countrey), romanzo allegorico di John Bunyan del 1678 che tratta del viaggio del cristiano dalla città natale (“City of Destruction”) al Paradiso (“Celestial City”). L’intento dei librettisti era dunque quello satirico di presentare un “pellegrinaggio” al contrario, verso la rovina e la follia.
Atto primo. Scena prima. In Inghilterra nel XVIII secolo, nel giardino della casa di campagna dei Trulove. Anne Trulove e Tom Rakewell si scambiano tenere parole d’amore, ma sono interrotti dal sopraggiungere del padre della fanciulla, che intende offrire al futuro genero un lavoro come contabile. Ma ben altre sono le aspirazioni del giovane, che dapprima rifiuta l’offerta e poi espone la sua scanzonata filosofia di vita. A smorzare le preoccupazioni di Trulove giunge uno sconosciuto, tale Nick Shadow: ha l’incarico di comunicare a Rakewell che la morte di un vecchio zio ha fatto di lui un uomo ricco e che ora dovrà recarsi a Londra in sua compagnia per l’eredità. L’annuncio viene accolto con comprensibile entusiasmo. Rakewell e Anne si lasciano con un affettuoso ‘arrivederci’, mentre Shadow dichiara che per la sua ricompensa attenderà un anno e un giorno. Segue un ulteriore congedo tra Rakewell, Anne e Trulove. Scena seconda. Nel bordello di Mother Goose, a Londra. Prostitute e ragazzi elevano un canto in onore di Venere e Marte. Shadow ha condotto qui Rakewell per fargli conoscere i piaceri della vita e lo ha nel frattempo istruito sul reale significato di concetti quali la bellezza, il piacere e l’amore. Cosicché, quando la tenutaria si rivolge al giovane per saggiare la sua preparazione alla vita, questi risponde perfettamente. Il parlare dell’amore tuttavia ingenera in lui un sentimento di nostalgia per Anne. Ora vorrebbe andarsene, è tardi, un orologio batte l’una; ma con un solo gesto Shadow fa ritornare le lancette sulla mezzanotte, affermando che il tempo è loro e bisogna divertirsi. Rakewell si rivolge ad Amore affinché accolga la sua tristezza. Le prostitute vorrebbero consolarlo a modo loro, ma è Mother Goose a rivendicare i propri diritti di anzianità sulle altre e ad allontanarsi con lui. Scena terza. Notte di luna piena, nel giardino di Trulove. Anne confida alla notte la propria disperazione per il mancato ritorno di Rakewell; il padre interviene per richiamarla, ma ella ha ormai deciso di andare a cercarlo, e invoca la luna di guidarla nel suo cammino.
Atto secondo. Scena prima. La camera da letto nella casa di Rakewell, in un elegante quartiere di Londra. Rakewell lamenta la propria condizione di uomo annoiato e vacuo, anche se conduce una vita brillante. Irrompe allora Shadow che, mostrandogli il ritratto di Baba la turca, una orrenda donna da circo con tanto di barba nera, irretisce completamente l’amico con le sue argomentazioni e lo piega alla sua folle volontà di fargliela prendere in moglie. Una sinistra risata dei due suggella l’accordo: Rakewell sposerà Baba, liberandosi così in un colpo solo sia della passione sia della ragione, i tiranni che gli impediscono di essere un uomo libero. Scena seconda. La strada di fronte alla casa di Rakewell. È autunno, di sera. Anne non sa se entrare nell’appartamento di Rakewell, quindi si mette in disparte per lasciar passare una processione di servi, che incedono tenendo sollevata una portantina. Appare Rakewell che, imbarazzato dalla presenza della fanciulla, tenta di convincerla di tornare a casa contro la sua volontà. Si sente la voce di Baba che, bloccata nella portantina, da cui non riesce a scendere, reclama le attenzioni del marito. Rakewell confessa ad Anne che quella è la sua sposa e tranquillizza Baba dicendole che la donna che gli sta parlando non è altro che una lattaia, venuta a reclamare un antico debito. Richiamata intanto dai servitori, sopraggiunge la folla ad acclamare Baba; la donna, per compiacere il suo pubblico, si toglie il velo che copriva la sua folta barba nera. Scena terza. Nella camera di Rakewell. Scene di vita domestica: Baba continua a parlare, irritando Rakewell, che la respinge in malo modo, convinto ormai che solo il sonno possa costituire un rimedio alla sua infelicità. Mentre Rakewell è addormentato e sognante, giunge Shadow con una strana macchina che tramuta la pietra in pane e quando Rakewell gli racconta di aver sognato una macchina simile, gliela mostra. Rakewell grida al miracolo ed è raggiante perché ora, costruendo altre macchine simili, potrà debellare la fame e la povertà e guadagnarsi così la gratitudine della gente.
Atto terzo. Scena prima. Nella camera di Rakewell a Londra. Un gruppo di borghesi – tra i quali è anche Anne, sempre invano alla ricerca di Rakewell – s’è dato convegno nell’appartamento del libertino, dove un banditore, Sellem, si appresta a mettere all’asta tutti i beni accumulati da Rakewell nella sua smania di ricchezza. Tra i vari oggetti – animali, vegetali e minerali – vi è pure Baba, celata da una grossa parrucca. Una volta ‘scoperchiata’, la donna è pronta a riprendere il discorso interrotto nella scena precedente. Dalla strada si odono le voci scanzonate di Rakewell e Shadow cantare «Mogli vecchie in vendita». Prima di decidere di far ritorno al circo, Baba rassicura Anne sull’amore di Rakewell. Scena seconda. Cimitero, in una notte senza stelle. Un anno e un giorno sono ormai trascorsi e Shadow reclama i propri diritti. In cambio dei suoi servigi egli non vuole denaro, ma l’anima di Rakewell: gli lascia tuttavia un’estrema possibilità di salvezza, indovinare cioè le tre carte che ora estrarrà da un mazzo. Con l’aiuto dell’amore di Anne, sua regina di cuori, Rakewell vince. Prima di sprofondare nel ghiaccio e nel fuoco Shadow, con un ultimo gesto di magia, toglie a Rakewell la ragione. Scena terza. Nel manicomio, Rakewell invita le ombre degli eroi a esultare con lui per l’imminente arrivo di Venere, in visita al suo Adone, ma un gruppo di pazzi lo motteggia. Arriva Anne, e il guardiano del manicomio la avvisa che Rakewell risponde solo se è chiamato Adone e che a sua volta si rivolgerà a lei chiamandola Venere. Dopo averle chiesto perdono dei suoi peccati, Adone/Rakewell chiede ad Anne/Venere di cantare una canzone per addormentarlo: la ninna-nanna di Anne ottiene l’effetto desiderato. Il guardiano fa ora entrare Trulove, che invita la figlia a venir via con lui, giacché la bella favola d’amore è finita. Risvegliatosi, Rakewell chiede dove sia finita la sua Venere, ma i pazzi gli dicono che non c’è stata nessuna Venere in manicomio. Infine, sentendo la morte appressarsi, invita Orfeo a intonare il canto del cigno e prega le ninfe e i pastori di compiangere Adone morente. Epilogo. Richiamati da Shadow, che ferma con un gesto la calata del sipario, tutti i protagonisti appaiono alla ribalta per affermare la morale, ossia che il diavolo trova sempre lavoro per gli oziosi.
La prima veneziana fu un evento di grande mondanità «con buon successo di pubblico e abbastanza disomogeneo riscontro critico», come scrive Adriana Guarnieri Corazzol sul programma di sala del Teatro la Fenice per la suo produzione del giugno 2014. L’opera infatti divise la critica che si soffermava sul controverso rapporto tra “tradizione” e “modernità”. Le voci più ostili o diffidenti furono quelle di Giorgo Vigolo (“Carriera del sobrio”), Mario Zafred e Teodoro Celli (“Strawinsky settantenne: sconcertante ‘messaggio'”), sul versante opposto ammirazione e comprensione da Emilia Zanetti (“La maestria risolta in semplicità”), Eugenio Montale (“Sulla scia di Stravinskij”), Fedele D’Amico (“Domande su Stravinskij”) e soprattutto Massimo Mila, – che avrebbe poi scritto il saggio Compagno Strawinsky – dove con “compagno” intendeva un compagno di strada dell’uomo moderno.
La collaborazione tra John Cox (regista) e David Hockney (scenografo) per l’opera di Stravinskij risale al 1975. Dopo trentacinque anni la loro produzione approda nel 2010 per la settima volta consecutiva a Glyndebourne. Per le sue originali scenografie Hockney non si ispira ai quadri a olio di Hogarth quanto alle popolari incisioni che ne seguirono, poiché applica la stessa tecnica per dipingere le sue scene: un tratteggio in bianco e nero acceso da qualche raro colore e un rigore geometrico che rispecchiano a meraviglia la musica che ricostruisce un settecento visto dagli occhi di un compositore russo dell’avanguardia, anche se qui ripiegato in una fase neoclassicista.
Il giovane direttore Vladimir Jurovskij apporta il suo contributo russo alla produzione con una lettura della impegnativa partitura che dà ottimi risultati. Bravissimi i due interpreti principali: Topi Lehtipuu è Tom Rakewell mentre Miah Persson copre il ruolo di Anne Trulove che Elisabeth Schwarzkopf aveva cantato alla prima, il personaggio cui Stravinskij dedica le pagine più liriche e struggenti. Matthew Rose è un Nick Shadow di maniera, poco musicale e senza bagliori luciferini.
Immagine perfetta, regia video di François Roussillon, due tracce audio, extra e sottotitoli in quattro lingue, ma non in italiano.
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