foto © Birgit Gufler
Geminiano Giacomelli, Cesare in Egitto
Innsbruck, Tiroler Landestheater, 11 agosto 2024
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L’altro Cesare
Quasi lo stesso titolo, grosso modo la stessa vicenda ma su testo diverso, il Cesare in Egitto di Geminiano Giacomelli vide la luce undici anni dopo il Giulio Cesare in Egitto di Georg Friedrich Händel. Se si fosse tentati di fare un confronto fra i due lavori il risultato sarebbe impietoso per il Cesare del compositore italiano, soprattutto per quanto riguarda il libretto di mano di due sommi, Carlo Goldoni e Domenico Lalli che però confezionano un testo manchevole dal punto di vista drammaturgico – cosa che si riflette anche nell’intonazione del Giacomelli che inanella una serie di arie belle sì, ma che raramente costruiscono una progressione drammatica della vicenda e l’azione rimane sempre in fase di stallo. Sintomatico di questa mancanza di tensione è il momento di massima suspence per la tragica sorte del figlioletto di Cornelia la quale invece non trova di meglio che rivolgersi a Lepido: «Tu m’ami, lo vedo, | fedele ti credo»…
Gli otto personaggi di Händel qui sono ridotti a sei, tre Romani e tre Egizi: Lepido sostituisce Curio ma manca Sesto, il figlio di Cornelia, qui un bambino in un ruolo muto; dalla parte egizia manca il confidente Nireno. Diversa anche la distribuzione delle voci: Giulio Cesare è un soprano, Cornelia un contralto, Lepido un sopranista, Tolomeo un tenore, Cleopatra un mezzosprano e Achilla un controtenore. Tutti i numeri musicali sono formati da arie soliste non molto differenziate le une dalle altre, non ci sono duetti o altri ensemble, a parte il tutti finale, e molto meno sfumati sono i caratteri: Cornelia è una furia vendicatrice senza mezzi termini che arriva a sacrificare il figlio per non cedere alle profferte di Tolomeo («Più ch’acconsenta | all’indegno imeneo, | quest’innocente vittima s’uccida») mentre Cleopatra si dimostra infida e non suscita empatia quando viene presa prigioniera dal fratello – situazione ben diversa invece nell’opera di Händel!
Anche in questo libretto sono presenti le tipiche arie di metafora, ora del torrente, «Scende rapido spumante | dalla rupe, fiume altero» che chiude il secondo atto (analogo a «Quel torrente che cade dal monte» di Händel), ora della nave, «Son qual nave da due venti» del terzo atto, che però non ha nulla a che fare con la famosissima aria del Broschi con lo stesso incipit e colorature ancora più pirotecniche. Questi sono due momenti dove la musica del Giacomelli assume maggiori tinte drammatiche, altrimenti è la piacevolezza melodica della scuola napoletana a prevalere nelle 26 arie solistiche, quasi equamente ripartite tra i personaggi, in cui è strutturata l’opera. (1)
Antefatto. Dopo la sconfitta nella battaglia di Farsalo (48 a.C.) nella guerra civile romana, il generale romano Pompeo fugge in Egitto con la moglie Cornelia e il figlio Sesto. Lì cerca l’aiuto di Tolomeo e di sua sorella Cleopatra, che governano insieme il Paese, per combattere contro Cesare. Tuttavia, Tolomeo teme un attacco di Cesare all’Egitto e fa prigionieri Pompeo e la sua famiglia.
Atto primo. Cesare ha inseguito Pompeo in Egitto. Nel porto di Alessandria, il generale di Tolomeo, Achilla, accoglie festosamente la flotta romana. Come “regalo di benvenuto”, consegna i prigionieri a Cesare. Quest’ultimo è sconvolto dal fatto che i cittadini romani siano trattati come schiavi e concede loro la libertà. Achilla ha un altro regalo: la testa di Pompeo! Cornelia incolpa Cesare dell’omicidio del marito. Giura di vendicare la morte del suo ex amico. Achilla si vanta con Lepido della superiorità dell’Egitto su Roma. Lepido ama Cornelia e vede l’opportunità di conquistarla. Tolomeo e Cleopatra discutono sugli ultimi sviluppi politici. La donna è convinta che la morte di Pompeo abbia messo l’Egitto in una situazione pericolosa e che lei stessa avrebbe fatto meglio a risolvere la situazione con Cesare. Achilla riferisce anche della sua inaspettata reazione ai “regali” di Tolomeo. Cornelia cerca Tolomeo e lo accusa della morte del marito. Tolomeo si offre di sposarla, ma lei lo rifiuta indignata. Anche Lepido confessa il suo amore per Cornelia. Anche lui viene respinto. Cesare minaccia Tolomeo, infuriato per l’ordine di uccidere Pompeo. Cleopatra implora Cesare di essere clemente. Egli la vede per la prima volta ed è sopraffatto dalla sua bellezza. Cornelia chiede giustizia a Cesare, mentre Tolomeo lo accusa di essere ingrato. Cesare ritiene che Tolomeo abbia commesso un crimine contro lo Stato romano e che quindi debba essere processato a Roma. Cornelia, invece, che detesta sia Cesare che Tolomeo, chiede che entrambi siano chiamati a rispondere dell’omicidio del marito. Ma Cesare, accecato dalla sua infatuazione per Cleopatra, perdona Tolomeo. Cleopatra trionfa.
Atto secondo. Achilla aiuta Tolomeo ad attirare Cesare in un’imboscata. In cambio, chiede la mano di Cleopatra. Tolomeo accetta, perché questo gli permetterebbe di governare l’Egitto da solo. Tolomeo si offre nuovamente di sposare Cornelia, ma lei lo rifiuta. Quando Lepido le chiede di nuovo di sposarlo, lei accetta ma a condizione che uccida sia Tolomeo che Cesare. Lepido a realizzazione dei suoi sogni. Cleopatra avverte Cesare della congiura di Tolomeo. Lui le dice che ne è già a conoscenza e si addormenta. Cleopatra si nasconde quando vede avvicinarsi Cornelia e Lepido. Cornelia esorta Lepido a uccidere Cesare addormentato, ma Cleopatra interviene. Quando Cesare si risveglia, Lepido si prende l’unica colpa. Cesare capisce che dietro il tentato omicidio c’è Cornelia. Cleopatra e Lepido cercano di calmare la furiosa Cornelia, ma il suo odio non conosce limiti. Cleopatra chiede a Lepido di riunire tutti i Romani in un esercito per proteggere Cesare da Tolomeo. Achilla si vanta con Cleopatra che Cesare sarà presto catturato e lei diventerà sua moglie. Ma Cleopatra preferisce morire piuttosto che sposarsi. Tolomeo rassicura Achilla: non appena Cesare sarà morto, Cleopatra sarà sua e lui stesso sposerà Cornelia. Gli eserciti di Cesare e di Tolomeo si scontrano. L’esercito di Cesare è in inferiorità numerica e viene respinto verso la costa. Cesare si getta in mare.
Atto terzo. Il vittorioso Tolomeo rivendica il potere esclusivo sull’Egitto e chiede l’obbedienza di Cleopatra e Cornelia. Entrambe rifiutano. Achilla chiede ora la sua ricompensa, ovvero la mano di Cleopatra. Ma Tolomeo ha altri piani: Cleopatra deve morire. Achilla è furioso, ma Cleopatra lo tranquillizza. Promette di sposarlo se lui ucciderà Tolomeo. Tolomeo è furioso perché Cornelia continua a rifiutare di sposarlo. Minaccia di uccidere il figlio se lei non si adegua. Ma lei è disposta a sacrificare il figlio per il suo onore. Lepido, che nutre ancora speranze per Cornelia, le rivela che lui e Achilla stanno progettando di uccidere Tolomeo. Cesare è sopravvissuto alla caduta in mare. Lui e altri soldati romani si sono travestiti da egiziani e si sono riuniti segretamente al tempio. Cornelia è in lutto sulla tomba del marito quando Tolomeo arriva con i sacerdoti per celebrare la cerimonia nuziale. Achilla e Lepido attaccano Tolomeo, ma Cesare e i suoi seguaci intervengono. Cornelia incita Lepido a eliminare entrambi gli uomini, ma Lepido non vuole alzare la mano contro un romano. Amareggiata e piena di odio per Cesare, Cornelia lascia l’Egitto. Tolomeo implora Cesare di avere pietà e lascia il trono alla sorella. Romani ed egiziani festeggiano la pace faticosamente raggiunta.
Il Cesare in Egitto è il lavoro più noto di Geminiano Giacomelli (anche noto come Jacomelli), compositore emiliano della prima metà del XVIII secolo molto popolare all’epoca con circa venti titoli che vanno dalla Ipermestra (Venezia, 1724) all’Achille in Aulide (Roma, 1739). Ma la composizione più famosa è l’aria «Sposa, non mi conosci» dalla sua Merope (1734) “prestata” a Vivaldi quattro anni dopo dove divenne, nella versione «Sposa, son disprezzata», uno dei momenti più drammatici del Bajazet.
Ispirato alla lontana dal Cesare in Egitto messo in musica nel 1728 da Luca Antonio Predieri su libretto anonimo, il Cesare di Giacomelli fu ideato per il Teatro Ducale di Milano nel gennaio 1735. Sfortunatamente il manoscritto di quella produzione è andato perso ma era sicuramente molto diverso dalla versione che fu messa in scena a Venezia al Teatro di San Giovanni Grisostomo il 1 luglio dello stesso anno. Il libretto di Domenico Lalli era stato adattato dal giovane Carlo Goldoni e nella produzione ci fu anche l’apporto di Antonio Vivaldi che caldeggiò la sua pupilla Anna Girò per la parte di Cornelia.
Esordio alle 48esime Settimane di Musica Antica di Innsbruck come direttore musicale è quello di Ottavio Dantone che nel 2019 qui aveva concertato La Dori del Cesti. Il Cesare è un titolo da lui scelto: «Quest’opera era nella mia mente da tempo e cercavo il momento e il luogo giusto per portarla in scena. Le Innsbrucker Festwochen sono perfette perché hanno un pubblico intelligente, attento e curioso, desideroso di scoprire il nuovo repertorio barocco. Il Cesare in Egitto era considerato il capolavoro di Giacomelli all’epoca, quindi ho studiato la partitura originale e l’ho trovata la scelta ideale per il mio debutto al Festwochen». Quella che ascoltiamo è infatti la sua versione critica. Alla testa del suo ensemble l’“Accademia Bizantina” Dantone evidenzia la scrittura strumentale della partitura dalle soluzioni ritmiche e armoniche innovative. Con tempi brillanti e volumi sonori attenti all’equilibrio tra buca e scena – come quella di Porpora anche l’orchestra di Giacomelli è sempre al servizio delle voci – Dantone ottiene ottimi risultati.
I lunghissimi recitativi sono opportunamente ridotti dando ai numeri solistici spazio maggiore, com’è giusto. Anche se è il personaggio eponimo, Cesare ha solo quattro arie (come Achilla, Cleopatra e Lepido) mentre Tolomeo e Cornelia ne hanno cinque. Arianna Vendittelli le interpreta con stile e sicura vocalità. È sua la dichiarazione finale del personaggio «A un cor forte, a un’alma grande | sorte ria non fa spavento» prima di trasformarsi in un Tito clemente che dispensa perdono a tutti, anche a Tolomeo qui risparmiato assieme ad Achilla, che invece sono uccisi nel libretto del Bussani rivisto da Haym per Händel.
Margherita Maria Sala è una Cornelia molto incisiva, destinata anima e corpo alla vendetta del marito ucciso e suoi sono i recitativi più drammatici. Assieme a un’ineccepibile resa vocale, il contralto plurivincitore al Premio Cesti 2020 qui a Innsbruck rivela una forte presenza scenica in cui cerca di sfumare il carattere monodimensionale del suo personaggio, come quando sembra cedere alle offerte dei suoi due spasimanti dimostrando la nostalgia per una vita serena. Il soprano ungherese Emőke Baráth è una Cleopatra seducente che dimostra belle doti di agilità nelle sue arie, soprattutto nella succitata aria di bravura del terzo atto «Son qual nave da due venti». Il trio di voci maschili vede in Achilla il contraltista Filippo Mineccia che con la sua intelligenza e il fraseggio accurato delinea un personaggio che in questo Cesare di Giacomelli acquista particolare spessore psicologico. Il tenore Valerio Contaldo è Tolomeo, voce dal timbro un po’ nasale ma che si rivela a suo agio nelle agilità richieste dalla parte. Ancora più virtuosistiche le richieste di Lepido, affidato qui alla voce chiarissima del sopranista Federico Fiorio, richieste pienamente risolte dalla tecnica del giovane cantante che conclude la prima delle due parti in cui è divisa l’opera originariamente in tre atti.
Lo stesso Dantone aveva voluto che alla messa in scena della sua “scoperta” ci fosse Leo Muscato, con cui aveva lavorato a Torino per il vivaldiano L’incoronazione di Dario. Il regista di Martina Franca ha dunque l’ingrato compito di fornire una drammaturgia a un lavoro che non ce l’ha e per questo il risultato non è del tutto convincente. I costumi disegnati da Giovanna Fiorentini rivelano i tempi dell’ambientazione, quelli delle colonizzazioni del XIX e XX secolo, mentre la scenografia di Andrea Belli ripropone per l’ennesima volta – bisognerebbe imporre una moratoria decennale sul suo utilizzo… – la solita piattaforme rotante con ruderi di casermette dalle pareti ricoperti di geroglifici. Completano la scena quattro enormi statue in lacca rossa di soldati in armatura. Pregevole il gioco luci di Alessandro Verazzi che cerca di diversificare le atmosfere. I personaggi si muovono entrando e uscendo dalle aperture come giocando a rimpiattino evidenziando così la loro inazione.
Il lento girare a mo’ di giostrina, unitamente alle cullanti melodie, ha un effetto tra l’ipnotico e il soporifero. Insomma, non è stato il disvelamento di un tesoro sepolto questo Cesare in Egitto di Geminiano Giacomelli. Il pubblico reagisce comunque positivamente con calorosi applausi verso gli artefici dello spettacolo.
(1) Struttura dell’opera:
Sinfonia
Atto I
1. Cadrà quel disumano (Cesare)
2. Alla festosa superba Roma (Achilla)
3. A me basta la mia bella (Lepido)
4. Fier leon di sdegno acceso(Cleopatra)
5. Questa destra, che ti guida (Tolomeo)
6. Palpita nel mio petto (Cornelia)
7. Vibrano i Dèi talora (Lepido)
8. Lusinga un tiranno (Cornelia)
9. A quelle luci irate (Tolomeo)
10. Bella, tel dica amore (Cesare)
11. Chiudo in petto un core altero (Cleopatra)
Atto II
12. Al vibrar della mia spada (Achilla)
13. Se il sangue mio tu brami (Tolomeo)
14. Se provi nel cuore (Cornelia)
15. Vendetta mi chiede (Lepido)
16. Con vincitor mio brando (Cesare)
17. Oppressa, tradita (Cornelia)
18. Spose tradite, se m’ascoltate (Cleopatra)
19. Quell’agnellin che seco (Achilla)
20. Scende rapido spumante (Tolomeo)
Atto III
21. Taci, non v’è più speme (Tolomeo)
22. Nel sen mi giubila (Achilla)
23. Son qual nave da due venti (Cleopatra)
24. Tu m’ami, lo vedo (Cornelia)
25. Scorre per l’onde ardito (Lepido)
26. A un cor forte, a un’alma grande (Cesare)
27. Dal seno di Giove (Coro)
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