- Harnoncourt/Ponnelle 1978
- Jacobs/Brown 1998
- Savall/Deflo 2002
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1. Così inizia la storia del melodramma.
L’opera in musica nasce con la favola di Orfeo ed Euridice il cui mito, raccontato da Virgilio (libro IV delle Georgiche) e da Ovidio (Metamorfosi, libro X) (1) e messo in forma drammaturgica dal Poliziano (La fabula di Orfeo, 1480), prima di Monteverdi viene messo in musica da Jacopo Peri (Euridice, 1600) e da Giulio Caccini (Euridice, 1602) entrambi su testo di Ottavio Rinuccini. Quasi non si contano poi le opere che seguiranno sulla stessa vicenda: La morte d’Orfeo (1619, Stefano Landi), Orfeo (1647, Luigi Rossi), Orfeo (1672, Antonio Sartorio), La descente d’Orphée aux enfers (c. 1685, Marc-Antoine Charpentier), Orpheus (1726, Georg Philipp Telemann), Orfeo ed Euridice (1762, Christoph Willibald Gluck). Per non parlare dell’Orphée aux Enfers di Offenbach (1858) e più vicini a noi Orpheus und Eurydike (1921, Ernst Křenek), L’Orfeide (1925, Gian Francesco Malipiero) e The Mask of Orpheus (1986, Harrison Birtwistle). Una lista esauriente si può trovare qui.
Delle dieci opere scritte da Claudio Monteverdi (2) solo tre ci sono arrivate con il libretto e la musica. L’Orfeo è una di queste. “Favola in musica” su libretto di Alessandro Striggio e rappresentata al palazzo ducale di Mantova il 24 febbraio 1607 e apoteosi delle idee umanistiche dei Gonzaga, è tra i più antichi drammi per musica ad essere ancora regolarmente messo in scena, anche se subito dopo la morte del compositore il lavoro venne dimenticato e per la sua prima rappresentazione scenica si dovette aspettare il 1911.
Atto Primo. Dopo la richiesta di silenzio dell’allegoria della Musica, il sipario si apre per rivelare una scena bucolica. Orfeo ed Euridice entrano insieme con un coro di ninfe e pastori, che recitano alla maniera del Coro greco antico, entrambi cantando a gruppi e individualmente. Un pastore annuncia che è il giorno di matrimonio della coppia; il coro risponde inizialmente con una maestosa invocazione e successivamente con una gioiosa danza. Orfeo ed Euridice cantano del loro reciproco amore prima di lasciarsi con tutto il gruppo della cerimonia matrimoniale nel tempio. Quelli rimasti sulla scena cantano un breve coro.
Atto Secondo. Orfeo ritorna in scena con il coro principale, elogiando le bellezze della natura. Orfeo medita poi sul suo precedente stato di infelicità. Questa atmosfera di gioia ha termine con l’ingresso della Messaggera, che comunica che Euridice è stata colpita dal fatale morso di un serpente nell’atto di raccogliere dei fiori. Mentre la Messaggera si punisce definendosi come colei che genera cattive situazioni, il coro esprime la sua angoscia. Orfeo, dopo avere espresso il proprio dolore e l’incredulità per quanto accaduto, comunica l’intenzione di scendere nell’Ade e persuadere Plutone a fare resuscitare Euridice.
Atto Terzo. Orfeo viene guidato da Speranza alle porte dell’Inferno. Dopo avere letto le iscrizioni sul cancello (“Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate.”), Speranza esce di scena. Orfeo deve ora confrontarsi con il traghettatore Caronte, che si rifiuta di portarlo attraverso il fiume Stige. Orfeo prova dunque a convincere Caronte cantandogli invano un motivo lusinghiero. Caronte piomba in uno stato di sonno profondo. Orfeo prende poi il controllo della barca, entrando nell’Aldilà, mentre un coro di spiriti riflette sul fatto che la natura non può difendersi dall’uomo.
Atto Quarto. Nell’Ade Proserpina, regina degli Inferi, viene incantata dalla voce di Orfeo e supplica Plutone di riportare Euridice in vita. Il re dell’Ade viene convinto dalle suppliche della moglie, a condizione che Orfeo non guardi mai indietro Euridice nel ritorno sulla terraferma, cosa che la farebbe scomparire nuovamente per l’eternità. Euridice entra in scena al seguito di Orfeo, che promette che in quello stesso giorno egli giacerà sul bianco petto della moglie. Tuttavia, un dubbio comincia a sorgergli nella mente, convincendosi che Plutone, mosso dall’invidia, lo abbia ingannato. Orfeo si gira e l’immagine di Euridice comincia lentamente a scomparire. Orfeo prova dunque a seguirla, ma viene attratto da una forza sconosciuta. In seguito, il coro di spiriti canta le azioni di Orfeo, spinto dalle proprie passioni a infrangere il patto con Plutone. Nella versione del 1609 Apollo scende da una nuvola per accogliere il figlio Orfeo in cielo.
Diversamente dall’Incoronazione di Poppea di cui abbiamo solo il basso cifrato, la strumentazione dell’Orfeo ci è pervenuta in due diverse edizioni a stampa del 1609 e del 1615, il che rende più semplice, ed economico, l’allestimento di questa prima opera monteverdiana.
Tra gli autori della rinascita della musica barocca, la figura di Harnoncourt è una delle più autorevoli ed è lui che negli anni ’70 del secolo scorso mette in scena nel teatro zurighese della gestione Pereira i tre memorabili spettacoli che aveva prima inciso su disco. L’Orfeo del 1975 è registrato tre anni dopo in uno studio televisivo viennese riprendendo l’allestimento di Zurigo. Si tratta di un video in playback, come era allora consuetudine, purtroppo non basato sulle incisioni audio di qualche anno prima, ma su una nuova incisione fatta a Vienna.
Davanti a un finto pubblico Harnoncourt “dirige” con occhi spiritati e la sua è una concertazione che esprime la cura timbrica per le varie famiglie di strumenti. Ovviamente il finale è quello del 1609: dopo che Orfeo è attaccato dalle baccanti (qui una scena brevissima e quasi astratta) ascende al cielo assieme al padre Apollo. Non solo il cast è inferiore a quello del disco, ma per di più i cantanti non sono a loro agio nel playback con sgradevoli effetti asincronismo. Le voci sono estremamente modeste e dalla pessima dizione: l’Orfeo del baritono svizzero Philippe Huttenlocher è monocorde e noioso, esile fino all’esangue è Euridice e la sfibrata Trudelise Schmidt fa rimpiangere la Musica/Speranza di Cathy Berberian del disco. Quasi grottesche sono le performance canore di Plutone e Caronte. Gli unici che si salvino sono i pastori, tra cui un giovane Francisco Araiza.
Nella sua sontuosa ricostruzione scenica, Ponnelle raffigura la corte mantovana e sulla fanfara della toccata entrano Vincenzo Gonzaga ed Eleonora de’ Medici la quale prenderà parte all’azione scenica come Musica e Speranza, mentre il Duca sarà Apollo, metafora del ruolo del potere illuminato nel promuovere le arti.
Di grande effetto scenico la grotta barocca: ragnatele, mucchi di teschi e scheletri, e la scenografia del primo atto si trasforma nei «mesti e tenebrosi regni» dell’atto secondo con la nebbiolina per l’«atra palude». Memorabili sono le imagini dei morti traghettati e magnifici i costumi e le maschere.
Immagine in 4:3 di qualità accettabile e due tracce audio con sottotitoli in italiano.
(1) Virgilio nelle Georgiche la narra in questo modo: l’apicoltore Aristeo amava perdutamente Euridice, promessa sposa di Orfeo, e continuava a rivolgerle le sue attenzioni fino a che un giorno ella, per sfuggirgli, mise il piede su un serpente, che la uccise col suo morso. Orfeo, lacerato dal dolore, scese allora negli inferi per riportarla nel mondo dei vivi. Raggiunto lo Stige, fu dapprima fermato da Caronte: Orfeo, per oltrepassare il fiume, incantò il traghettatore con la sua musica. Sempre con la musica placò anche Cerbero, il guardiano dell’Ade. Raggiunse poi la prigione di Issione, che, per aver desiderato Era, era stato condannato da Zeus a essere legato a una ruota che avrebbe girato all’infinito: Orfeo, cedendo alle suppliche dell’uomo, decise di usare la lira per fermare momentaneamente la ruota, che, una volta che il musico smise di suonare, cominciò di nuovo a girare. L’ultimo ostacolo che si presentò fu la prigione del crudele semidio Tantalo, che aveva rubato l’Ambrosia agli dèi per darla agli uomini. Qui, Tantalo è condannato a rimanere legato a un albero carico di frutta e immerso fino al mento nell’acqua: ogni volta che prova a bere, l’acqua si abbassa, mentre ogni volta che cerca di prendere i frutti con la bocca, i rami si alzano. Tantalo chiede quindi a Orfeo di suonare la lira per far fermare l’acqua e i frutti. Suonando però, anche il suppliziato rimane immobilizzato e quindi, non potendo sfamarsi, continua il suo tormento. A questo punto l’eroe scese una scalinata di 1000 gradini: si trovò così al centro del mondo oscuro, e i demoni si sorpresero nel vederlo. Una volta raggiunta la sala del trono degli Inferi, Orfeo incontrò Ade (Plutone) e Persefone (Proserpina). Per il resto della vicenda ricorriamo invece a Ovidio, che nel X libro delle Metamorfosi racconta come Orfeo, per addolcirli, diede voce alla lira e al canto. Il discorso di Orfeo fece leva sulla commozione, richiamando la gioventù perduta di Euridice, la forza di un amore impossibile da dimenticare e sullo straziante dolore che la morte dell’amata ha provocato. Orfeo assicurò anche che, quando fosse venuta la sua ora, Euridice sarebbe tornata nell’Ade come tutti. A questo punto Orfeo rimase immobile, pronto a non muoversi finché non fosse stato accontentato. Mossi dalla commozione, che colse persino le Erinni stesse, Ade e Persefone acconsentirono al desiderio. Essi posero però la condizione che Orfeo avrebbe dovuto precedere Euridice per tutto il cammino fino all’uscita dell’Ade senza voltarsi mai all’indietro. Esattamente sulla soglia degli Inferi, temendo che lei non lo stesse più seguendo, Orfeo non riuscì più a resistere al dubbio e si voltò per assicurarsi che la moglie lo stesse seguendo. Avendo rotto la promessa, Euridice viene riportata all’istante nell’Oltretomba.
(2) Sei per Mantova: oltre a L’Orfeo, L’Arianna (1607–08), Le nozze di Tetide (1616–17), Andromeda (1618–20), La finta pazza Licori e Armida abbandonata (1627–28); quattro per Venezia: oltre a Il ritorno d’Ulisse in patria e L’incoronazione di Poppea, Proserpina rapita (1630) e Le nozze d’Enea con Lavinia (1641).
⸪
2. Orfeo sfida la gravità.
Ancora una volta Jacobs ha un suo Orfeo in DVD e questa volta in forma quasi completa, qui con la messa in scena di Trisha Brown alla Monnaie di Bruxelles nel 1998.
La lettura della coreografa americana non può non essere un’opera-balletto, ma con il lessico della danza moderna. Operazione rischiosa sulla carta, ma perfettamente convincente nel risultato. Ai cantanti solisti e al coro vengono richiesti movimenti stilizzati che raggiungono le acrobazie. Tra tutti si distingue il protagonista titolare, Simon Keenlyside, che riesce a intonare la sua parte anche a mezz’aria mentre salta!
La Musica è in orchestra, neanche viene inquadrata nella ripresa video di Pierre Barré: quelle che vediamo sono la acrobazie aeree di una figura femminile in un cerchio in un fondo azzurro. Da questo enorme oblò ci parleranno gli dèi, la coppia di Plutone e Proserpina, l’Apollo dorato e roteante del finale. L’“eclissi” porterà le tenebre degl’inferi in palcoscenico. «O dolcissimi lumi, io pur vi veggio, | io pur… ma qual eclissi, ohimè, v’oscura?», canta Orfeo quando si volta a vedere la sua Euridice dopo averla tratta dall’Ade. L’idealizzata squisita eleganza dell’allestimento, i colori magici, i costumi, le luci, si accompagnano alla direzione rigorosa e lucida di Jacobs alla guida del complesso barocco Concerto Vocale. Le nitide sonorità degli strumenti originali si accompagnano a meraviglia con la gestualità e i movimenti coreografici della Brown.
Assieme al prodigioso Keenlyside, di cui si apprezza anche la splendida articolazione della lingua italiana, c’è un cast, seppure non stellare, di grande livello che tra i pastori può contare anche su un giovane Yann Beuron non ancora arruolato negli esilaranti spettacoli di Laurent Pelly.
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3. Il tedioso Orfeo della famiglia Savall
Dal fondo della platea avanza, inquadrato da dietro nella regia video di Brian Large, Jordi Savall in un lungo costume nero svolazzante dal candido colletto, così come è ritratto il compositore Monteverdi nel dipinto dello Strozzi. Savall si sistema alla testa del Concert des Nations, anche loro tutti abbigliati “all’antica”, e riprende la toccata intonata da un palco. In scena quinte dipinte incorniciano un grande specchio che riflette le luci della sala del Gran Teatre del Liceu di Barcellona. Siamo nel gennaio 2002.
Poi le luci si smorzano e arriva la Musica, abito dorato con drappeggi e lira di legno appoggiata sul fianco. Fin dalle prime note si capisce («io la mussíca son […] su cettera d’or») che la dizione non sarà il forte dei cantanti, a parte ovviamente quelli italiani. I pastori sembrano usciti da un quadro di Poussin o da un presepe napoletano. Gli sfondi dipinti con immagini di templi completano la ricostruzione “filologica” e museale di questo allestimento dovuto a Gilberto Deflo: le luci sono calde come quelle della candele, le tinte sono tutte pastello, le fiamme delle torce sono di carta mossa da un ventilatore e Apollo apparirà e salirà in cielo su un carro di cartapesta uscito da un affresco del Tiepolo. Azioni coreografiche stucchevoli o ironiche, non si capisce, ma certo è il velo di noia che si stende su un allestimento che fa della mera decorazione la sua chiave di lettura.
Musicalmente le cose vanno diversamente sotto la direzione sapiente di Savall in cui rigore filologico, passione e gusto del colore strumentale si intrecciano indissolubilmente. Nella compagnia di canto non entusiasmano la moglie Montserrat Figueras, una Musica manierata, e la figlia Arianna Savall, una vocalmente esile Euridice. Non deludono invece la Messaggera della Mingardo e l’eccellente Orfeo di Furio Zanasi.
Immagine in 16:9 e ricchi extra sul disco.
⸫
- L’Orfeo, Jacobs/Ronconi, Firenze, 10 marzo 1998
- L’Orfeo, Christie/Pizzi, Madrid, 19 maggio 2009
- L’Orfeo, Alessandrini/Wilson, Milano, 19 settembre 2009
- L’Orfeo, Bolton/Bösch, Monaco, 27 luglio 2014
- Orpheus, De Ridder/Kosky, Berlino, 1 gennaio 2016
- L’Orfeo, Dantone/Carsen, Lausanne, 2 ottobre 2016
- L’Orfeo, Florio/Pizzech, Torino, 13 marzo 2018
- L’Orfeo, Manzo/Valentino, Alessandria, 15 giugno 2022
- L’Orfeo, Heras-Casado/Morris, Vienna, 18 giugno 2022
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