Falstaff

  1. Giulini/Eyre 1982
  2. Mazzola/Wernicke 2001

615rpGmqbdL._SL1024_.jpg

★★★★☆

1. Il magico tocco di Carlo Maria Giulini

Con Falstaff si concludeva lo straordinario sodalizio, sia umano sia artistico, tra Arrigo Boito e Giuseppe Verdi, il quale si sarebbe spento nel 1901 a otto anni dalla presentazione della sua ultima opera.

Figura di spicco della Scapigliatura milanese, Boito aveva rimaneggiato il testo del Simon Boccanegra e fornito il libretto di Otello. Autore di libretti per altri compositori (tra cui l’Amleto di Faccio o La Gioconda di Ponchielli) e per sé stesso (Mefistofele, Nerone), Boito aveva ricavato il testo del Falstaff principalmente da The Merry Wives of Windsor, ma anche da King Henry the Fourth, First Part, nel quale appare per la prima volta la figura del dissoluto cavaliere.

Seconda commedia comica di Verdi, dopo il giovanile Un giorno di Regno, Falstaff stupì enormemente il pubblico convenuto il 9 febbraio 1893 alla Scala, che però tributò un trionfo all’anziano maestro il quale, assolto il proprio compito quale musicista dell’identità nazionale nel romanticismo risorgimentalista, guardava ora con occhio moderno al modello settecentesco dello scherzo quale propulsore delle trame umane, quello del Così fan tutte o de Le nozze di Figaro.

Atto primo. All’osteria “La giarrettiera” Falstaff è intento a preparare due lettere d’amore. Sopraggiunge Cajus che accusa i servi dell’attempato John (Bardolfo e Pistola) di averlo derubato dopo averlo fatto ubriacare. Falstaff non replica perché troppo preso dal suo compito: sedurre, con due missive assolutamente identiche, due ricche comari di Windsor: Alice Ford e Meg Page. Ordina a Bardolfo e Pistola di recapitarle, ma i due si rifiutano perché ritengono disonorevole il compito. 
Falstaff ha un concetto diverso dell’onore e risponde ai suoi servi a colpi di scopa; invierà un paggio a recapitare le lettere di seduzione.
Alice, Meg e Quickly si incontrano nel giardino di Ford e, risentite, confrontano le due lettere ricevute. Tra risate e arrabbiature le donne passano alle contromisure: Falstaff va punito. Entrano il dottor Cajus, pretendente di Nannetta, e Fenton, amante segreto di questa; li seguono Bardolfo e Pistola, arrabbiati con Falstaff per il licenziamento e con propositi di vendetta. Falstaff merita di essere sbugiardato rivelando a Ford il piano di seduzione. Le donne hanno approntato il loro piano: Quickly si recherà da Falstaff per fissargli un appuntamento con Alice e Meg.
Atto secondo. Bardolfo e Pistola sono di nuovo all’ Osteria della Giarrettiera e si fingono pentiti con Falstaff per riuscire a farlo imbattere con Ford. Sopraggiunge Mrs. Quickly recante un messaggio per Sir John: Alice è disposta a riceverlo «dalle due alle tre», sfruttando l’assenza del marito. Falstaff si vanta delle sue grandi qualità di seduttore. Uscita Quickly, si fa annunciare un certo signor Fontana, gentiluomo distinto e facoltoso. Si tratta in realtà di Ford che, allo scopo di accertarsi della fedeltà della consorte, rivela a Falstaff di essere innamorato di una bella dama di nome Alice, ma è disperato perché ella è fedele al marito. Fontana chiede aiuto a Sir John: se quest’ultimo, gran seduttore, riuscirà a vincere le virtù della dama, allora ci sarà speranza anche per lui. Naturalmente Falstaff abbocca e rivela, pavoneggiandosi, di avere un appuntamento con la signora. Ford, s’infiamma di gelosia e si pone alle calcagna del cavaliere.
Le allegre comari, intanto, preparano accuratamente la burla a casa di Ford. Falstaff si reca da Alice e dà fondo alle sue doti di corteggiatore. Dopo un po’ giunge Ford e comincia a perquisire la casa.
 Sir John si nasconde dietro un paravento e poi, forzando la sua pingue mole, si infila in una cesta del bucato. Frattanto Nannetta e Fenton raggiungono il paravento e, non visti, cominciano ad amoreggiare; ne risultano udibili i sospiri che Ford crede siano della moglie e di Falstaff, i due ragazzi vengono così scoperti. Le comari, ridendo soddisfatte rovesciano la cesta fuori della finestra nelle fredde acque del Tamigi.
Atto terzo. Quickly, la mattina seguente, si reca all’osteria dove Falstaff sta affogando nel vino i propri dolori e gli consegna un secondo invito di Alice, stavolta sotto la quercia di Herne travestito da cacciatore nero. In quel luogo si narra si incontrino spiriti e fate. Falstaff abbocca di nuovo e alla burla assisteranno tutti gli abitanti di Windsor. Nannetta si recherà sul luogo dell’incontro mascherata da Regina delle fate. Allo scoccare della mezzanotte, Falstaff giunge all’appuntamento e trova Alice ad aspettarlo, ma i sussulti amorosi vengono bruscamente interrotti dal sopraggiungere delle fate. Tutti iniziano a prendersi gioco di Falstaff che riconosce il suo servo Bardolfo, mascherato. La scena evolve in una grande risata, nel mentre Alice presenta alla compagnia festante due coppie di sposi che Ford benedice. Tolte le maschere si trovano uniti in matrimonio il dottor Cajus con Bardolfo e, felici, Fenton con Nannetta. Il coro a canone intona: «Tutto nel mondo è burla».

La produzione di Ronald Eyre aveva inaugurato l’Opera di Los Angeles dove venne registrata in audio e poi era passata nel 1982 a Londra, da cui proviene il video. Quello stesso anno esce la registrazione del Falstaff di Karajan mentre tre anni prima c’era stata quella diretta da Solti, entrambe di livello inferiore rispetto a questa che vede sul podio un Carlo Maria Giulini in stato di grazia e un cast eccezionale, non a caso in gran parte italiano.

Ecco quanto scrive il Giudici che mette a confronto la lettura di Giulini con quella di Toscanini: «L’attenzione viene spostata dall’agogica al gioco dei colori, che difatti ha la ricchezza e la complessità di un quadro impressionista. […] L’intera esecuzione [tende], più che a narrare, a fare amare e comprendere un’umanità nella quale finiamo per identificarci. Se insomma Toscanini fa pensare a Feydeau, è a Goldoni che Giulini apparenta l’ultimo sorridente ma non ridanciano messaggio di Verdi».

E ancora: «Se la straordinaria interpretazione trova un punto d’appoggio determinante nella bellezza orchestrale, non minore caratterizzazione riceve da una compagnia di canto che soprattutto nella videoregistrazione rende riconoscibile il senso interpretativo globale. Sono sempre tutti d’accordo nel definire Falstaff un nobile squattrinato: quel che però vediamo il più delle volte è un vecchiaccio volgare fatto della stessa pasta di Bardolfo e di Pistola. Sentire Bruson – o, meglio ancora, vederlo e sentirlo insieme –  equivale ad avere davanti un gentiluomo rimasto quasi all’asciutto, certo, e che invece di paggi e valletti ha al proprio servizio solo due poveracci, ma che nemmeno per un minuto riterrà suoi pari: la radice inequivocabilmente aristocratica emerge con naturalezza dal gesto misuratissimo, appena accennato ma sicuro di sé, e da un’espressività che sempre e comunque viene solo dal canto. Niente versacci, niente cachinni, niente ingrossamenti beceri della voce […] fusione perfetta tra gesto e linea di canto che, pur nella complessità delle sfumature, non rinuncia mai a un’emissione piena e omogenea».

L’aristocratico Renato Bruson domina un cast allora stellare formato da Katia Ricciarelli, Barbara Hendricks, Lucia Valentini-Terrani, Leo Nucci, Dalmacio González.

Un capolavoro ben servito dalla regia video di Brian Large.

★★★★☆

2) L’aristocratico cavaliere (nero) di Aix-en-Provence

Chi l’avrebbe mai detto che sarebbe stato un regista tedesco a realizzare una delle migliori messe in scena dell’ultima opera di Verdi? Soprattutto in area germanica, commedia e farsa vengono spesso confuse: «ampio è il fossato che separa i Vanzina da Billy Wilder, proprio la sublime verità al vetriolo di quest’ultimo sembra generalmente rivivere nella regia di Herbert Wernicke, che anche per questo (proprio per questo, anzi) si fonde alla perfezione con la struttura tutta piccoli gesti melodici, sollevar di ciglia armonico, ammicco timbrico, scoppiettar di ritmi, della musica verdiana» scrive Elvio Giudici che a questa produzione ha dedicato una lunga e approfondita analisi nel suo poderoso volume secondo de L’Ottocento.

Il Falstaff del luglio 2001 al Théâtre de l’Archevêché è l’omaggio al centenario dalla morte del compositore italiano da parte del Festival d’art lyrique di Aix-en-Provence e si avvale della precisa concertazione di Enrique Mazzola che fa miracoli alla testa di una compagine non delle più blasonate, l’Orchestre de Paris. Il cast non è indenne da alcune pecche, ma realizza una commedia perfettamente congegnata e magistralmente recitata.

Lo spettacolo è ambientato in un bellissimo parallelepipedo di legno nelle cui lisce pareti si aprono porte, finestre, armadi, cassetti e nel pavimento varie botole. Inizialmente è del tutto vuoto, ma presto dei figuranti portano un letto, un tavolo, una poltrona, un grande specchio che viene appoggiato alla parete: ecco la camera di Falstaff. Due fili su cui stendere la biancheria – compresa una tovaglia di pizzo con cervi, ovviamente – lo trasformano in un cortile per i pettegolezzi delle comari; un cesto e un paravento serviranno per la scena degli imbrogli mentre un enorme paio di corna d’alce scenderanno dall’alto per il finale. Costumi e gesti suggeriscono una Inghilterra primo Novecento.

Questa di Wernicke è una delle sue ultime produzioni – il regista morirà nove mesi dopo a soli cinquantasei anni – e qui lascia il suo marchio quale superlativo regista di attori. Tutta la recita è ricca di momenti illuminanti e arguti affidati a interpreti che stanno al gioco voluto dal regista. Falstaff qui è un elegante nobile signore appena appena in carne, un maschio appetibile, non uno sformato crapulone, un dandy maturo e un po’ cinico che ha un debole per le donne. La figura di Willard White si presta perfettamente: un «Sean Connery nero» lo definisce Giudici e come tale nella scena iniziale dell’atto terzo col suo monologo sfodera la sua abilità attoriale – a Stratford-upon-Avon nell’89 è stato un grande Otello con la regia di Trevor Nunn a fianco dello Iago di Ian McKellen. «Non di risatacce vive quest’opera in questa interpretazione, difatti: bensì del sorriso di incerto confine con la melanconia. “Io sono ancora una piacente estate di San Martino” esclama Falstaff, guardandosi compiaciuto allo specchio: e per una volta questo è assolutamente vero, salvo che l’estate di San Martino ha durata effimera e non passerà molto che in quello stesso specchio contemplerà la stessa immagine vedendola però quale uomo ahimè non più giovane, destinato a un rifiuto femminile che forse è il primo, ma purtroppo non sarà l’ultimo», ancora le parole del Giudici. La presenza scenica compensa le pecche vocali: un timbro un po’ troppo scuro e una dizione non cristallina che non permette di apprezzare le preziosità del libretto di Boito.

Alice e Meg sono due ricche borghesi ed è questo che verosimilmente affascina lo spiantato cavaliere. Geraldine McGreevy e Charlotte Hellekant, rispettivamente, hanno qualche fissità, la prima, e un eccesso di vibrato la seconda, ma il loro canto di conversazione è impagabile. Mrs Quickly soffre di invidia se non gelosia quando vede Meg e Alice oggetto delle missive del cavaliere e finge un’acidità che non prova. Probabilmente è innamorata di Falstaff e appena ci sarà l’occasione gli si concederà, con soddisfazione, sembra, reciproca. Nora Gubisch non ha le note basse giuste, ma per il resto è pienamente nel personaggio e sprizza ironia e felicità scenica.

Giustamente tronfio il Ford di Marcus Jupither, di bel timbro ma dizione ancora peggiore della media. Wolfgang Ablinger-Sperrhacke delinea un Dottor Cajus di stizzita comicità mentre la coppia Fenton-Nannetta trova in Yann Beuron e Miah Persson gli interpreti ideali per sensualità e bellezza di suono. Nei personaggi di Pistola e Bardolfo (una sorta di Stanlio e Ollio) divertono Paolo Battaglia (l’unico italiano in scena!) e Santiago Sánchez Jericó.

  • Falstaff, Battistoni/Medcalf, Parma, 10 ottobre 2011
  • Falstaff, Levine/Carsen, New York, 14 dicembre 2013
  • Falstaff, Mehta/Michieletto, Milano, 2 febbraio 2017
  • Falstaff, Frizza/Spirei, Parma, 1 ottobre 2017
  • Falstaff, Renzetti/Abbado, Torino, 15 novembre 2017
  • Falstaff, Conlon/McVicar, Vienna, 30 giugno 2018
  • Falstaff, Kober/Bieito, Amburgo, 19 gennaio 2020
  • Falstaff, Mariotti/Koležnick, Monaco, 2 dicembre 2020
  • Falstaff, Rustioni/Kosky, Lione, 21 ottobre 2021

Pubblicità