foto © Monika Rittershaus
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da Antonio Vivaldi, Hotel Metamorphosis
Salisburgo, Haus für Mozart, 10 agosto 2025
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Geniale pasticcio vivaldiano
Al Festival di Salisburgo 2025 trionfa Hotel Metamorphosis, pasticcio vivaldiano ideato da Gianluca Capuano e Barrie Kosky. In un’unica stanza d’albergo si intrecciano cinque miti ovidiani tra ironia e pathos. Cecilia Bartoli, Philippe Jaroussky e Lea Desandre guidano un cast d’eccellenza. Splendidi Les Musiciens du Prince, scenografia suggestiva, regia inventiva: uno spettacolo visivamente e musicalmente folgorante.
Il pasticcio fu una forma musicale molto popolare nel XVIII: una raccolta di brani musicali tratti da varie opere, talvolta di più compositori, adattati per creare una nuova trama. Abbracciando il vero spirito barocco, Gianluca Capuano (direttore) e Barrie Kosky (regista) allestiscono un pasticcio con musiche di Antonio Vivaldi che si è rivelato lo spettacolo di punta del Festival di Pentecoste di Salisburgo 2025 e che viene ripreso ora nella sessione estiva. Alla base dell’operazione c’è Cecilia Bartoli il cui “Vivaldi-Album” del 1999 fu determinante nella spinta verso la Vivaldi-Renaissance. Ora altri cantanti affrontano i pezzi che lei aveva scovato e salvato dall’oblio.
Semplice ma geniale la ricetta di Hotel Metamorphosis: prendi trenta delle più belle arie scritte dal Prete Rosse, collegale con altri suoi brani strumentali (1) e, invece dei recitativi tradizionali, unisci i numeri musicali con letture tratte dalle Metamorfosi di Ovidio o da Rainer Maria Rilke così da creare una vicenda in cui rivivono personaggi della mitologia. Prendi poi un dramaturg, qui Olaf A. Schmitt, che sceglie il personaggio di Orfeo come narratore, l’attrice Angela Winkler, ed ecco che si ricrea quella tensione drammaturgica che è spesso latitante nelle opere di Vivaldi. Un’operazione, come sottolinea Capuano nel programma, che mira anche a rendere più accessibili al pubblico moderno le opere vocali di Vivaldi, che non rientrano nel repertorio operistico standard, in modo da ottenere un’avvincente introduzione all’arte del compositore veneziano.
Hotel Metamorphosis è basato su cinque storie e un Prologo dove Cecilia Bartoli in veste di Euridice scompare letteralmente dagli occhi del suo Orfeo sprofondando tra le lenzuola del letto (il trucco utilizzato da Dimitris Papaioannou nel suo Inside) dopo aver cantato “Sol da te, mio dolce amore” dall’Orlando furioso con pianissimi evanescenti accompagnati dall’ammaliante flauto traverso obbligato di Jean-Marc Goujon.
La prima storia è quella dello scultore Pigmalione che è riuscito a scolpire una figura femminile così perfetta da considerarla umana e si innamora della sua stessa creazione. La figura si trasforma in un essere in carne e ossa e ricambia l’amore del suo creatore. Il Pigmalione di Philippe Jaroussky è immaginato da Barrie Kosky come un anziano occhialuto che vive con una bambola sintetica che tratta come moglie. Qui ascoltiamo il controtenore in due arie dove si ammira lo stile dell’interprete il cui mezzo vocale denuncia qualche debolezza nell’acuto compensata però da dolcezza di emissione e legati ineffabili.
La seconda è quella di Aracne, famosa per la sua abilità nella tessitura, che attira molti ammiratori ma è indignata per essere stata scambiata per un’allieva di Minerva, dea della saggezza e delle arti. Minerva visita Aracne sotto le spoglie di una vecchia che la ammonisce di non competere con la dea, ma Aracne la sfida in una gara di abilità artistica. Minerva crea un’opera d’arte che raffigura la natura unica del mondo degli dèi, mentre Aracne mostra come gli dèi, sotto varie forme, ingannino l’umanità. Umiliata da Minerva, Aracne tenta di togliersi la vita. Ma la dea la trasforma in un ragno affinché possa continuare a tessere. Per Kosky Aracne diventa una diva dei giorni nostri, esattamente come la Bartoli che sta al gioco con autoironia tra fans adoranti, fotografi e giornalisti. Uno dei quali la intervista sulle note di “Quell’augellin che canta“ da La Silvia, opera di Vivaldi del 1721, dove la cantante dispiega aeree agilità. La sfida con Minerva è quella di due visual artist che utilizzano l’intelligenza artificiale per spettacolari trasformazioni visive duettando sulle note di “In braccio de’ contenti” da La gloria di Imeneo, per poi portare la sfida sul piano vocale con le due formidabili arie di furore “Armate face et anguibus” dalla Juditha triumphans per Aracne e “Se lento ancora il fulmine” dall’Argippo per Minerva interpretata da Nadežda Karyazina, cantante di grande presenza scenica ed eccellente tecnica seppure con un vibrato eccessivo nella voce.
Nella terza storia facciamo la conoscenza di Mirra, attratta fatalmente da suo padre, che rifiuta tutti i pretendenti che lui le presenta. Confidatasi con la sua amica più cara, una notte, mentre la madre di Mirra è assente, l’amica riesce a introdurre Mirra nel letto del padre e al buio lui non riconosce la sua giovane amante. Lei condivide il letto del padre per diverse notti, fino a che lui decide di volerla vedere e riconosce la figlia che in preda ai rimorsi fugge, incinta del padre. Nella sua disperata situazione Mirra implora gli dèi che la trasformano in un albero. Qui è Lea Desandre a riprendere due cavalli di battaglia della Bartoli: “Agitata da due venti” dalla La Griselda e “Anderò, volerò, griderò” dall’Ercole sul Termodonte. Colorature e passaggi virtuosistici sono affrontati e risolti senza far troppo rimpiangere il modello maggiore.
La quarta storia è quella del giovane Narciso, circondato da uomini e donne che lo adorano, ma li respinge tutti. La dea della vendetta esaudisce la richiesta di uno degli uomini che egli ha respinto affinché anche Narciso non possa mai avere la persona che ama. In riva a uno stagno, Narciso vede il proprio riflesso nell’acqua, senza riconoscerlo come tale, e si innamora della sua immagine riflessa. La ninfa Eco è affascinata da lui, ma lui ha occhi solo per il proprio riflesso. Una punizione inflitta dalla dea Giunone fa sì che Eco possa rispondere solo con le ultime parole che ha sentito. Angosciata dal suo amore non corrisposto per Narciso, il suo corpo scompare gradualmente ed Eco continua a vivere come suono. Rendendosi conto di amare solo il proprio riflesso, Narciso è consumato dal desiderio e si trasforma in un fiore. Confrontandosi con le due figure di Narciso e del suo riflesso, Jaroussky rende con grande intensità “Gemo in un punto e fremo” da L’Olimpiade e “Sento in seno ch’in pioggia di lacrime” da Tieteberga.
Nella storia finale Orfeo non riesce a riportare in vita la sua amata Euridice e viene brutalmente assassinato dalle menadi. Euridice rabbrividisce di orrore alla sua morte e i loro corpi trasformati svaniscono nell’oscurità. La Bartoli ritorna come Euridice intonando “Sposa son disprezzata” (Bajazet) e “Gelido in ogni vena” (Farnace), un culmine di forza drammatica ottenuto con filati spettrali e forti scoppi improvvisi.
Diretti da Gianluca Capuano con stile e senso musicale, Les Musiciens du Prince dispiegano una variegata tavolozza di colori e di dinamiche che rendono al meglio le pagine vivaldiane, sia nelle arie sia negli interludi strumentali costituiti da concerti con strumenti solistici. Di Capuano sono anche le inedite modulazioni che legano fra di loro con efficacia teatrale i vari pezzi. L’ensemble corale de Il Canto di Orfeo con la sua presenza completa la parte musicale d’eccezione di questo spettacolo indimenticabile.
Con la scenografia di Michael Levine, Kosky ambienta le vicende nella stessa asettica stanza d’albergo occupata successivamente dai vari personaggi: sul fondo è la porta da cui entrano i camerieri che ogni volta rimettono in ordine la stanza, al centro un letto e una grande finestra a destra. Dietro il letto un quadro che rappresenta ogni volta una nuova scena mitologica. Klaus Bruns disegna gli abiti contemporanei e Franck Evin si occupa del raffinato gioco luci. Preponderante nell’episodio di Aracne è la video grafica della rocafilm. Il risultato è uno spettacolo visualmente stupefacente pieno di trovate e movimentato dalle vivacissime coreografie di Otto Pichler realizzate da un folto numero di eccezionali ballerini. Entusiasmo del pubblico alle stelle e infinite chiamate per tutti.
(1) Struttura dell’opera:
Prologo
Concerto madrigalesco RV 129: I. Adagio, Il. Allegro
“Sol da te, mio dolce amore” (Euridice), aria da Orlando furioso RV 728
Concerto madrigalesco RV 129: III. Adagio, IV. Allegro
Atto primo
Scena 1: Pigmalione
“Se in ogni guardo” (Pygmalion), aria da Orlando finto pazzo RV 727
“Sovente il sole” (Pygmalion), aria da Andromeda liberata ANH 117
Concerto RV 159: Il. Adagio
“Gemiti e lagrime” (Coro), da Dorilla in Tempe RV 709
Concerto RV 159: Il. Adagio
“Dimmi, pastore” (Pigmalione, Statua), duetto da La fida ninfa RV 714
Sinfonia da La verità in cimento RV 739
Scena 2: Aracne
“Lodate il gaudio” (Coro) da Laudate Dominum RV 606 (Vivaldi, Michel Corrette)
“Quell’augellin che canta” (Aracne), aria da La Silvia RV 734 con introduzione “Veni, veni me sequere fide” da Juditha triumphans RV 644
“Transit aetas” (Minerva), aria da Juditha triumphans RV 644
“In braccio de’ contenti” (Aracne, Minerva), duetto da La Gloria e lmeneo RV 687
Concerto RV 128: III. Allegro
“Armatae face et anguibus” (Aracne), aria da Juditha triumphans RV 644
”Se lento ancora il fulmine” (Minerva), aria da Argippo RV 697
“Dite, oimè” (Aracne), aria da La fida ninfa RV 714
Concerto con fagotto solo RV 499: I. Allegro
Scena 3: Mirra
“Agitata da due venti” (Mirra), ariea da La Griselda RV 718
Concerto RV 118: III. Allegro
“Non ti lusinghi la crudeltade” (Mirra), aria da Tito Manlio RV 738
“Nel profondo cieco mondo” (Nutrice), aria da Orlando furioso RV 728
Sinfonia al Santo Sepolcro RV 169: I. Adagio molto
“Scenderò, volerò, griderò” (Mirra), aria da Ercole sul Termodonte RV 710
Concerto RV 155: Il. Allegro
“Sonno, se pur sei sonno” (Mirra), aria da Tito Manlio RV 738
Atto secondo
Scena 1: Eco e Narciso
Sinfonia da Dorilla in Tempe RV 709 [Allegro]
“Dell’aura al sussurrar”, coro da Dorilla in Tempe RV 709
“S’egli è ver che la sua rota” (Eco, Narciso, Tenore), terzetto da La fida ninfa RV 714
“Alla caccia ognuno presti”, coro da Dorilla in Tempe RV 709
“Tu dormi in tante pene” (Narciso), aria da Tito Manlio RV 738
“Zeffiretti che sussurrate” (Eco), aria da e Ercole sul Terdomonte RV 710
“Ho nel petto un cor sì forte” (Giunone), aria da Il Giustino RV 717
“Aure placide e serene” (Eco, Giunone, Narciso), terzetto da La verità in cimento RV 739
“Gemo in un punto e fremo” (Narciso), aria da L’Olimpiade RV 725
Concerto RV 370: II. Grave
“Sento in seno ch’in pioggia di lagrime” (Narciso), aria da Tieteberga RV 737
Scena 2: Euridice agl’Inferi
Concerto RV 578: I. Adagio e spiccato
La Follia – Concerto grosso H 143 di Francesco Geminiani dalla Sonata per violino op. 5 n° 12 di Arcangelo Corelli: variazioni 1-8
“Sposa… son disprezzata” (Euridice), aria da Bajazet (Tamerlano) RV 707, musica di Geminiano Giacomelli
“Arma, caedes, vindictae”, coro da Juditha triumphans RV 644
La Follia – Concerto grosso H 143 di Francesco Geminiani dalla Sonata per violino op. 5 n° 12 di Arcangelo Corelli: variazioni 20, 21, 17-19, 23, 24
“Gelido in ogni vena” (Euridice), aria da Il Farnace RV 711
“Sileant zephyri” (Coro), musica di Antonio Vivaldi, testo tratto da le lamentazioni di Geremia
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